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La strada di casa la si ritrova sempre. Qualcuno lo diceva, lo ricordava, ma chiunque trovasse conforto in quelle parole, non aveva mai conosciuto il dolore di voler scappare per sempre.

Lei lo aveva fatto. Aveva conosciuto quel dolore ed era anche scappata. Ma non per sempre. Sapeva, dal primo momento che aveva camminato fuori dalle mura del palazzo, di dover tornare. Solo così poteva chiudere il cerchio.

E il cerchio, adesso, non era più grande di un cappio, ma indovinare chi avrebbe stretto il nodo era la vera scommessa.

I sotterranei si diramavano a grappolo, ma ogni tentacolo conduceva ad una sorte diversa. Il Re aveva pensato bene di dotare i corridoi di trappole e vicoli ciechi, stordendo dei possibili invasori. Camila, però, aveva con sé la mappa di Shawn, l'unica salvezza in quell'intrigo di morte.

Non sapeva da quanto stesse camminando, ma si voltava indietro non riconosceva già più da dove avesse iniziato, il che era un bene per il suo obiettivo, ma un male per i suoi timori. In fondo era nata per essere una Regina, aveva lottato per dimostrarsi una ribelle, ma quando si guardava allo specchio vedeva una ragazza. Non c'era corona o arco che tenesse: aveva ancora l'età per sognare, invece nessuno le aveva insegnato a farlo. C'era buio nelle sue fantasie e c'era buio nel Mondo.

C'era buio anche nei corridoi che stava perlustrando a tappeto, ma la piccola torcia legata alla sua cintura gettava un fascio di luce sufficiente per proseguire. I passi risuonavano come echi lontani, l'accompagnavano nel rullio del cuore. Tutto rimbombava, fuori e dentro.

Svoltò l'ennesimo angolo, ma invece di trovare un altro corridoio da setacciare, si materializzò una gradinata sotto il suo naso. Camila inspirò profondamente. Da qui la mappa non serviva più; sapeva come orientarsi in casa sua.

Prima di incamminarsi, sfregò un fiammifero e bruciò la mappa. Non sarebbe tornata da quella parte. Viva o morta, sarebbe uscita dalla porta principale in ogni caso. Lanciò lo sguardo verso la cima e avanzò il primo passo per raggiungerla.

Mentre percorreva gli scalini, ricordava quanto paradossale fosse compiere gli ultimi passi nel sottosuolo, proprio dove sua sorella era stata reclusa per anni; paradossale che le due figlie del Re si ritrovassero lì, spiritualmente, come unica minaccia al suo impero. Sua madre sarebbe stata fiera di loro. Non aveva mai avuto il coraggio di chiedere quale destino fosse toccato a lei, ma adesso sentiva che, dovunque fosse, ora erano insieme per un'ultima volta.

Aveva salito gradini più alti e fronteggiato occhi più spietati sul limitare di altre scale, ma ora, trovandosi di fronte ad una porta, stava per affrontare l'ultimo nemico e il più grande che conoscesse: se stessa.

Abbassò la maniglia trattenendo il fiato, ignara di dove affacciasse quell'uscio sull'inferno. La prima cosa ad accecarla fu l'oro. Per un attimo rimase esterrefatta; aveva trascorso talmente tanto tempo lontano da casa da sentirsi una turista nelle sue stanza. Fu solo un istante però, perché i ricordi tradivano lo stupore. In quella sala era cresciuta, aveva giocato con sua sorella e abbracciato sua madre. Tutto quell'oro non era una novità, era solo una vita a cui aveva preso parte ma di cui non custodiva più niente.

Se prima giocava in quella sala, adesso non scherzava più, e l'arco incoccato ne era una prima prova. Si addentrò cauta, ispezionando ogni angolo con la punta della freccia. Osservava i suoi ricordi sfrecciarle al di là della punta: frugare nella memoria con il ferro era l'unico metodo da lei conosciuto.

Si ritrovò a vagare per il corridoio rosso, il suo preferito, ma adesso il rosso non le ricordava più il tramonto bensì il sangue, quello sulle sue mani, su i suoi amici, sulla sua pelle. Il blu era sempre il cielo, ma il cielo ora era una tomba. Il giallo non accendeva nessun sole, ma pizzicava come sabbia sulla pelle. Il verde non ricordava alcun giardino che non fosse bruciato sotto il fuoco della guerra.

Opposite SidesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora