Due - Prime punizioni

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«È morta una guardia del Ministero stanotte».

Quelle parole si giravano e si rigiravano nella mente di Harry come un vortice, non si fermavano, continuavano a sbattere da una parete all'altra della sua testa — come se facendolo, il giovane potesse rendersi conto prima possibile di ciò che era appena accaduto.
Quella notte era stato spettatore di quella morte e non aveva fatto nulla per evitarlo, al contrario si era limitato ad osservare e a cercare di capire per quale assurdo motivo si sentisse così estremamente presente anche se non lo era.

Avrebbe voluto sprofondare, rinchiudersi in una stanza e non uscire più perché aveva appena fatto morire una persona, non era intervenuto quando avrebbe dovuto farlo. Si sentì morire, le pareti della sua anima iniziavano a chiudersi e il cuore non faceva altro che fermarsi davanti ogni consapevolezza che pian piano gli si stava parando davanti.

Quando si diresse alla prima lezione della giornata — e dell'anno — la mattina dopo, la mente era ormai una barca in tempesta, naufragata che non trovava una via per poter ritornare a galla e raggiungere la riva. Si sentiva la testa esplodere di pensieri, sentiva ancora addosso i residui di quel tremendo incubo che il giorno dopo aveva preso vita e i sensi di colpa gli stringevano il petto in una morsa troppo forte che gli faceva quasi mancare l'aria.
Prese posto in un banco posto al centro, poco più di dietro di dove si trovava la cattedra e al suo fianco si sedette Ron che gli dedicò un mezzo sorriso di incoraggiamento. La prima lezione sarebbe stata quella di Difesa Contro le Arti Oscuro, quella con la Umbridge e un po' di forza era necessaria a tutti.

Quella donna vestita completamente di rosa fece la sua entrata come se si trovasse in una sfilata di moda dove il colore predominante era il rosa, i tacchetti creavano dei tintinnii sul pavimento e la sua faccia da rospo la rendeva ancora più insopportabile di quanto Harry era già sicuro fosse. E quando iniziò a parlare, il corvino voleva solo che — in qualche strano modo — gli si parassero davanti due tappi per le orecchie da poter utilizzare per non sentirla più. Si chiese come sarebbe riuscito a sopportarla per tutto l'anno senza perdere il controllo prima.

Perso completamente nei suoi pensieri, Harry non si accorse nemmeno che dei libri avevano cominciato a fluttuare lungo i banchi mentre si distribuivano autonomamente mentre quella donna-rospo continuava a parlare.

«In passato, l'insegnamento di questa materia è stato preoccupantemente discontinuo ma vi farà piacere sapere che d'ora in avanti seguirete un corso ben strutturato e approvato dal Ministero della Magia» iniziò a dire. Lo sguardo saettò poi alla sua destra dove Hermione aveva la mano alzata. La donna assunse un'espressione felice e la guardò attentamente. «Sì?»

«Qui non si accenna ad usare incantesimi di difesa»commentò la sua migliore amica e la Umbridge prese quel momento per farsi una mezza risatina.

«Usare incantesimi?» rise. «Non riesco ad immaginare perché dovreste usare incantesimi nella mia classe» continuò sbattendo innocentemente le lunghe ciglia castane.

«Non useremo la magia?» chiese interdetto Ron non riuscendo a capire per quale motivo dovessero studiare una materia che poi non avrebbero potuto utilizzare in caso di pericolo all'esterno. Hogwarts era una Scuola di Magia che puntava proprio all'insegnamento e all'apprendimento di tutte quelle materie magiche utili per l'utilizzo in caso di pericolo. Ma questo prevedeva la pratica e non gli sarebbe servito a niente se accostato alla teoria non ci avrebbero messo la pratica.

«Voi apprenderete gli incantesimi di difesa in modo sicuro e privo di rischi» sostenne fortemente la donna facendo serrare la mascella a Harry. Ma che diavolo stava dicendo?

«Ma a che serve? Se verremo attaccati non sarà privo di rischi» constatò intelligentemente il corvino.

«Gli studenti alzano la mano quando vogliono parlare nella mia classe» disse duramente la donna girandosi per dargli le spalle. Harry si girò verso Ron lanciandogli uno sguardo confuso... per quale motivo ora pretendeva che fosse lui ad alzare la mano se fino a poco prima nessuno lo aveva fatto? «È opinione del Ministero che una conoscenza teorica sarà più che sufficiente a permettervi di superare gli esami, il che — dopotutto — è ciò che la scuola ha come scopo».

«E come può la teoria prepararci a quello che c'è lì fuori?» chiese di nuovo Harry intervenendo senza alzare la mano. Non aveva intenzione di farsi prendere in giro da lei.

«Non c'è nulla là fuori, caro. Chi lei immagina che aggredirebbe ragazzini come siete voi?» chiese retorica e fu quello a mandarlo completamente fuori di testa. Sperava che stesse scherzando.

«Oh non lo so, forse Lord Voldemort?» disse utilizzando lo stesso tono della donna, come se la risposta fosse scontata e non richiedesse un'ulteriore risposta.

Il silenziò calò improvvisamente, tutti gli occhi delle persone che si trovavano in quella classe in quel momento si puntarono su di lui come se avesse appena detto una cosa fuori dal normale, priva di qualsiasi significato.

«Ora permettete che chiarisca una volta per tutte» fu proprio lei ad interrompere quel silenzio e il corvino aveva sperato non lo facesse. «Vi è stato riferito che un certo Mago Oscuro è di nuovo in circolazione. Questa è una bugia» smentì le sue parole la donna.

«Non è una bugia, io l'ho visto! L'ho affrontato!» la contraddì di nuovo Harry a denti stretti.

«Punizione Signor Potter!» tuonò la donna interrompendolo bruscamente e girandosi per tornare al suo posto dietro la cattedra.

«Secondo lei Cedric Diggory è morto così? Da solo?» sbottò il giovane continuando a guardarla.

«Cedric Diggory è morto per un tragico incidente» alzò la voce la donna.

«È stato un omicidio! Voldemort lo ha ucciso e lei lo sa!» continuò imperterrito.

«Basta!» urlò la Umbridge facendo quasi sobbalzare Harry ormai su tutte le furie. «Basta. Ci vediamo dopo Signor Potter, nel mio ufficio» fece una risatina. E Harry avrebbe voluto solo ammazzarla.

*
Quando fece ritorno nella sua Sala Comune prima di raggiungere l'ufficio della Umbridge, si sedette sul divano e cercò di prendere un respiro talmente grande che lo aiutasse a non perdere di nuovo la pazienza. Era vero che Harry non ne possedesse chissà quanta ma sapeva controllarsi; quella volta però esplose in una furia sfrenata che non era nemmeno sicuro di avere prima di quel momento.

Ron e Hermione lo raggiunsero in fretta e si sedettero al suo fianco. La seconda lo abbracciò consapevole di quanto fosse difficile per lui non essere creduto da nessuno. Aveva vissuto tutto quello sulla sua pelle, i suoi occhi lo avevano visto e ora, a parte Silente e i suoi due migliori amici, nessun altro sembrava disposto a mettere da parte i propri pregiudizi per credergli. Ma ormai ci aveva fatto l'abitudine; erano anni che le persone non gli credevano e non si sarebbe lamentato ancora di quello. Non ne valeva la pena, non più.

Prese un po' di coraggio e si diresse verso l'ufficio di quella donna non sapendo che tipo di punizione lo avrebbe atteso. Ma quando lo scoprì, la sua voglia di commettere un omicidio divenne ancora più alta. La odiava e le ferite che gli aveva provocato sulla mano a causa di quella maledetta pena che aveva fatto del suo sangue, l'inchiostro da poter utilizzare non avevano aiutato.

Le maniche della mantella che indossava gli coprivano i dorsi delle mani e andava bene così, se i suoi migliori amici avessero visto quelle ferite lo avrebbero costretto ad andare da Silente per raccontargli ciò che aveva appena fatto e lui non voleva. Il Preside aveva già abbastanza impegni e pensare a lui sarebbe stato solo un peso in più che si sarebbe anche potuto evitare. Il suo dolore non era la priorità.

Lui avrebbe resistito. Lo faceva sempre.

Eclissi di Luna - DrarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora