Trentatré - Tradimento

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Harry non trovò l'aria necessaria per spiegare ai suoi due migliori amici cosa gli stesse frullando per la testa. L'unica cosa che riuscì a fare fu allontanarsi da lì e correre più veloce possibile nella Sala Comune del biondo.

Corse a perdifiato facendo slalom tra i vari studenti che uscivano dalle aule, rischiò anche di cadere un paio di volte ma quando arrivò davanti la Sala Comune di Serpeverde si pentì amaramente della scelta che aveva fatto: qualcosa dentro di lui gli diceva di andarsene e di rifugiarsi più lontano possibile per non tornare più ma qualcos'altro invece lo stava spingendo ad attraversare quel Ritratto perché è lì dietro che avrebbe trovato tutte le risposte alle sue domande.

Temette di dover aspettare ore ma Pansy, seguita da Blaise e Theodore arrivarono prima del previsto. Alla vista, i tre si bloccarono e sbiancarono... ancora. Harry si chiese cosa ci fosse in lui di così tanto brutto da farli spaventare ogni volta in quel modo.

«Come è andata la verifica di Antiche Rune? Sapete... ho saputo che non era tanto facile anzi, era così difficile che il professore ha deciso di metterla proprio nel giorno in cui non c'è nessuna lezione della sua materia. Divertente, non trovate?» scherzò nervosamente incrociando le braccia al petto.

Pansy mandò giù il groppo che gli si era creato in gola. «Potter, giuro, posso spiegarti».

«Non devi spiegarmi niente, Parkinson. Fai spostare questo coso immediatamente e fammi entrare. Ora».

«Potter, te ne pentirai» si intromise Blaise.

«Sta' zitto» sbottò. «Fatemi entrare, adesso».

«Potter-...».

«Apri questo cazzo di ritratto, Parkinson!»

«Okay, okay, va bene!» rispose a tono la ragazza. «Ma non dire che non abbiamo provato ad avvertirti» gli disse prima di superarlo e dire la parola d'ordine che Harry non sentì nemmeno. Che voleva dire? Da cosa doveva avvertirlo? Che stava succedendo dietro quelle mura? «Sali le scale, seconda stanza a destra. È lì».

Il corvino annuì e seguì le indicazioni che la ragazza gli aveva suggerito. Camminò piano senza far rumore fino a quando non vide una porta socchiusa. Era la seconda sulla destra. Era quella.

«Dra-...» si bloccò. Appena arrivò davanti la porta della sua stanza il respiro gli morì in gola. Sentì un suono, una risata ed era una risata femminile. Il cuore prese a battergli all'impazzata mentre osservava la porta socchiusa: se solo si fosse avvicinato avrebbe potuto vedere ciò che stava succedendo in quella stanza.

Con le ginocchia che tremavano e il cuore in gola si avvicinò ancora e guardò. Non avrebbe dovuto farlo.
Draco aveva addosso solo una misera felpa bianca e un paio di boxer, i capelli erano scompigliati e il volto arrossato mentre a cavalcioni su di lui si trovava una donna completamente nuda sopra e con solo delle misere mutandine a coprigli la parte sotto del corpo. Era Astoria. Quella donna era Astoria.
Ciò che però gli provocò una fitta in pieno petto fu la risata di Draco, limpida, pura, una di quelle che aveva sempre e solo riservato a lui.
Il corvino si spostò da lì per poggiarsi alla parete, aveva la sensazione che sarebbe potuto svenire da un momento all'altro. Draco, il suo Draco, in quel momento si trovava al letto con una donna e le condizioni in cui lui si trovava facevano ben intendere la situazione. L'aveva tradito. Aveva toccato un altro corpo che non era il suo. Aveva assaporato altre labbra che non erano le sue. Aveva dedicato quella risata a qualcun altro che non fosse lui.

E spinto da un istinto che non aveva mai sentito prima, diede una leggera spinta alla porta, quel tanto che bastava per aprirla e farsi vedere da Draco. Era poggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate al petto. Voleva far trasparire quanta più rabbia possibile ma l'unica cosa che sentiva era dolore, tristezza e disgusto. Non aveva nemmeno voglia di arrabbiarsi.
Appena Draco lo vide, sbiancò. Si alzò col busto e si tolse la ragazza di dosso. Ma era troppo tardi ormai, Harry aveva già visto tutto e dentro di sé si stava allargando un dolore che non aveva mai sentito prima, era come essere spezzati a metà.

«Harry, ti giuro non è come-...» provò a parlare il biondo ma il corvino lo interruppe. Non voleva sentire niente.

«Vedo che ti diverti» fece un mezzo sorriso amareggiato. «Non pensavo ti piacessero le ragazze... o almeno, non sapevo ti piacessero ancora».

«Harry...» soffiò il suo nome Draco mentre si alzava per andare verso di lui ma Harry arretrò di un passo sciogliendo le braccia.

«Non avvicinarti, Draco. E non toccarmi» lo avvertì. Stava facendo di tutto per risultare forte ma le lacrime stavano salendo. Le poteva sentire. E trattenerle sarebbe stato difficile.

«Perfavore, lasciami solo-...»

«Quante volte è successo?» chiese e vide Draco bloccarsi. Gli occhi si erano spenti e l'unica cosa udibile era il suo respiro.

«Non penso tu lo voglia sapere davvero» rispose e Harry si sentì morire. Era contato così poco per lui?

«Dimmelo» insistette. Sapeva che la risposta gli avrebbe procurato un biglietto di sola andata verso la distruzione ma sentiva il bisogno di saperlo.

Draco scosse leggermente la testa. «Non ti aiuterà a stare meglio».

«Oh adesso ti preoccupi per me?» ringhiò. «Ti stai davvero preoccupando di come potrei stare? Ti ho beccato mezzo nudo con una ragazza altrettanto nuda addosso, pensi davvero di potermi distruggere più di così?» urlò. «Dimmi quante volte è successo. E lo voglio sapere adesso».

«Lo faccio da quando siamo stati al letto insieme».

Si sbagliava. Harry si sbagliava. Saperlo l'aveva distrutto più di quanto lo avesse già fatto poco prima. Un mezzo sorriso amaro si dipinse sul suo volto. Doveva andarsene da lì prima che le lacrime iniziassero a uscire.

«Mi avevi detto che sei stato bene, quella sera, che quello che provavi con me non l'avevi mai provato con nessuno» ricordò con amarezza. «Perché?».

«Perché era vero. È vero» rispose. «Non ti ho detto bugie».

«E guarda fino a dove ti ha spinto la tua "verità"» virgolettò con le dita l'ultima parola.

«Non è stato quello a-...»

«È finita» fu l'unica cosa che Harry riuscì a dire con ancora un po' di resistenza nella voce. Si girò pronto a lasciare quel posto. Aveva sentito abbastanza, adesso l'unica cosa che voleva fare era ritornare nella sua Sala Comune, chiudersi nella sua stanza e piangere fino a finire le lacrime. Si era trattenuto abbastanza.

«No, Harry ti prego, aspetta!» gli andò dietro Draco per qualche metro prima che il corvino si girasse di nuovo e puntasse le sue iridi completamente vuote in quelle sue spente.

«Non cercarmi, Draco. Fai finta che non esista. Sono sicuro che non sarà così difficile per te» e se ne andò. Uscì dal buco del ritratto e corse via. Rientrò nella sua Sala Comune con ormai le guance bagnate. Non era riuscito a trattenersi ancora, era scoppiato a piangere appena aveva messo piede fuori da quel posto. Le mura lo stavano comprimendo, gli impedivano di respirare regolarmente e la gabbia toracica lo stava schiacciando. Si poggiò alla parete e chiuse gli occhi cercando di calmarsi ma non ci riuscì. Altre lacrime gli caddero lungo il viso e il respiro venne sempre meno costringendolo a cadere in ginocchio. E poi il paradiso.
Due braccia gli vennero in soccorso, lo abbracciarono forte e lui strinse ancora continuando a piangere. Si era trattenuto solo per pochi minuti eppure per quante lacrime stavano uscendo, sembrava esser stata un'eternità.

«Harry!» la voce gli mise le mani sul viso e lo scosse leggermente. «Devi respirare o sarà solo peggio... ehi, mi senti? Respira!»

Harry ci provò. Si prese qualche minuto in cui prendeva e buttava fuori l'aria. Ma le lacrime non si erano fermate. Erano lì e aumentavano secondo dopo secondo.

«E-Era con un'altra H-Herm» singhiozzò e sentì la ragazza sospirare pesantemente. Gli asciugò le lacrime e lo guardò compassionevole. «E-Era con Astoria».

Ricordarlo gli fece sentire improvvisamente il peso del mondo sulle spalle. Gli fece ricordare la scena, le parole dei migliori amici di Draco. Avevano ragione, avrebbe dovuto allontanarsi da lì e aspettare che Draco lo raggiungesse, che lo cercasse lui. Aveva ragione Pansy quando gli aveva detto che se ne sarebbe pentito perché l'aveva fatto il secondo dopo che aveva visto quella porta socchiusa.

Hermione lo strinse a sé, più di quanto Harry pensava potesse fare e lo lasciò piangere, sfogarsi, urlare. Gli lasciò fare tutto quello che si sentiva di fare perché era distrutto, stordito, fuori di sé.

E Draco l'avrebbe pagata. L'avrebbe pagata cara.

Eclissi di Luna - DrarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora