13. Le persone giuste (Elena)

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Quegli amici che hai e la cui amicizia hai messo alla prova, aggrappali alla tua anima con uncini d'acciaio.

(William Shakespeare, Amleto)

Quando Elena, la mattina successiva, finì di leggere la mail di Angelica, non riuscì a trattenere un'esclamazione di sincero stupore.
No, non poteva essere.
All'improvviso si dimenticò di tutto quello che era accaduto il giorno prima ed iniziò a girare per la stanza con un sorriso a trentadue denti.
E a chi interessava di quello che sarebbe successo a scuola?
C'era Angelica, che teneva a lei e non l'avrebbe mai abbandonata.
C'era la madre, che sicuramente avrebbe capito la sua situazione.
E poi c'era Andrea.

A quel punto, il sorriso le scomparve dal volto.

Elena non riusciva a togliersi dalla testa l'idea che Andrea non volesse più aver a che fare con lei.
Non le interessava minimamente il pensiero di cosa potessero dire gli altri compagni di classe, ma non voleva perdere Andrea.
Voleva che rimanessero amiche, così come lo erano sempre state.
Ma era possibile che chiedesse troppo?

«Elena, hai fatto tardi! Devi andare a scuola!» Il padre la chiamò dalla cucina ed ella scese di corsa.

Mangiò qualche biscotto al volo e, preso lo zaino, uscì di casa e si diresse a passo svelto verso la scuola.
Quando arrivò, con una decina di minuti di ritardo, fuori non era rimasto nessuno.
Attraversò l'atrio, salì due rampe di scale e finalmente si ritrovò davanti alla porta della sua classe. Entrò e vide tutti i suoi compagni chiacchierare e ridere come al solito, mentre Andrea era china sul suo banco.
Quando Elena entrò, tutta la classe rimase in silenzio e Andrea alzò la testa dal banco.

I capelli biondi le incorniciavano il volto chiaro e tondo, i grandi occhi dalle iridi azzurre erano contornati da lunghe ciglia nere e la bocca sottile contratta in un'espressione indecifrabile.

Mentre si dirigeva verso di lei, il cuore le pulsava nelle orecchie senza sosta, facendole venire il mal di testa.
Ti prego, fa che non mi odi.
Ti prego, fa che non mi odi
Ti prego, fa che non mi odi.
Ma, alla fine, chi stava pregando? Il cupido che le aveva fatto sbagliare indirizzo e-mail?
Lo stesso che le aveva fatto conoscere Angelica?

Il cupido a cui dava la colpa di tutti i suoi fallimenti?

Perché sì, Cupido non esisteva né sarebbe mai esistito. C'era soltanto lei. Lei e la sua esistenza piena di guai, tradimenti e problemi di ogni genere.

E probabilmente stava per aggiungersene un altro.

Quando Andrea arrivò a poco più di dieci centimetri di distanza da lei, Elena trattenne il respiro.

La migliore amica, o ex migliore amica, non stava dicendo nulla. La guardava senza far trasparire alcuna emozione. E quella situazione la stava facendo impazzire, perché non aveva idea di cosa Andrea avrebbe fatto.

Quello che avvenne dopo pochi secondi fu doloroso e piacevole allo stesso tempo.
Sentì la guancia sinistra bruciare, poi due braccia che la stringevano rischiando quasi di soffocarla.

«Sei una stronza! Perché non me l'hai mai detto? Sono la tua migliore amica, cazzo! Hai tantissime cose da spiegarmi, lo sai, vero? I ricatti, il "non te lo posso dire". Mi hai fatto stare in pensiero ogni giorno, così tanto che spesso non riuscivo a dormire la notte. Ma lascerò che tu me le dica dopo la scuola, perché non voglio tartassarti adesso.»

Elena, non sapendo cosa dire, ricambiò l'abbraccio. Adesso sì che era la persona più felice dell'intero universo.

Poco le importava dello sguardo silenzioso dei compagni di classe fisso su di lei o delle risatine che si udivano in lontananza.

Forse Cupido ha perso la bussolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora