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Il Mondo tratteneva il respiro. Gli occhi puntati sulle porte del palazzo come fossero i cancelli del paradiso... o dell'inferno, dipendeva da chi avrebbe varcato la soglia ancora sulle sue gambe.

Camila sospirò. Il suo eco riecheggiava fra le immense pareti, risvegliando ogni stanza del palazzo. Le porte sigillate attendevano solamente di essere schiuse su un Mondo diverso. Un Mondo sicuramene da ricostruire, ma ancora in tempo a essere salvato.

L'eco sordo dei passi rimbalzava fino al soffitto. Tirò la leva collegata al sistema automatico di apertura. Si posizionò al centro, deglutendo. Un boato squarciò il silenzio del Mondo; il primo vagito di una nuova era. Camila si impegnò per apparire il più imperiosa possibile, ma sulle sue spalle gravava non solo il peso del futuro, anche il nome di chi non lo avrebbe avuto. Doveva rendere onore ai caduti e giustizia ai sopravvissuti, ma era una sola.

Il Mondo non si fece attendere. Uno stuolo di soldati e ribelli si era radunato di fronte al palazzo. Dimentichi della lotta, interrogavano il loro destino. I raggi di Sole irrorarono la figura esile della ragazza. L'alba del nuovo giorno aveva ribaltato le sorti del Mondo. I ribelli sorrisero, ma non esultarono; i soldati accanto a loro non avevano perso da soli, adesso erano tutti fratelli e sarebbero stati seppelliti sulla stessa terra. Avevano lottato per questo.

Camila scese lentamente i gradini, tenendo il mento alto verso il cielo, verso coloro che avevano perso la vita per permettere ad altri di viverla dignitosamente. Un ragazzo fu il primo ad inchinarsi, seguito da tutti gli altri, indipendentemente dal colore delle divise; ora erano tutti uguali sotto lo stesso colore: il rosso, rosso come il sangue versato e come il sangue che li univa. In vita e in morte.

Camila liberò i cancelli principali dalle catene. Un ribelle le andò incontro. Lo aveva riconosciuto; era uno fra quei volti sconosciuti che tempo addietro avevano votato per non ammetterla fra le loro schiere. Camila poggiò una mano sulla sua spalla. Tutti dimenticato: «Devo andare al quartiere generale, subito.»

«Ma... Gli uomini attendono un discorso...» Soggiunse esitante.

«Lo avranno, ma dovranno attendere ancora. Prima devo andare a casa.» Il suo sguardo non ammetteva repliche; non era l'autorità ad averle dato alla testa, bensì la paura.

Il Re era morto, il suo regno del terminato, ma non il terrore. Il suo fantasma ne spargeva ancora come polvere dopo la lotta. Doveva tornare subito al centro di controllo, assicurarsi Lauren stesse bene, poi avrebbe fatto tutto il resto. Aveva dato la vita per quella causa, in cambio chiedeva solo due minuti.

Camila osservava lo scenario scorrere fuori dal finestrino. Avrebbero impiegato qualche anno per riportare a nuovo la città, per coprire tutte le ferite scavate a cielo aperto. I volti logori e sporchi cercavano di scorgere attraverso il riflesso i suoi occhi; volevano ringraziarla, ma avevano anime troppe strappate per intingersi di gratitudine. Camila li capiva. Nessuno si sarebbe mai pentito, ma nessuno avrebbe mai dimenticato. Tantomeno lei.

Mentre transitavano davanti ad una tenda di primo soccorso, Camila intravide Dinah e chiede all'auto di fermarsi. La ragazza era malconcia, ma si reggeva in piedi da sola e soprattutto aveva recuperato appetito. I loro occhi si trovarono mentre Camila la raggiungeva. Dinah fece qualcosa che la ragazza non avrebbe mai immaginato: aprì la braccia e l'accolse in un abbraccio. Non dissero niente, si strinsero e basta. La guerra era finita per tutti, anche nel cuore di Dinah. Ora Normani aveva trovato riposo e Dinah percepiva il suo spirito essere di nuovo solo suo.

«Andiamo a casa. Hanno bisogno di noi.» Disse Camila guardandola negli occhi, lasciando trasparire la sua angoscia. Dinah aggrottò le sopracciglia e annuì, seguendola.



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