23. Realtà e finzione (Elena)

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Sia questo infelice momento simile a quel mare che divide le sponde ove due giovani promessi si recano ogni giorno, così, quando scorgerai ritornar l'amore, più felice sarà il ritorno. 

(William Shakespeare, Sonetto 56)

Quali erano stati i suoi pensieri quando era tornata a casa quel pomeriggio di quindici giorni prima?

Mi farò coraggio e le parlerò?
Risolverò la situazione il prima possibile?
Farò tornare la mia famiglia felice come un tempo?

In quel momento Elena non riusciva nemmeno a ricordare cosa avesse pensato di preciso prima di mettere piede in casa. Ricordava solo di aver trovato sua madre seduta a un tavolo che rideva guardando delle foto di quando era giovane. E, di fronte a lei, c'era il suo compagno di vita che la guardava con occhi ridenti. E ricordava di non essersela sentita di rovinare quel momento così bello ad occhi estranei, ma così tragico ai suoi.
Quella scena era la rappresentazione del "velo" che separava la finzione dalla realtà. Del sipario che divideva la verità dalla menzogna. E, in quel momento, Elena non sapeva in quale delle due credere.
In cosa doveva credere? Nella famiglia felice e spensierata che vedevano gli altri? O in quelle che vedeva lei tutti i giorni, ogni volta che metteva piede in quella casa?
Ricordava di aver detto "ciao", di aver sorriso ai suoi genitori e di essersi chiusa in bagno senza dire nulla.
Ricordava il tremore delle sue mani, il suono dello scrosciare dell'acqua nel lavabo e il freddo che le aveva provocato dopo essersela gettata sul volto.
Ricordava i nervi a fior di pelle, il battito del cuore accelerato, il rossore sulle guance, gli occhi arrossati e le gocce d'acqua ghiacciata che le scendevano sul volto.
Ricordava a malapena di essersi tolta gli occhiali e di averli poggiati sul ripiano vicino allo specchio.
Ricordava di essere uscita dal bagno come in trance e di essersi nascosta sotto le coperte senza nemmeno cambiarsi.
Ricordava il buio, il silenzio, il caldo soffocante del piumone e il sangue pulsante alla testa.
Ricordava la confusione, le lacrime calde che le rigavano il volto e bagnavano le coperte, il respiro corto e accelerato, l'insopportabile rumore del silenzio.
Poi nient'altro.

I giorni si erano susseguiti senza che lei se ne rendesse conto. La notte durava come uno schiocco delle dita, il giorno qualche secondo in più.
Aveva smesso di scrivere ad Angelica, aveva smesso di parlare con Andrea e si era chiusa in se stessa.
Aveva iniziato a prendere appunti, a osservare ogni comportamento dei suoi familiari, a spiare ogni cosa come se si trovasse in un posto a lei sconosciuto.
Come se non avesse mai conosciuto le persone con cui aveva trascorso tutti gli anni della sua vita.
E non era stata in grado di concludere nulla.
Non era riuscita a portare a termine ciò che desiderava fare più di ogni altra cosa.
Così erano passati quei quindici giorni.
Senza un nulla di fatto.
Ma quel giorno Elena avrebbe cambiato le cose. O, perlomeno, avrebbe provato a riprendere in mano la sua vita.

Su questo rifletteva mentre, seduta a un tavolino di un bar, osservava la madre camminare per i marciapiedi.
Era uscita poco prima di lei e, dopo aver ordinato un caffè, era rimasta ad aspettare che la madre passasse lì davanti per giungere nel ristorante dove avrebbe dovuto incontrarsi con la donna misteriosa.

Elena sospirò, frustrata. Quindici giorni. Quindici giorni solo per studiare le abitudini della madre.

Tutto quel tempo passato a studiarla come se fosse un'estranea l'aveva portata in quel bar, ad aspettare il suo passaggio.

Quando finalmente la vide comparire, si alzò dal tavolino e andò a pagare il caffè.
Aveva tutta la serata libera, perciò avrebbe potuto seguirla senza temere di far preoccupare il fratello o il padre.
Per poter uscire, infatti, aveva detto al padre di essere stata invitata a una festa.
E, nonostante il suo stupore (perfettamente comprensibile, dato che Elena era uscita sì o no tre volte in tutta la sua vita), il padre le aveva permesso di uscire a patto che tornasse prima di mezzanotte.

Forse Cupido ha perso la bussolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora