8. Verità e menzogne (Angelica)

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È una bella prigione, il mondo.

(William Shakespeare, Amleto)

Toc, toc, toc.
Una donna bussò alla porta della camera di Angelica, poi, senza aspettare una risposta, entrò e si richiuse la porta alle spalle.
Girò tre volte la chiave con la mano tremante, poi si sedette sul letto senza fare caso alla bambina che la fissava con gli occhi sgranati e iniziò a piangere.
Aveva un occhio nero e dei lividi giallastri su tutto il braccio, alternati a bruciature probabilmente provocate da sigarette e segni violacei.

«Non ce la faccio più...non...»

La frase venne interrotta da un singhiozzo strozzato.
Angelica si avvicinò alla signora e la abbracciò delicatamente, poi si sedette al suo fianco e le tese la piccola mano, che la donna afferrò senza esitazione.

All'improvviso un rumore le fece sobbalzare. Il rumore di una mano che veniva battuta furiosamente sulla porta, quasi come a volerla abbattere.
La chiave cadde a causa dell'impatto e, toccando terra, produsse un leggero tintinnio.

«Apri quella porta, Roberta! Lo so che sei lì dentro!»

La donna chiuse gli occhi, mentre le lacrime continuavano a scenderle sul volto rivolto verso il basso e a bagnare i palmi che teneva chiusi a pugno sulle cosce.

Si alzò lentamente, tutta tremante, mentre Angelica si nascondeva dietro la sua vestaglia a fiori.
Non voleva che la donna aprisse quella porta. Aveva solo nove anni, ma sapeva che non sarebbe finita bene.

«Apri, brutta troia!»

La donna afferrò la chiave dal pavimento e, dopo molti tentativi, riuscì a inserirla nella serratura.
La girò lentamente per tre volte, poi fece segno ad Angelica di nascondersi nell'armadio e aprì lentamente la porta.

L'uomo entrò di colpo, rischiando di colpirla con lo spigolo della porta, poi la afferrò violentemente per un braccio.

Angelica, invece di ascoltare la donna, si attaccò alla gamba del padre e iniziò a piangere.

«Lasciala stare! Papà, smettila!»

L'uomo piegò la gamba e la colpì allo sterno con il ginocchio, facendola cadere ai piedi del letto.
Ella scoppiò a piangere, mentre il padre percuoteva la compagna e la trascinava fuori dalla stanza.

Tutto divenne nero. Poi, nell'oscurità, comparve una mano tesa. La bambina la afferrò, asciugandosi le lacrime dal volto con la mano libera.

«Angelica, cosa c'è? Perché piangi?»

La sorella la strinse in un abbraccio e le asciugò le lacrime, poi le rivolse un sorriso malinconico.

«Roberta... papà...l'ha picchiata di nuovo. Lei piangeva. Io ho provato ad aiutarla, ma papà mi ha spinta via»

Fece una piccola pausa e strinse le sue mani con quelle della sorella.

«Mi fa male qui...» Disse indicando lo sterno con un dito e abbassando il capo.

Arianna si abbassò e le diede un bacio nel punto che aveva indicato, poi le sorrise nuovamente.

«Vedrai che tra poco starai meglio. Fammi vedere»

Angelica si tolse lentamente la maglia, facendo vedere alla sorella un piccolo segno violaceo.
Arianna abbassò gli occhi, poi uscì dalla stanza e tornò poco dopo con una crema.

Forse Cupido ha perso la bussolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora