7. Salvare le apparenze (Elena)

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Ci sono pugnali nei sorrisi degli uomini.

(William Shakespeare, Macbeth)

Nel leggere la mail di Angelica, Elena scoppiò a piangere e rimase stupita quando si accorse che quelle lacrime non erano di tristezza, bensì di felicità.
Non sapeva nemmeno perché, nel profondo del suo cuore, stesse provando quella gioia improvvisa.
Forse era felice che ci fosse qualcuno che la confortasse e che avesse sofferto proprio come lei.
Forse era felice per essere finalmente compresa da qualcuno.
O forse era soltanto felice di essere riuscita a parlare dei suoi problemi con un'altra persona senza temere di essere giudicata.
Non riusciva nemmeno ad esprimere la sua felicità a parole.
Credeva di trovarsi in una sorta di sogno, un sogno dal quale non si sarebbe voluta svegliare mai più.
Finalmente c'era qualcuno che la capiva, qualcuno che le dava consigli, che le parlava sinceramente.
Avrebbe voluto dirlo al mondo intero, avrebbe voluto aprire la finestra e urlare per ore e ore.
E, come se non fosse stato abbastanza, Angelica le aveva parlato anche della sua situazione familiare.
Chi immaginava che avesse vissuto una vita così tragica? I genitori divorziati, la seconda moglie del padre uccisa...
Ad Elena, per un momento, gli occhi si velarono nuovamente di lacrime.
E, questa volta, non di felicità.
Angelica l'aveva compresa e confortata, ma aveva potuto farlo solamente perché aveva avuto delle avventure peggiori delle sue.
E, nel guardare la situazione da quel punto di vista, Elena non riuscì più a sorridere.
Sentiva le lacrime che scendevano lente sul volto, tracciando dei solchi invisibili sulla pelle che, però, rimanevano impressi nel cuore come tanti piccoli ruscelli.
Piccoli ruscelli nati dalla foce del dolore, piccoli ruscelli che lasciavano un segno indelebile nel suo animo.

«Elena! È tornata mamma!»

Paolo fece irruzione nella stanza, proprio mentre Elena si asciugava le lacrime dal volto. Era un ragazzo alto e di corporatura snella, con un volto ben proporzionato incorniciato da folti capelli castano scuro. Gli occhi erano marroni, poco più scuri di quelli della sorella, e differiva da lei principalmente per i tratti del volto mascolini. Nel complesso erano molto simili, nonostante sembrava che Paolo avesse rubato una trentina di centimetri ad Elena. Le labbra carnose, inizialmente schiuse in un sorriso, tornarono a chiudersi nell'osservare la sorella e il suo sguardo sembrò sciogliersi all'istante.
Si avvicinò al suo letto e si sedette ad un angolo. Nonostante con tutti dimostrasse una sicurezza che facilmente sfociava nella presunzione, con la sorellina non sapeva mai come rapportarsi.

«Ehm...tutto okay?» Chiese passandosi una mano fra i capelli.

Per qualche secondo, tenne gli occhi fissi su Elena con sguardo preoccupato ed ella fu quasi tentata di raccontargli la verità. Un tempo erano come una persona sola, non avevano alcun segreto fra di loro. Ma adesso il loro rapporto era cambiato radicalmente ed Elena sapeva che, finché non gli avesse raccontato quel segreto che teneva nascosto da anni, non sarebbe tornato come prima. Eppure, ella non riusciva proprio ad aprirsi con lui su quell'argomento. Aveva paura di come avrebbe potuto reagire ad una dichiarazione del genere. L'avrebbe insultata, l'avrebbe mandata da uno psicologo, l'avrebbe rifiutata come sorella? Non era per niente pronta a scoprire quale sarebbe stata la sua reazione.

«Sì, sì. Tutto bene. Sto arrivando» Elena sorrise, come per rassicurare il fratello.
Nonostante il fratello non fosse entrato in uno dei suoi momenti migliori, nel vedere la sua goffaggine, ad Elena scappò un sorriso.

«Sei sicura? Puoi dirmi qualsiasi cosa, lo sai?» disse avvicinandosi alla sorella e scapigliandole con una mano i capelli castani.

Posò lo sguardo su di lei con aria preoccupata, mentre uno strato di lacrime cominciava a coprirgli gli occhi impedendogli di vedere chiaramente. Elena non voleva vederlo in quello stato, né a causa sua, né per colpa di qualcun altro.
Gli prese la mano e sorrise cercando di sembrare il più rassicurante possibile.
In quei mesi, in fratello aveva sempre i nervi a fior di pelle. Poteva avere scatti d'ira per le ragioni più stupide o scoppiare a piangere per un nonnulla.
La situazione in cui si trovavano i genitori l'aveva destabilizzato molto, più di quanto fosse disposto ad ammettere.
Aveva ventuno anni, ma non era per niente pronto a portare un peso del genere e la sorella lo sapeva perfettamente.

Forse Cupido ha perso la bussolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora