43. Rocket

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Your love feels like all four seasons growing inside me

Life has a reason, swimming in my love, your love lifting

Higher, harder

[Beyoncé]

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TW: questo capitolo contiene pressoché solo smut, dunque non è nemmeno funzionale al filo logico della storia. Chi preferisce saltare può passare direttamente all'epilogo.

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San Andrés, Colombia

L'estate precedente


Tutto, su quell'isoletta deliziosa a nord-est della Costa Rica, collocata nella dolce ansa che il mare dei Caraibi formava, tra Panama e il Nicaragua, richiamava i ricordi del viaggio di nozze ufficiale e li sostituiva prepotentemente uno a uno, portando i colori dell'iride sul bianco e nero della traversata atlantica che avevano affrontato nella reciproca uggia.

Per quella lunga, lunghissima vacanza, che in verità assomigliava alquanto a un ritiro temporaneo dalla frettolosa quotidianità, avevano affittato un bungalow in riva all'oceano, provvisto di una recinzione di alte siepi che compensasse la mancanza di filtri delle vetrate che davano sulla piccola piscina esterna.

Una spiaggetta poco frequentata, a dir poco eburnea nelle sue componenti, insieme a tonnellate e tonnellate di acqua salata, completava la bolla di isolamento in cui avevano trovato rifugio.

- Niente telefoni – aveva pattuito Camila, indicando la destinazione sullo schermo del computer con malcelato entusiasmo. – Soltanto tu ed io, e una luna di miele da riscrivere. Ti va? -.

Lauren, che aveva assentito con occhi brillanti, e per la prospettiva allettante, e per la donna che la scrutava con altrettanta gioia, ora si crogiolava beatamente al sole, cullata dalla risacca sinfonica delle onde; un cappello di paglia a protezione della testa, un sorriso pago a decorare le labbra chiuse.

Era trascorsa soltanto una settimana, ma era bastata a far occorrere il miracolo: sulle sue gambe toniche, infatti, cominciava a intravedersi una leggera abbronzatura.

Distendendosi al suo fianco, grondante di acqua dalla chioma e dal corpo, striminzita in un bikini di colore nero, Camila assestò una sonora pacca sulla sua natica di sinistra.

- Ehilà, bellezza. Da quale pianeta sei precipitata? Venere? – la abbordò giocosamente, parlandole da sopra la spalla, dove depose un bacio al sale. Quindi si sdraiò di trasverso sulla sua schiena rovente.

In risposta, - Sei fortunata che non abbia la minima intenzione di alzarmi – grugnì ella. - Altrimenti ti converrebbe iniziare a correre e ti assicuro che non ti basterebbe arrivare in capo al mondo -.

- Anche se fosse? Non scapperei nemmeno se mi pagassero. Con quello che mi sei costata, Lo -.

La cubana proseguì a tracciare la linea arcuata del suo fianco destro: sgranò le costole che riusciva a individuare, sotto le dita, e si avventurò dove la carne si faceva più morbida, più arrendevole, suscettibile alle emozioni. Dentro di sé, prepotente era il desiderio di tracciare una mappa sensoriale di lei, di modo da rafforzare indissolubilmente il culto e la cultura che già possedeva circa le sue imperfezioni cutanee, le sue reazioni fisiche, le declinazioni ritmiche del suo respiro, il grado di pesantezza dei suoi passi, i piccoli, impercettibili movimenti che erano viziati dal nervosismo e si ripetevano ciclicamente, e tanto, tantissimo altro.

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