Sedici - Possiamo?

512 28 17
                                    

Era passata una settimana. Una settimana in cui Harry e Draco avevano lavorato in totale silenzio, ognuno guardando la libreria che avevano deciso di sistemare. Non si parlavano nemmeno per lo stretto necessario, se uno dei due sentiva il bisogno di rivolgere parola all'altro si trattenevano finché la cosa che volevano dire non morisse dentro di loro. Non avevano voglia di parlarsi e di aprire chissà quale discorso. Infondo non avevano niente da dirsi, avrebbero potuto resistere senza problemi.

Quella mattina il sole era alto in cielo e tutti erano felici perché ormai stava per arrivare giugno e quindi l'estate. Con loro sarebbe finita la scuola e ognuno avrebbe fatto ritorno nelle proprie dimore. Se Ron, Hermione e Draco non vedevano l'ora di tornare a stare dalle proprie famiglie, Harry avrebbe voluto rimanere per tutta l'estate a Hogwarts. Non voleva tornare a casa dai Dursley, non voleva rivedere loro come anche Dudley. Ne avrebbe fatto molto volentieri a meno, avrebbe preferito andare in qualsiasi altro posto purché non finisse a casa dei suoi zii. Ma purtroppo non poteva fare nulla, avrebbe potuto raggiungere i Weasley solo intorno alla data del suo compleanno e forse un po' prima, giugno però, nel frattempo, non l'avrebbe scampato.

Pian piano che si avvicinava la fine della scuola, Harry si rattristava sempre di più. La fine di Hogwarts era sempre una pugnalata al petto per lui, salire di nuovo sul treno che lo avrebbe riportato a King's Cross era una vera e propria tortura. Sperava solo che quell'anno sarebbe potuto andare dai Weasley un po' prima, ogni anno che passava la sopportazione nei confronti dei Dursley diminuiva sempre di più.

Quella mattina però, nonostante il sole, Harry non era l'unico ad essere di cattivo umore. La punizione che la McGranitt aveva dato a lui, Ron, Hermione e Draco era un chiodo nel piede che si sarebbero tolti solo all'inizio del mese di giugno, e ora, quell'arrivo — agli occhi dei quattro — era ancora molto lontano. Avrebbero dovuto resistere ancora un po'.

Mentre tutti i loro compagni si recavano fuori perché la maggior parte dei professori avevano deciso di sfruttare quella bellissima giornata per fare lezione fuori, i quattro giovani si stavano recando ai due uffici assegnategli dalla Vice Preside, con un'espressione furiosa dipinta sul volto. Non era nemmeno troppo il caso di Ron e Hermione che almeno si parlavano, piuttosto che quello di Harry e Draco che se solo avessero potuto, si sarebbero inceneriti con un colpo di bacchetta.

Il Grifondoro e il Serpeverde si recarono uno affianco all'altro nello studio, pronti ad affrontare quella giornata come tutte le altre: in silenzio e senza rivolgersi parola. Ma quel giorno, il destino aveva altri piani per il corvino che lo stupirono notevolmente.

«Mi sono stufato, Potter. Puoi fare il bambino cresciuto e rivolgermi parola, perfavore?».

Harry alzò un sopracciglio e si girò verso di lui. Era serio? Non poteva averlo detto davvero.

«Posso? Semmai, possiamo. Non mi sembra tu ti sia sforzato troppo a parlarmi».

«Sei tu quello che avrebbe dovuto parlarmi per primo».

«Scusami? Sei tu quello che ha fatto a botte con il mio migliore amico, che voleva lanciargli uno Schiantesimo e che si è presentato fuori la mia Sala Comune per attaccarmi. O sbaglio?».

Il biondo sospirò pesantemente e lo guardò sottecchi. «Bene. Possiamo smettere di fare i bambini e rivolgerci parola, perfavore?».

Harry fece un mezzo sorriso fiero. «Che c'è, Malfoy, stai morendo senza di me?» lo punzecchiò e la Serpe roteò gli occhi al cielo.

«No, Potter. Semplicemente voglio passare il tempo, è noioso stare qui dentro in silenzio. Mica siamo in una chiesa».

Il Grifondoro ridacchiò e mise apposto un libro prima di avvicinarsi a lui. «Non sapevo fossi credente».

«Infatti non lo sono» fece un mezzo sorriso provocatorio. Sorriso che fece quasi eccitare Harry senza saperne nemmeno il motivo. Doveva darsi una calmata.

«Non avevo dubbi» rispose prima di allontanarsi e tornare a sistemare il suo scaffale. Doveva prendere le distanze prima che perdesse il controllo. Che poi quale controllo? Lui non era gay e quello che era successo alla festa era stato un incidente, non sarebbe successo se fossero stati sobri.

«Potter» lo chiamò il biondo facendolo girare. Puntò le sue iridi ghiacciate in quelle calde e accoglienti del corvino. Poteva quasi sentirne il calore. «Mi dispiace per quello che ti ho detto. Non avrei dovuto attaccarti così».

Stavolta fu il turno di Harry di sorridere. «Accetto le scuse, Malfoy, ma non è con me che devi scusarti. Non è con me che hai fatto a botte».

«Non mi scuserò con Weasley. Lo sai».

«Lo so» confermò. «Ma dovresti».

«Non penso proprio. Il mio orgoglio già si sta ammazzando per essersi fatto avanti con te, figurati cosa potrebbe fare se dovessi andare da Weasley. Probabilmente dovresti iniziare a scavarmi la fossa».

Harry ridacchiò. «Torna a lavorare, Malfoy» cantilenò prima di girarsi di nuovo e tornare alla sua libreria.

*

Alla fine della punizione, tutti e quattro si diressero verso l'uscita, finalmente avrebbero potuto prendere un po' di aria anche loro.
Harry, Ron e Hermione si misero in un punto isolato e si sedettero sull'erba tirando un sospiro di sollievo, finalmente avrebbero potuto sedersi per riposarsi un po', tutte quelle ore in piedi li stavano distruggendo.
Draco, invece, raggiunse Theodore, Pansy e Blaise che erano seduti in un punto un po' più affollato, quasi vicino al Lago Nero.

Il biondo si sedette e anche lui tirò un sospiro di sollievo stiracchiando le gambe, si sentiva distrutto.

«Come procede la punizione, Draco?» chiese Blaise guardandolo.

«Noiosa, non vedo l'ora arrivi giugno. Stare nella stessa stanza da solo con Potter è a dir poco straziante».

«Oh andiamo Draco! Stavate legato quest'ultimo periodo, già avete mandato tutto all'aria?» si intromise Pansy.

«Ma che legando, Parkinson! Mi vedi davvero amico di Harry Potter? Magari a prenderci una Burrobirra ai Tre Manici di Scopa, no?» ridacchiò nervoso. La verità era che sì, lui ci si vedeva alla grande perché aveva visto in Harry una persona con cui essere semplicemente se stesso ma non lo avrebbe mai ammesso. Soprattutto davanti ai suoi amici.

«Non fare così, se sono gentili potrebbero anche aprirti le porte del Trio. Diventerete un quartetto che combatte contro l'umanità per sconfiggere il Signore Oscuro» lo prese in giro la ragazza facendo ridacchiare sia Blaise che Theodore.

Draco roteò gli occhi al cielo annoiato. «Preferirei essere ammazzato da Tu-Sai-Chi piuttosto che entrare a far parte di quel ridicolo Trio».

«Beh, qualche settimana fa non mi sembravi molto schifato dalla situazione», a parlare fu Theodore. Il biondo fece scattare la testa verso di lui e lo fulminò con lo sguardo. Era l'unico che sapeva perché aveva visto, ai suoi due migliori amici non aveva detto nulla, nemmeno accennato perché — secondo lui — non c'era niente da raccontare. Era stato un incidente che non si sarebbe più ripetuto. Fine.

«Cosa?» scattò Blaise. «Oh dio, che hai combinato, Draco?».

Draco spostò il suo sguardo sul ragazzo al suo fianco che lo stava guardando curioso. Maledetto Theodore Nott e la sua odiosa lingua lunga. Glie ne avrebbe dette quattro appena si sarebbero trovati soli. Sperava solo che lo sguardo che gli aveva lanciato sarebbe bastato a fargli capire che doveva tenere chiusa quella bocca.

«Niente, Blaise» tagliò la conversazione. «Niente».

Eclissi di Luna - DrarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora