35. Perdono (Elena)

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Col tempo finiamo con l'odiare ciò che spesso temiamo.

(Shakespeare, Antonio e Cleopatra)

«Adesso, però, voglio che mi parli di Camilla.» il tono di Elena era deciso ed esigente.

Aveva bisogno di conoscere la verità, di sentirla dalla bocca di sua madre. Aveva bisogno di guardarla negli occhi mentre le raccontava tutto quanto.

La madre annuì, comprensiva. Era consapevole che, prima o poi, avrebbe dovuto spiegare tutto alla sua famiglia ed era andata a cercare la figlia proprio con l'intenzione di spiegarle tutto quanto.

«Va bene,» cominciò con voce incerta «ti racconterò tutto quanto.»

Nei suoi occhi c'erano ansia, timore, insicurezza. Sentimenti che Elena riuscì a dissipare con un solo sguardo.

«Io e Camilla ci conosciamo da sempre, da quando andavamo alla scuola primaria. Eravamo sempre state buone amiche, anzi, migliori amiche. Lei era una ragazzina buona e gentile, sempre allegra. Cercava sempre di far integrare tutti quanti e non parlava mai male di nessuno. Io la ammiravo, spesso pensavo addirittura di non essere degna della sua amicizia. Crescemmo insieme, come due sorelle. Con il tempo, però, cominciai a capire che per me lei era diventata più di una sorella. All'inizio non capivo cosa fosse. Poi le mie compagne iniziarono a parlare di ragazzi, delle loro cotte per alcuni nostri compagni. Descrivevano le loro sensazioni. Come il loro cuore battesse all'impazzata nel vederli, come arrossivano nel parlare con loro o come si facessero belle tutte le mattine soltanto per ricevere un complimento dal ragazzo che aveva conquistato il loro cuore. Ma io non avevo mai provato tutte quelle cose per un ragazzo, non mi era mai successo. Loro dicevano che probabilmente non avevo mai trovato quello giusto e io all'inizio ci credetti. In fondo, che cos'altro poteva essere?
Poi, però, finalmente capii.
Io quelle sensazioni le provavo eccome, ma non per un ragazzo.
Le provavo per lei, per quella dolce ragazza che era la mia migliore amica e che, crescendo, diventava sempre più gentile e più bella.
Non sapevo cosa significasse, pensavo che ci fosse qualche legge che impedisse alle persone di innamorarsi di qualcuno del loro stesso sesso.
Invece non c'era nessuna legge o cosa del genere.
Semplicemente, innamorarsi fra donne o fra uomini era proibito.
Se ti innamoravi di qualcuno del tuo stesso sesso, eri praticamente costretto dalla società a nasconderti o a reprimere il tuo amore e sposare qualcuno che non amavi.
Io all'epoca decisi di optare per la prima opzione.
Avrei represso il mio amore per Camilla, ma non avrei mai sposato una persona che non amavo.
Poi, un giorno, proprio mentre credevo di essere riuscita a nascondere i miei sentimenti, Camilla mi baciò e travolse tutti i miei piani.
Capii che i miei sentimenti erano ricambiati e improvvisamente non mi importò più di nulla.
Cominciammo a uscire insieme, pensando che nessuno avrebbe capito nulla.
Eppure, qualcosa fra di noi era cambiato e molte persone lo notarono.
Ormai eravamo maggiorenni e i nostri genitori erano scontenti del fatto che non eravamo mai state fidanzate.
Poco tempo dopo le voci sul nostro orientamento sessuale arrivarono anche alle loro orecchie e Camilla fu costretta ad andarsene e a sposarsi con un ragazzo che le avevano presentato i suoi genitori.
Da quel giorno non la sentii più e scoprii tempo dopo che aveva divorziato dopo pochi anni, nonostante la disapprovazione dei suoi genitori.
Io, invece, avevo già deciso di ricorrere alla seconda opzione. Camilla era stata l'unica ragazza che avessi mai amato e, dato che non avrei potuto essere felice con lei, decisi di trovare qualcuno da sposare.
Fu proprio in quel momento che conobbi tuo padre. Eravamo giovani, non pensavo che avrei potuto rovinare la vita a un uomo che mi amava sinceramente.
Non ho mai avuto intenzione di tradirlo. Nonostante non lo amassi, con il tempo avevo imparato a volergli bene.
Eppure, anni dopo incontrai Camilla.
Era cambiata, certo, ma era rimasta proprio come un tempo. Bella, gentile, splendente come un raggio di sole.
Ne rimasi affascinata, la ammirai proprio come quando eravamo bambine.
Lei era separata da anni, ormai.
Lei non voleva che ci vedessimo, aveva paura di rovinarmi la vita. Mi aveva cercata per tanto tempo ed era felice del semplice fatto che fossi viva e avessi una famiglia.
Eppure, se ne fosse andata ora che ci eravamo finalmente ritrovate, la mia vita avrebbe smesso di avere un senso.
Glielo dissi apertamente, le aprii il mio cuore come non avevo fatto con nessuno in tutti quegli anni.
Dal primo giorno in cui ci eravamo viste, avevo deciso di lasciare tuo padre. Eppure non ci riuscivo, avevo paura di far soffrire sia lui che voi.
Non avevo capito che, in realtà, lui stava già soffrendo molto. Io...non avevo capito nulla.»

Forse Cupido ha perso la bussolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora