18. Can I get it

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Throw me to the water

I don't care how deep or shallow

Because my heart can pound like thunder

And your love, and your love can set me free [...]

You tease me with your control

Because I long to live under your spell

And without your love, I'm hollow

[Adele]

***

Una volta libera dai tacchi, che si preoccupò di gettare senza riguardo in un ripiano libero della scarpiera che fiancheggiava l'ingresso, Camila schizzò sulle scale per il piano superiore. Oh, era furiosa! Quella scenata non aveva motivo di esistere, specialmente nell'incomoda presenza di un appuntamento che nemmeno condividevano! Per quanto essere reclamata in quel modo la gonfiasse di piacevoli illusioni e d'orgoglio, la caparbietà reprimeva ogni pensiero di cedimento a vantaggio di una fuga che le evitasse il confronto più temibile, vulnerabile com'era.

- Camila! -. Lauren quasi inciampò nei suoi stessi piedi, mentre tentava di non perdere terreno nell'inseguimento. – Aspettami, di grazia! -.

Superò con enorme sollievo gli ultimi gradini, ma quando si ricompose, preda di un leggero affanno, per poco non venne investita dalla porta che le si chiuse in faccia. Riaprendola immediatamente, trovò Camila intenta a cambiarsi per la notte. Le sue mani tremanti si affannavano sui minuscoli bottoni finali della camiciola. Essa creava un elegante contrasto con il nero lucido della giacca scollata e armonizzava deliziosamente con la geometria delicata delle clavicole in rilievo e l'incavo sexy in cui esse si incontravano, baciando lo sterno.

- Chiudiamola qui. Non voglio nemmeno iniziare a intossicarmi. Dormi dove cazzo ti pare ma non rivolgermi la parola -.

Lauren si affrettò a trattenerla per un braccio, prima che scivolasse in bagno. Non indossava ancora il pigiama, ma quella vestaglia leggerissima che, discinta, la copriva a malapena sui seni liberi, pareva il dettaglio più insignificante e tentatore di un litigio di coppia in piena regola. Ingoiò a vuoto, alla ricerca delle parole più adatte con cui scusarsi e che non attingessero dalla sfera di un desiderio remoto.

- So che avrei dovuto farmi viva prima. Mi... -.

- No. Non avresti proprio dovuto; non con altre priorità in mezzo -.

Un lampo di dolore attraversò le iridi di Camila, l'attimo in cui s'immaginò il volto ignoto di un'amante regolare. Oh, perché doveva essere tanto arduo pure nella semplicità? Perché il loro rapporto si complicava, anziché distendersi? Dove diavolo era finita la concordia con cui lo avevano costruito?

- Sei tu la mia priorità, perché sei tu che mi custodisci -.

- Ma non dire puttanate, Lauren. Tu scopi chi pare a te e io faccio altrettanto. Patti chiari, amicizia lunga. Non è ciò che abbiamo deciso? -. Il suo cuore si contrasse in un tuffo di protesta. Tu vuoi un'esclusività che non ti spetta, corresse. Non solo vuoi rotolartici a letto, ma vuoi anche che sia totalmente, disperatamente immersa in te e devota a te soltanto. Come puoi trarre beneficio da tutta questa sofferenza? Dille pure che vorresti essere sua, solo sua, più di ogni altra cosa al mondo. Poi però, bada di andartene. Abbiamo di meglio da fare, qui, che ammalarci. – Mollami – sentenziò, liberandosi con uno strattone.

***

Quella notte, Lauren aveva dormito (per modo di dire) con gli occhi fissi sulla schiena raccolta in pizzo al letto, il più possibile distante. Odiava, in seguito a un aspro alterco, dover combattere la voglia di stringerla tra le braccia in un silenzioso struggimento: avesse azzardato il contatto più insignificante, avrebbe ravvivato irrimediabilmente la fiamma della collera. Ancora più del fremito che l'attanagliava, in mancanza di un contatto, mal sopportava quello sguardo di veemente delusione con cui ella la trapassava, ogniqualvolta litigassero; non per la delusione in sé, ma perché l'affetto usuale pareva svanire del tutto. Era in tali momenti che credeva davvero di non conoscerla più, di non averla mai conosciuta; e dunque rabbrividiva nel puro terrore, le voltava le spalle e si abbarbicava al guanciale, quasi stralunata.

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