Otto - Ti piace?

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La sera passò tranquilla e la mattina arrivò in in batter d'occhio, senza che Harry nemmeno se ne accorgesse. Qualche incubo aveva invaso il suo sonno ma alla fine era riuscito a dormire più del solito: la fortuna era che non si era trovato nel corpo di nessuno e non aveva fatto nessun'altra vittima. Quella mattina si trovò a tirare un sospiro di sollievo per la grande fortuna che aveva avuto.

Si vestì insieme a Ron e — come al solito — scesero più in ritardo del solito, Hermione si trovava nel mezzo della Sala Comune, con le braccia incrociate e sbattendo il piede sul pavimento in modo ripetitivo. I due si sentirono improvvisamente mortificati per il grande ritardo che avevano fatto perché se si sentivano pronti ad affrontare un mostro come Voldemort, non sapevano se erano pronti ad affrontare una sfuriata di Hermione. Si strinsero nelle spalle e aspettarono qualsiasi parola uscire dalla bocca della migliore amica perché sapevano che sarebbe arrivato qualcosa — qualsiasi cosa. Era solo questione di attimi; attimi che però non fecero nemmeno in tempo a passare.

«Ma insomma! Siamo a malapena alla prima settimana di scuola e abbiamo già fatto ritardi sufficienti per tutto l'anno! Volete andare a dormire prima la notte?» sbottò la ragazza mentre afferrava con forza la cartella e si dirigeva vero il Buco del Ritratto.

Harry si grattò la nuca imbarazzato. «Scusaci Herm, non è colpa nostra» cercò di giustificarsi ma questo non fece altro che incrementare la rabbia della riccia.

«Ah già, è colpa mia!» ridacchiò nervosamente. «Mi ero dimenticata di questo particolare, scusate!» ringhiò prima di far calare il silenzio, nessuno dei due aveva il coraggio di dire niente perché tanto, qualsiasi cosa avrebbero detto, la ragazza avrebbe trovato il modo di usarla contro di loro. E aveva anche ragione, pensavano.

Entrarono tutti e tre a testa bassa nell'aula di Trasfigurazione e solo dopo una breve sfuriata da parte della McGranitt, riuscirono a sedersi e tornare a seguire ciò che la donna stava spiegando prima che arrivassero. Hermione glie l'avrebbe fatta pagare cara.

*

Mamma, Papà,
qui va tutto bene, spero sia lo stesso anche per voi al Manor. Le lezioni proseguono e i miei amici mi coccolano esattamente come avresti fatto tu, mamma. La mia assenza si è sentita ma ora sembrano felici, Theodore aveva anche intenzione di organizzare una festa in mio onore ma Blaise ed io glie l'abbiamo vietato per evitare casini con la Umbridge, non vogliamo problemi.
Aspetto una risposta al più presto.
Vostro figlio,
Draco.

La scrittura elegante di Draco Malfoy sporcò quel foglio ingiallito e la sua saliva l'estremità della lettera per chiuderla prima di far colare un po' di ceralacca verde scuro. Diede la lettera al suo gufo e lasciò che volasse verso casa sua, verso il Manor.

Lui e i suoi genitori erano soliti scambiarsi lettere giornalmente per aggiornarsi su eventuali sviluppi sia negativi che positivi. In realtà le lettere se le spedivano solo lui e la mamma, Narcissa, poiché al padre non sembrava importare molto ma ugualmente Draco scriveva sempre per entrambi nel caso in cui l'uomo si fosse interessato alla sua vita. Era una speranza vana la sua, lo sapeva.

Draco era ben al corrente del fatto che il padre gli volesse bene. Sapeva che ci tenesse, non avrebbe mai potuto dire il contrario ma ugualmente si sentiva continuamente trascurato da lui anche se con gli anni aveva imparato a farci l'abitudine. Lucius Malfoy era sempre stato uno dal pugno di ferro ma non aveva mai nascosto il bene che gli voleva... infondo, era pur sempre suo figlio. Il suo unico figlio.

Narcissa spesso non si trovava d'accordo con alcuni modi che Lucius aveva, non era d'accordo su come si approcciava con il figlio e lo metteva su come se fosse una marionetta da manovrare a suo completo piacimento. Narcissa sapeva che Draco fosse una persona e come tale aveva dei sentimenti, delle emozioni che andavano rispettate. Sapeva che al figlio non piacesse come il padre stesse provando a costruire una persona che non esisteva, sapeva che Draco volesse solo essere libero di essere chi voleva, di stare con chi voleva. La donna sperava solamente che prima o poi ci sarebbe riuscita a convincerlo, ci sarebbe riuscita a fargli capire che doveva rispettare Draco in quanto essere umano come lui. E Draco ci sperava, ci sperava da anni ormai.

Era sera, il Banchetto era finito da un pezzo e tutti i Prefetti delle Case erano riuniti intorno a una tavolo circolare pronti ad ascoltare Alexander e ciò che aveva da dire. In realtà, non era nulla di eclatante, Draco lo sapeva. Alexander era solo un tipo paranoico che voleva tenere tutto sotto controllo per evitare che si commettessero errori. Faceva quelle riunioni in modo continuo solo per ribadire le stesse identiche cose che diceva ogni inizio anno. Gli aggiornamenti erano davvero rari.
Proprio per questo Draco, a metà riunione, dovette mettersi una mano davanti la bocca per evitare di far vedere a tutti le sue tonsille. Si stava per addormentare senza nemmeno aver sonno.

Harry Potter non sembrava troppo lontano dalle condizioni in cui si trovava Draco. Si stava per addormentare sul tavolo dal momento in cui aveva capito che punti avrebbe centrato quella riunione. L'unica che sembrava essere attentissima era la Granger ma il biondo l'aveva sempre dipinta come un gran leccapiedi, quindi non si stupì di vederla annuire per ogni singola parola che fuoriusciva dalla bocca del Prefetto.

Quella riunione fu infinita, e solo quando Alexander si decise a congedarli, Draco si alzò uscendo di fretta da quella stanza. Dire che si era annoiato come non era mai successo, era poco. In pochi istanti lo raggiunse Potter che lo affiancò ricordandogli quello che gli aveva detto il giorno prima. Doveva imparare a collegare la bocca al cervello prima di dire qualsiasi altra cosa. Si faceva prendere troppo dalle emozioni.

«Allora? Vuoi portarmi nella parte più alta del Castello per uccidermi, Malfoy?» lo stuzzicò Harry facendolo ridacchiare.

«Potrebbe essere un'opzione valida» gli fece l'occhiolino il biondo prima di iniziare ad incamminarsi verso un luogo al corvino sconosciuto.

Camminarono per alcuni minuti, Draco guardava avanti a sé mentre il ragazzo al suo fianco aveva iniziato a guardarsi intorno sospettoso. Pian piano che avanzavano, i corridoi diventavano sempre più cupi, quasi sembrava che stessero per accedere ad una stanza dell'orrore. Ma Harry nemmeno per una volta abbassò la guardia, nemmeno per una volta lo attraversò un brivido di paura. Sapeva che Draco fosse un tipo strano ma non così tanto. Credeva davvero al fatto che gli fosse debitore e per questo non si sarebbe mai azzardato a fargli del mare. Harry ne era convinto al cento per cento.
E la sua conferma arrivò pochi istanti dopo, quando Draco lo spronò a salire una scalinata a chiocciola. Anche in quel caso il corvino non tentennò e lo seguì fino a quando non arrivarono in uno dei posti che Harry avrebbe sempre voluto vedere ma non ne aveva mai avuto modo. Voleva portarci una persona speciale e alla fine ce l'aveva portato l'ultima persona che Harry avrebbe mai creduto.

La Torre di Astronomia brillava sotto i suoi occhi verdi, era illuminata solo dalla luce fioca della luna e il resto era circondato dall'oscurità. Un'oscurità che Harry non percepì come spaventosa ma come magica.
Posò i suoi occhi su Draco notando che lo stesse già guardando. Fece un piccolo sorriso e si diresse verso le ringhiere. Poggiò le mani sopra di esse e osservò il panorama: era stupendo.

«Ti piace?» gli sussurrò Draco, come se avesse paura di spezzare quel silenzio che c'era e che regnava sovrano.

E la risposta di Harry arrivò subito. «Da morire».

Eclissi di Luna - DrarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora