14. Papaveri e verità celate (Angelica)

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Quando non c'è più rimedio è inutile addolorarsi, perché si vede ormai il peggio che prima era attaccato alla speranza.

(William Shakespeare, Otello)

I raggi del sole colpirono Angelica in pieno volto.
Intorno a lei c'era un'enorme distesa di fiori rossi.
Papaveri.
I fiori preferiti del suo fratellone.

«Gabbiele, guarda! Papaveri!»

Gabriele si trovava a pochi passi da lei ed era sdraiato nell'erba. Fra le mani aveva un piccolo papavero di un rosso sgargiante.
Si girò verso la sorellina e sorrise, poi si mise in ginocchio e iniziò a raccogliere altri papaveri.
Angelica non muoveva un muscolo, restava ferma ad osservare l'erba e i fiori mossi dal vento caldo.

Gabriele, dopo aver raccolto una decina di papaveri, li legò tutti insieme utilizzando uno spesso filo d'erba.
Poi fece segno alla sorellina di avvicinarsi e le consegnò il mazzetto di fiori.

«Ti piacciono?»

«Sì! Sono bellissimi!»

Angelica se li strinse al petto e si gettò fra le braccia del fratello.
Entrambi rimasero fermi lì, con il vento che scompigliava i loro capelli biondi come spighe di grano al sole e il suono del fruscio dell'erba e del canto degli uccelli.

«Ti voglio bene, fratellone»

Angelica si perse negli occhi calmi e gentili del fratello e restò ferma fra le sue braccia ad ascoltare il suono della natura.

«Guarda, Angelica»

Gabriele prese un papavero e lo girò a testa in giù, con lo stelo rivolto verso l'alto. Poi lo premette con forza sul dorso della mano per qualche secondo, lasciando la sorella interdetta.

«Ma, Gabbiele, così si rovina!» Angelica tolse il papavero dalle mani del fratello e, posando lo sguardo sul dorso della sua mano, vide un piccolo segno violaceo, quasi nero.

Poteva sembrare un fiore, o forse un fiocco di neve. O forse una stella con tante punte.

«Lo voglio anch'io! Anch'io!»

Gabriele rise di gusto, poi fece sedere la sorellina fra le sue gambe e raccolse un altro papavero.

«Forza, adesso lo faccio anche a te. Però devi promettere che non cercherai di sbirciare.»

Angelica annuì con foga, poi chiuse i piccoli occhi dalle iridi marroni e tese il braccio.
Mantenne la promessa che aveva fatto al fratello e rimase ferma mentre uno strano e piccolo oggetto le veniva premuto sul dorso della mano liscia e candida.

«Fatto! Ora puoi aprire gli occhi.»

Angelica aprì prima un occhio, poi l'altro e, dopo qualche secondo di indecisione, abbassò lo sguardo sulla sua mano.

Sopra di essa c'era lo stesso identico segno del fratello. Sorrise, alzando la mano verso il cielo e contemplando il piccolo tatuaggio.

«È bellissimo! Adesso siamo uguali, vero?»

Gabriele rise, poi fece di sì con la testa e, alzatosi da terra, afferrò Angelica con le sue mani per farle fare una piccola giravolta.

«Voi due, cosa state combinando? Dovete aiutarmi, non stare lì a giocare come degli scemi!»

Una voce squillante interruppe quel piccolo momento tra i due fratelli.
Entrambi si girarono e videro una ragazza magra e slanciata, con i capelli biondi legati dietro la testa in uno chignon e lo sguardo severo sotto il quale, però, si nascondeva un sorriso divertito.

Forse Cupido ha perso la bussolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora