25. Vendetta (Angelica)

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Eppure non mi pare peccato imbrogliare colui che spera di vincere barando.

(William Shakespeare)

Antonio sentì qualcuno bussare e si girò in direzione della porta.

«Chi è?» chiese trattenendo uno sbadiglio.

«Sono io!»

Egli riconobbe subito la voce, ma non fece in tempo a rispondere perché la porta si spalancò improvvisamente.
Angelica entrò nella stanza e vide Antonio seduto sul letto che le sorrideva.
Aveva i capelli biondi scompigliati e le occhiaie, ma fortunatamente stava bene.

«Lo sai che "io" avrebbe potuto essere chiunque, vero? Avresti anche potuto essere un assassino venuto per uccidermi e tapparmi la bocca su quanto è accaduto» le disse cercando inutilmente di soffocare una risata.

«Ma dai! Io sono io. Chi speravi che fossi?»

Antonio rise, poi fece segno ad Angelica di sedersi vicino a lui.

«Quindi ti dimettono oggi?»

«Già. Una meraviglia! Peccato che per un po' dovrò andare a scuola con questa stampella!» disse indicando la gamba destra ingessata fin sotto il ginocchio.

«Nah! Presto sarai come nuovo, fidati!» ribatté scherzosamente la bionda dandogli una pacca sulle spalle.

«Sei sicura di voler saltare un'ora di scuola per stare qui in ospedale?»

Il tono di Antonio era improvvisamente diventato più cupo. I suoi occhi si abbassarono, soffermandosi sulla gamba ingessata, mentre le dita tamburellavano nervosamente sulla superficie del lettino bianco.
Una mano si posò sulla sua ed egli si scosse dai suoi pensieri, poi alzò lo sguardo verso Angelica, che gli sorrideva amichevolmente.
Nei suoi occhi non c'era la commiserazione o il finto dispiacere che aveva visto negli occhi dei medici, c'era qualcosa di più concreto, di più vero.
Come una luce rassicurante, una voce silenziosa che lo spronava a farsi coraggio.

«Non dirai a nessuno chi è stato a farmi...questo, vero?»

Angelica scosse la testa, cercando di rassicurarlo.

«Ti ho promesso che non l'avrei fatto e manterrò la mia promessa. Non l'ho detto a nessuno, nemmeno ai tuoi genitori»

Antonio sembrò sobbalzare sul lettino. Evidentemente non aveva pensato alla possibilità che i suoi genitori sarebbero venuti a trovarlo in ospedale.

«I miei genitori?» chiese abbassando di più il tono della voce, come se avesse paura che i suoi genitori fossero proprio lì dietro la porta e stessero ascoltando la conversione.

«Sì. Mi hanno lasciato entrare per prima in stanza ma tra un po' entreranno anche loro»

Antonio non rispose. Portò di nuovo lo sguardo sulla gamba ingessata, poi si voltò verso Angelica e la guardò negli occhi.

«Stai bene con questo taglio, sai? E sei anche la persona più gentile che conosca. Riuscirai a trovare la ragazza giusta per te, ne sono sicuro.»

Angelica arrossì nel sentire quei complimenti improvvisi, poi scoppiò a ridere. Non era quello il momento per perdersi in stranezze del genere.

«Non sono io quella che andrebbe rincuorata. Questi commenti risparmiateli per il tuo primo ragazzo» disse mentre scendeva dal lettino e si dirigeva verso la porta.

«Ehi! Il mio primo...che?! Angelica!» Antonio, rosso fino alle orecchie, provò a richiamarla, ma non ricevette alcuna risposta.

Angelica rientrò qualche minuto dopo, con un pennarello nero in mano, e si avvicinò al gesso del ragazzo. Poi iniziò a scrivere una frase, mentre il suono del pennarello sfregato contro il gesso duro riempiva il silenzio.
Quando ebbe finito, Antonio chinò la testa per cercare di leggere ciò che la ragazza aveva scritto.
Poi sorrise.

Forse Cupido ha perso la bussolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora