Prologo

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La Passaporta aveva catapultato il giovane Harry Potter fuori da quel Labirinto e il corpo esile di Cedric Diggory giaceva accanto a lui: gli occhi spalancati, il corpo immobile e il respiro completamente assente. Era morto.

Harry era scoppiato in lacrime mentre Silente si era affrettato a raggiungerlo inconsapevole di quello che i suoi occhi avrebbero visto da lì a poco. Il padre del giovane Tassorosso aveva sceso le scale in fretta nella convinzione che suo figlio era appena stato colui che il Torneo TreMaghi l'aveva vinto. E invece no. Cedric Diggory non era riuscito a vincere niente di tutto quello che si pensava.

Le urla riempirono tutto quel verde, le lacrime scendevano amare e colpivano il corpo privo di vita del giovane e Harry nel frattempo veniva portato via da colui che presto non si sarebbe rivelato essere il Professor Malocchio Moody.
Era la prima volta che vedeva qualcuno morire davanti a lui. Quando aveva perso i suoi genitori, era ancora piccolo e ricordava ben poco di quel momento; l'unica cosa viva nella sua testa era una luce verde che in un attimo aveva mandato all'aria tutto, gli aveva completamente stravolto la vita. E come può una luce stravolgere la vita di una persona?
Harry non era mai riuscito a trovare una risposta a quella domanda.

Il ritorno a Privet Drive fu traumatico, il corvino si sentiva ancora addosso le colpe della morte di Cedric. È colpa tua. Se Peter Minus l'ha ucciso è solo colpa tua. Hai condotto Voldemort da te. Dovevi aspettartelo.
La sua testa era un frullatore continuo, non faceva altro che ripercorrere quel momento come un registratore senza fine e questo gli procurava insonnia e incubi che lo tenevano tutta la notte sveglio.

Come se tutto quello che aveva passato non fosse abbastanza, durante tutto quel lasso di tempo nessuno aveva osato inviargli lettere. Né Sirius, né Ron, né Hermione. Si sentiva solo, sbattuto in una realtà che non gli apparteneva ma che era costretto a vivere perché non aveva nessun altro da cui andare. I suoi zii erano stati la sua più grande condanna, coloro i quali non facevano altro che rovinargli la vita — quella vita che non aveva mai avuto ma che avrebbe pagato tutto l'oro del mondo pur di averla e di viverla come un normale adolescente della sua età.

Harry si sentiva debole, solo, abbandonato in destino senza speranza, senza via d'uscita, ma al quale sapeva avrebbe dovuto far fronte prima o poi.
Il ritorno di Voldemort aveva rovinato tutto, quella tranquillità che circolava nella sua vita era sparita all'improvviso e ora si sentiva legato ad un'anima che non era la sua. Pensava fosse solo una sua sensazione eppure non poteva fare a meno di vivere i suoi incubi come situazioni reali: si sentiva lì, partecipe di una situazione che non lo riguardava, sentiva rabbia, frustrazione, delusione e non sapeva il motivo per il quale si svegliasse sudato, con il respiro irregolare e con delle lacrime secche sulle guance. E da quel momento, riprendere sonno era sempre impossibile.

Solo quando varcò la soglia della porta di Grimmauld Place, un piccolo sospiro di sollievo fuoriuscì dalle sue labbra. Ora era al sicuro, non era più solo. Non lo era mai stato.
L'abbraccio caldo di Hermione, la pacca sulla spalla di Ron, la stretta forte di Sirius... si sentiva a casa, stava di nuovo finalmente bene.

Quando ritornò dall'udienza che aveva dovuto affrontare perché accusato di aver utilizzato la magia in presenza di Babbani, a Grimmauld Place c'era odore di cucinato e degli strilli di pura felicità lo spinsero a raggiungere il salotto prima possibile per vedere cosa stesse accadendo.

«Oh, Harry caro, finalmente sei qui!» sorrise cordialmente Molly. «Abbiamo saputo dell'udienza, Silente non avrebbe permesso la tua espulsione» espose i suoi pensieri la donna. «Vieni qui, sono arrivati dei cofanetti da Hogwarts. Hermione sta aprendo il suo e questo...» afferrò un cofanetto dal colore bordeaux, lo stesso che rappresentava la sua Casa, per poi porgerglielo. «È per te» sorrise.

Harry ricambiò il sorriso e lo afferrò. «Grazie, Signora Weasley» disse prima di aprirlo. Una spilla spiccò sotto i suoi occhi verdi, aveva la forma di uno scudetto, i contorni erano dorati e l'interno colorato di bordeaux. Al centro passava una striscia del medesimo colore dei contorni con all'interno la scritta "Prefetto". Gli occhi gli si illuminarono e alzò di fretta lo sguardo per poi posarlo su Hermione che stava sorridendo ampiamente.

«Siamo prefetti!» sorrise. «Oh mio dio, Harry! Siamo i prefetti della nostra Casa!» ripeté incredula e un sorriso comparve anche sul suo volto. Era un prefetto anche lui.

Quello era ciò che aveva portato i due giovani a fare il giro del vagoni quando era arrivato il giorno della partenza. Era compito dei prefetti controllare se tutto fosse apposto. E mentre circolavano sul corridoio del treno, i loro corpi si scontrarono con quelli di due ragazzi che avevano il loro odio sin dal primo anno: Draco Malfoy e Pansy Parkinson.

«Oh Potter, sei diventato Prefetto?» ridacchiò Draco guardando la spilla sulla sua divisa. «Silente doveva trovare il modo di darti quella spilla, non poteva privare il suo cocchetto di un ruolo così importante».

«Anche tuo padre doveva trovare il modo di darti quella spilla sennò sai che delusione? Chissà quanti soldi avrà offerto» gli rispose allo stesso modo guardandolo dritto negli occhi. L'espressione del giovane tramutò improvvisamente, disgusto e rabbia era tutto ciò che predominava sul suo viso.

«Non dire una sola parola contro mio padre, Potter» ringhiò.

«E tu contro Silente» sbottò prima di superarlo e dargli una spallata. «Goditi questo ruolo Malfoy, sappiamo entrambi che non te lo meriti» aggiunse prima di sparire dietro uno scompartimento seguito dalla riccia che aveva guardato per tutto il tempo la scena non intenzionata ad intervenire. Lo avrebbe ammazzato se solo avesse potuto.

L'Hogwarts Express era quasi arrivato e quell'anno stava per iniziare. Harry sperava solo che, per una volta, andasse tutto bene.

Eclissi di Luna - DrarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora