Uno - L'inizio

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Hogwarts non era mai stata così affollata come quel giorno. Bambini del primo anno, giovani del secondo e ragazzi del terzo, quarto e quinto girovagavano per tutti i corridoi cercando di raggiungere le proprie Sale Comuni nel minor tempo possibile: il Banchetto stava per iniziare e nessuno poteva permettersi di fare tardi, era il primo giorno per tutti.

Harry teneva il passo con Hermione, cercavano di controllare tutta quella confluenza di ragazzi che si ostinavano ad attraversare il Buco del Ritratto a forza pur di non aspettare che la Signora Grassa la smettesse di cantare. Non c'era tempo da perdere.
Il corvino era sicuro che non ricevere quella spilla sarebbe stato decisamente meglio, non era nemmeno iniziato l'anno e lui già non sopportava più di avere addosso tutte quelle responsabilità e sopratutto, non aveva abbastanza pazienza per gestire quel tipo di situazioni.
Stimava Hermione per come fosse in grado di mantenere sempre la calma e il sorriso sulle labbra, non perdeva mai il controllo e mai l'aveva sentita alzare troppo la voce. Lui non era abbastanza paziente per sopportare tutto quello.

Come se tutto ciò non fosse già abbastanza per Harry, non faceva altro che pensare a cosa sarebbe potuto succedere quell'anno. Il primo anno si era ritrovato davanti ad un cane a tre teste noto anche come "Fuffi"; il secondo anno aveva avuto a che fare con un Basilisco; il terzo anno aveva preso conoscenza di un oggetto che non aveva mai visto prima di allora: la Giratempo che gli aveva permesso di salvare Sirius dai Dissennatori e infine, il quarto anno era stato quello più sofferente per lui.
La convinzione che avevano a Hogwarts che era stato lui a mettere il suo nome all'interno di quel Calice, gli provocava un senso di colpa che non meritava di avere addosso, non era stato lui, non era mai stato lui. Ron aveva smesso di parlargli e nessuno dei ragazzi della sua Casa si era mai degnato di rivolgergli la parola. Aveva dovuto affrontare quelle prove tutto da solo, solo con l'aiuto di qualche incantesimo e - a sua detta - di un po' di fortuna.

Quell'anno ormai era passato, quel che era stato era stato e non si poteva fare più nulla per rimediare. L'unica consapevolezza che aveva Harry, era quella di aver perso una persona che lo aveva aiutato tanto durante quel periodo: Cedric. Non faceva altro che colpevolizzarsi, si odiava per quello che aveva provocato. Se solo fosse stato più prudente...

«Ron, forza, andiamo!» lo richiamò Hermione per la millesima volta nel giro di pochi minuti facendo uscire Harry dallo stato di trance in cui era caduto.
La maggior parte dei giovani era tutta uscita dalla Sala Comune per raggiungere il Banchetto che avrebbe avuto inizio da lì a poco.

«Oh andiamo Hermione, stai calma» gongolò il rosso alzandosi dal divano a fatica. «Non c'è fretta».

«Silente inizierà il suo discorso a breve e non possiamo mancare!» lo rimproverò la ragazza fulminandolo con lo sguardo. Ron sbuffò pesantemente e raggiunse il Buco del Ritratto con aria quasi scocciata e a dir poco esausta. Harry trattenne una risatina davanti a quella scena.

*
Il Banchetto fu decisamente uno dei più assurdi a cui Harry, Ron e Hermione avessero mai assistito. Silente aveva dato inizio al suo discorso fino a quando una donna bassa, paffuta, con una faccia da rospo e interamente vestita di rosa lo interruppe tossendo bruscamente. Il corvino la riconobbe all'istante: era la stessa donna che aveva preso parte alla sua udienza e che, all'assoluzione delle sue accuse, aveva votato a suo sfavore. Non avrebbe mai potuto dimenticarsi quella faccia.

Durante tutta la cena, i tre non fecero altro che parlare di lei e di cosa ci facesse una donna del Ministero a Hogwarts. La conclusione venne da Hermione e fu l'unica plausibile fra tutte le ipotesi che erano emerse: il Ministero si intrometteva negli affari di Hogwarts e questo non prometteva nulla di buono.

Quando i tre ritornarono nella Sala Comune, piuttosto di fare ritorno ai loro dormitori e di prepararsi alla giornata che li avrebbe attesi da lì a poche ore, si sedettero sul divano bordeaux posto al centro del salotto e di fronte al camino dentro al quale scoppiettava ancora il fuoco.
Erano soliti farlo durante il periodo scolastico, ci passavano le ore ed era proprio lì che emergevano le cose più assurde. Avevano imparato a conoscersi così, tra uno scoppiettio e l'altro.

«Hai più sentito Krum?» chiese Ron guardando la riccia da sotto le lunghe ciglia rosse. Hermione scosse la testa in risposta non articolando in nessun modo. Non c'era molto da dire: nessuna lettera e nessuna risposta. Ma le andava bene così, non sarebbe mai potuto funzionare.

«Secondo voi cosa cerca Voldemort? Cosa non aveva prima?» chiese poi di punto in bianco Harry facendo calare una certa tensione. Non era mai un buon argomento per nessuno di loro.

«Stai ancora pensando a ciò che ti ha detto Sirius?» sospirò Hermione.

«Non potrà mai essere nulla di così grave. Se ti riguardasse, te lo avrebbero detto. No?» si intromise Ron domandando retoricamente ma Harry sospirò non convinto di quella mezza risposta che il migliore amico gli aveva dato.
C'erano tante cose che non sapeva e nessuno si era mai degnato di dirgliele. Aveva capito che se era interessato a qualcosa, doveva trovarsi le risposte da solo perché pur di proteggerlo, nessuno gli avrebbe mai detto nulla.

Non disse più nulla. Il silenzio calò di nuovo e l'unica cosa udibile in quelle mura era il rumore dei loro pensieri tutti contrastanti tra loro. Nessuno di loro aveva un pensiero comune ed era proprio questo che li univa; non avere nulla in comune ma disposti ad affrontare qualsiasi cosa pur di aiutare l'altro.

Il corvino fu il primo ad alzarsi dal divano intenzionato a chiudersi nel suo dormitorio e cercare di conciliare un po' di sonno prima dell'inizio delle lezioni. Liquidò i due amici con un semplice "buonanotte" e salì le scale fino ad arrivare dentro la sua stanza.

Il problema però non fu spogliarsi e mettersi sotto le coperte, tutto andava bene finché teneva gli occhi chiusi, ma appena riusciva a prendere un po' di sonno immagini su immagini lo invadevano facendolo agitare, sudare e piangere. Aveva visioni, sentiva emozioni e non aveva idea di come riuscire a gestire quella situazione. Aveva bisogno di parlare con qualcuno — e questo lui lo sapeva bene, ma non trovava nessuno che fosse disposto a capirlo senza dargli del pazzo.

La notizia che Voldemort fosse tornato aveva già di per sé un certo peso che era sicuro avesse provocato nelle persone un certo senso di malessere e lui non se la sentiva di parlare con qualcuno per raccontargli ciò che gli stava accadendo. Era un problema in più che non avrebbe fatto altro che agitare ancora di più le acque. Si sarebbe risolto, se ne sarebbero andati. Lui era forte e avrebbe resistito.

Quando si decise a chiudere gli occhi di nuovo, era ormai tarda notte e tutto era silenzioso nella Sala Comune. Harry poteva sentire solo il rumore dei suoi respiri irregolari e dei battiti accelerati del suo cuore. Quella sensazione però lo abbandonò presto, si rilassò improvvisamente e lentamente si addormentò lasciando spazio a quella tranquillità che non riusciva ad avere da ormai notti intere.

Quando si risvegliò però, non si trovò dentro la sua stanza ma bensì all'interno di un ufficio che non aveva mai visto prima di allora. E non era più lui. Il suo corpo non gli apparteneva più e si trovava all'interno di una persona che non era lui. Si muoveva in maniera meccanica, dalla sua bacchetta uscivano incantesimi su incantesimi senza che potesse controllarlo, un senso di soddisfazione interiore lo invase e la consapevolezza che aveva appena ucciso una persona lo pervase facendogli diventare il respiro corto.

Quella persona non era lui. Quel corpo non era il suo. Era di Voldemort e Harry voleva solo che smettesse.

Eclissi di Luna - DrarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora