5. Incubi e ricordi (Angelica)

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Finché possiamo dire: "quest'è il peggio", vuol dir che il peggio ancora può venire.

(William Shakespeare, Re Lear)

Una coltre di fumo si sollevò improvvisamente, riempiendo l'abitacolo dell'auto. Dal cofano usciva del fumo grigio, che entrava nella macchina dalle bocchette di areazione. La macchina procedeva svelta, mentre in sottofondo si sentivano dei pianti e delle parole di consolazione. Angelica vedeva gli alberi fuori dal finestrino, la strada piena di macchine, il fumo grigio che rendeva l'aria irrespirabile.
Sentiva un pianto, come quello di un bambino. Era lei a piangere? O forse qualcun altro nella macchina? Non riusciva a capirlo.

«Shh, Amore. Stai tranquilla» la voce apparentemente calma di una donna cercò di far smettere quel pianto, ma con scarsi risultati.

«Mamma! Facciamo qualcosa! C'è fumo!»

Era la voce rotta dal pianto di una ragazzina. Quella che Angelica supponeva fosse la madre, smise di sussurrare parole calme e scoppiò a piangere.

«Tranquilla, tesoro. Adesso ci fermiamo in una piazzola di sosta. Vedrai che andrà tutto bene» sussurrò la madre tra un singhiozzo e l'altro, mentre cullava leggermente il seggiolino.

Quelle parole, però, furono interrotte da un pianto sempre più forte. La bambina aveva ricominciato ad urlare.
Questa volta, però, si sentì la voce di un ragazzo.
Aveva i capelli biondi con un ciuffo che gli ricadeva sulla fronte, gli occhi scuri, le labbra carnose e un naso piccolo e a punta.
Aveva il viso piccolo e sottile, le braccia lunghe e le mani delicate quasi come quelle di una ragazza.
Provò a rassicurare la ragazza per farla smettere di piangere.

«Ho paura, Gabbiele. Ho paura»

Sussurrò ella attaccandosi al braccio del ragazzo e afferrando la maglia con le piccole mani.

«Tranquilla, Angelica. Andrà tutto bene. Vedrai che andrà tutto bene. Papà sistemerà tutto, okay? C'è Gabriele qui con te. Shh.»

Ma il pianto non cessò.
Il fumo aumentava sempre di più, riempiendo i polmoni di tutti quelli presenti nell'auto e facendoli tossire.
L'aria era diventata satura di fumo, non si poteva più respirare. Il ragazzo si portò un braccio alla bocca, poi cercò di proteggere anche la bambina.
Quando finalmente la macchina si fermò, tutti spalancarono gli sportelli e uscirono dall'auto.
Il ragazzo slacciò la cintura della bambina, ma la sua rimase bloccata.
Restò qualche secondo a trafficare con la cinghia cercando di passare sotto di essa senza dover premere il pulsante di sganciamento che era rimasto bloccato, ma non ci riuscì.

Nel frattempo, la sorella lo guardava con gli occhi spalancati colmi di lacrime. Era paralizzata, così terrorizzata da non riuscire nemmeno ad urlare.
Non capiva cosa stesse succedendo, ma quella situazione non le piaceva.
Non le piaceva il volto allarmato del fratello, le urla incessanti dei genitori e della sorella, il fumo nella macchina che la faceva soffocare.

«Tranquilla, ce la faremo!» disse il ragazzo tra un colpo di tosse e l'altro.

Si sentirono delle urla femminili provenire dall'esterno, poi di nuovo il pianto della bambina. Il ragazzino, sempre più preso dal panico, rinunciò a slacciare la sua cintura e prese il seggiolino della sorella.
Non sarebbe sopravvissuto, quello era certo. Ma almeno avrebbe potuto salvare lei.

«Non aver paura. Andrà tutto bene»

No. Non sarebbe andato tutto bene. Lui sarebbe morto, la famiglia avrebbe sofferto, la sorella probabilmente non si sarebbe ricordata di lui. Ma sarebbe stata salva. Sarebbe andata avanti, avrebbe vissuto la sua vita. E sarebbe stato meglio se non si fosse mai ricordata di lui e della sua morte.

Forse Cupido ha perso la bussolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora