Dodici - Sirius Black

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«Hai più sentito Sirius, Harry?» chiese Hermione.

«No» la risposta arrivò chiara e la ragazza sospirò.

Sirius era il padrino di Harry e si volevano un gran bene. Harry lo conosceva da solo due anni, eppure gli sembrava come se lo conoscesse da una vita. Non aveva mai avuto una figura genitoriale, in realtà non sapeva nemmeno come ci si dovesse comportare con un genitore. Lui aveva sempre preso come ispirazione i signori Weasley, i genitori di Ron, che da cinque anni lo trattavano come se fosse l'ottavo figlio e l'ottavo fratello. Ormai i Dursley erano un ricordo lontano, ci passava solo il tempo necessario ma appena era possibile fuggiva da quel buco per sentirsi libero di essere semplicemente chi era. E se già con i Weasley si sentiva libero, con Sirius ci si sentiva ancora di più. Si era sentito in colpa per molto tempo per avergli affibbiato un'identità che non era mai stata la sua, lui voleva solo salvarlo da Peter Minus, ma ora andava tutto bene.
Erano passate due settimane da quando Harry aveva sentito Sirius per l'ultima volta, cercavano di sentirsi poco per evitare che l'uomo venisse trovato ma tutto quel silenzio iniziava a preoccupare il corvino, nonostante tutto. Era l'unica persona che gli rimaneva della sua famiglia e non aveva intenzione di perderlo.

Ron e Hermione erano felici del rapporto che i due erano riusciti a creare e Sirius li trattava come fossero i suoi due figli. Si vedeva che era contento dell'amicizia che avevano stretto con Harry ed era sicuro che pensava non potesse andargli meglio di così. I suoi due migliori amici erano la cosa migliore che gli fosse mai capitata e lo sapeva bene. Gli doveva tutto quel che poteva. Ma la cosa che Harry non sapeva era che la fine stava arrivando. Il suo crollo — l'ennesimo — era vicino, e che nessuno sarebbe riuscito a prevederlo.

Quella notte, Harry, Ron, Hermione, Ginny, Neville e Luna Lovegood, uscirono dal castello a cavallo di alcuni Testhral per affrontare l'ignoto. Harry aveva visto Sirius intrappolato in una stanza del Ministero, e colui che l'aveva intrappolato era Voldemort. Il corvino non ci aveva pensato due volte a raggiungerlo, solo dopo aver verificato la cosa tornando a Grimmauld Place e chiedendo a Kreacher — l'elfo domestico della famiglia Black — dove si trovasse Sirius, era tornato a Hogwarts con un solo obiettivo: salvarlo.

Ma quella notte accadde l'impensabile. Esisteva una Profezia secondo la quale Harry e il Signore Oscuro non potevano vivere finché uno dei due sopravvive. Lucius Malfoy gli strappò dalle mani quella palla di vetro e Harry, per un momento, in quegli occhi gelidi vide il figlio che gli sorrideva, che lo baciava, che lo toccava. Vide Draco che lo portava sulla Torre di Astronomia con l'intento di sorprenderlo, che lo guidava nella sua Sala Comune per parlare tutta la notte di cose che non avevano nessun senso ma che lo trovavano semplicemente guardandosi negli occhi. E ridendo. Harry, in quel frangente, prese consapevolezza di una cosa terribile, una cosa che non avrebbe mai voluto accadesse ma che solo guardando il temibile Lucius Malfoy, era riuscito a capire.

Quella notte, Sirius morì per salvarlo e il corvino urlò dal grande dolore che quella perdita gli aveva procurato. Era l'unica persona che gli era rimasta della sua famiglia e Harry era riuscito a far morire anche lui.
Tornò a Hogwarts con un vuoto nel petto, l'aria quasi gli mancava dai polmoni e vedeva tutto offuscato a causa delle lacrime che gli avevano bagnato il volto. Una mano di Silente giaceva sulla sua spalla ma era come se non ci fosse, il corvino non la sentiva. L'uomo lo portò nel suo studio e cercò di farlo calmare quanto più possibile prima di spiegargli cosa fosse successo: Voldemort si era preso gioco della sua mente facendogli credere che Sirius fosse in pericolo ma non era stato così. Sirius non era mai stato in pericolo e nel momento in cui Harry era andato a cercarlo, Kreacher si era preso gioco di lui convincendolo che non ci fosse perché gli elfi domestici non devono mai rivelare la posizione del loro padrone. Gli è vietato.
Le lezioni di Occlumanzia con Piton non erano servite a nulla, Harry gli aveva permesso di entrare e di prendersi gioco di lui. Aveva fatto un casino, ancora.

Appena uscito dallo studio del Preside, ad attenderlo c'erano Ron e Hermione e ad un angolo, nascosto nella penombra, c'era Draco. Il volto era diafano e sul suo viso alleggiava un'espressione a dir poco dispiaciuta. Aveva saputo. Non sapeva come e a causa di chi ma aveva saputo.

«Harry» lo chiamò Hermione avvicinandosi piano. «Lo so quello che stai pensando, non è colpa tua».

«Non dirlo, Hermione. Ti prego» soffiò non avendo la forza di alzare particolarmente la voce.

La ragazza sospirò e con lei lo fece anche il rosso che non aveva la minima idea di cosa dire. Consolarlo in quella situazione stava risultando dannatamente difficile. Ma in quel silenzio, una voce prese il sopravvento facendo posare tutti gli sguardi sulla persona che aveva parlato.

«Vieni con me, Potter?» chiese dolcemente Draco avvicinandosi e uscendo dalla penombra. Gli occhi del rosso e della riccia furono improvviso su di lui ma non fecero un passo. Forse era la cosa migliore allontanarsi per un po'. Tornare nella Sala Comune significava affrontare tutte le voci che erano sicuri stessero già girando e dare spiegazioni ma Harry non aveva la forza per farlo. Quindi, davanti a quell'affermazione, annuì. Lanciò uno sguardo di scuse ai suoi due migliori amici e si avvicinò a Draco che lo guidò nel solito posto. Ci erano andati una volta sola, eppure entrambi già sapevano che sarebbe diventato il loro posto, quello sicuro in cui rifugiarsi sempre.

Appena arrivarono, il biondo si girò verso Harry e si guardarono per alcuni istanti prima che il corvino prendesse coraggio e si buttasse fra le sue braccia. Scoppiò a piangere e lasciò che Draco lo stringesse e lo lasciasse sfogare. Sapeva avesse bisogno di quello, in quel momento.

Stettero cosi per minuti interi, fino a quando Harry non si calmò del tutto. Si staccò piano e si asciugò le lacrime con il palmo della mano.

«Grazie» sussurrò con voce spezzata.

«Beh, ti ho scopato, sarei uno stronzo se non mi interessassi del tuo stato d'animo, no?» scherzò il biondo e Harry rise. In mezzo a tutte quelle lacrime e a quell'enorme dolore, rise. E Draco si sentì il cuore esplodere davanti a quella visione perché era riuscito a farlo ridere nonostante tutto quello che avesse passato quella notte.

Passarono tutta la notte ad osservare le stelle, Draco continuava a fare battute su battute senza un filo logico e Harry ridacchiava. Lo stava distraendo e ci stava riuscendo benissimo perché arrivò l'alba e nessuno dei due ebbe voglia di staccarsi da lì. Avevano passato la notte insonne ma non gli importava, non gli importava di nulla.

Harry era quasi del tutto riuscito a dimenticare l'accaduto ma era ben cosciente del fatto che appena si fossero divisi, la realtà sarebbe piombata di nuovo sulle sue spalle facendogliene sentire il peso. Draco era riuscito a farlo allontanare da ciò che lo aspettava una volta riavvicinato e gli era grato per questo.

Draco era l'unico che era riuscito a fargli dimenticare tutto quello che era successo. Era l'unico che era riuscito a farlo ridere. E adesso Harry non era pronto a tornare alla realtà.

Non lo era per niente.

Eclissi di Luna - DrarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora