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Il giorno era volto a termine. L'ombra della notte agitava maggiormente i prigionieri, ma anche le loro utopie di fuga vennero assopite dal sonno. Camila aveva scambiato il turno di guardia con uno dei ragazzi e si era accertata che tutti dormissero prima di agire.

Shawn riposava chino contro lo schienale di legno, accartocciato come una lattina piegata in due, schiacciato dalla stanchezza con la medesima forza. Camila fece ciondolare il capo su una spalla. Mentre tutti credevano che sorvegliasse, spiava. C'era una sottile differenza e tutti i suoi piani si originavano in quello spazio impercettibile. Tutto taceva, tranne il suo cuore.

Un'ultima occhiata e si alzò dalla sedia. Una sensazione familiare le aggredì lo stomaco: stava per varcare un altro confine, danneggiare un altro muro, minacciare un altro regno, solo che stavolta era quello che aveva scelto.

A passo svelto, ma furtivo, si approssimò a Shawn. Dormiva profondamente, quasi indifferente alla sua sorte se doveva compiersi nel sonno. Camila si accovacciò all'altezza della sua testa pencolante. Quando era piccola, Shawn si inginocchiava sempre per farla salire sull'albero del giardino; adesso era a lei a tenergli i piedi, ma per slegarglieli. Un soldato si sarebbe destato subito, invece Shawn impiegò qualche secondo in più per riaversi. Le pupille si dilatarono colpite dal luccichio del coltello, ma la mano disarmata di Camila soffocò un grido sul nascere. Portò l'indice alla bocca, ma la lama seghettata non restrinse le orbite strabuzzate del ragazzo. Camila si mosse lentamente. Mostrò il coltello e come lo riponeva in tasca. Gli occhi di Shawn, al contrario, si muovevano a scatti, tentando di cogliere uno scopo nelle sue azioni. Tenne le sue braccia legate mentre lo strattonava per alzarsi. Lui fece resistenza. Camila picchiettò sulla tasca dove giaceva l'arma e il ragazzo obbedì controvoglia ai suoi ordini. Lo condusse prima in una stanza, poi in un'altra e infine fuori dall'edificio, sul retro. Shawn riprese aria, letteralmente. Camila non fu da meno.

Prima che la malsana idea di fuggire gli balenasse nella testa, Camila si sfilò il passamontagna, voltandosi verso di lui. Adesso, tutta l'aria della notte si era fatta sabbia, sabbia che nei suoi polmoni si rovesciava come in una clessidra: restavano solo pochi attimi per avere ancora affetto per il ricordo.

«No...» Scosse flebilmente la testa, ma il tono spettrale confermava ciò che il cuore ancora negava.

Camila abbassò la testa. Non aveva niente da dire in sua difesa e nemmeno era lì per difendersi. Il suo silenzio, più di qualsiasi sparatoria, era un fuoco incrociato in cui entrambi sparavano da parti opposte, mirando a fantasmi con i loro volti ma con niente in comune alle persone che adesso erano; si odiavano, ma non potevano uccidersi.

«Tu non puoi... Dio.» Si morse il labbro per respingere le lacrime; le diede le spalle per non condividerle. Camila ricacciò un singhiozzo, ma permise ad una lacrima di rigarle il viso.

Non erano più amici, si erano sparati addosso tutto il pomeriggio, ma piangevano ancora l'uno per l'altro.

«Mi dispiace.» Farfugliò sottovoce, ma sapeva di aver appena sparato un altro proiettile. Come poteva, davanti a tutto quel dolore, a quell'immensa delusione pronunciare solo delle aride scuse? E la cosa peggiore era che non aveva altro da offrigli. Shawn si infuriò proprio perché lo sapeva.

Si voltò di scatto, ammezzò la distanza fra loro fronteggiandola a muso duro: «Ti dispiace?» Le labbra storpiate ricordavano l'espressione di tanti anni fa, quando per la prima volta aveva assaggiato una mela acerba. «Ma che cazzo credi di fare? Prima scappi dal castello, da tuo padre, dai tuoi amici! E poi ci punti un fucile contro?! Ma che cazzo ti dice il cervello?!»

«Lo so che non lo capisci.» Non riusciva a sostenere il suo sguardo; era lo specchio di tutto ciò che aveva sacrificato per essere lì, e non tutto, purtroppo, era da condannare, ma quando aveva fatto la sua scelta, aveva messo in conto anche quello.

Opposite SidesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora