Malec's Anatomy

Capitolo 15: Take a breath

Alec si sentì travolgere dal panico e se Magnus non lo avesse sorretto sarebbe caduto a terra come una pera cotta. Aveva sempre saputo che quella era un'eventualità del lavoro di Jace, era stato il motivo principale per cui Alec non voleva che Jace facesse quel lavoro. Ma poi gli anni erano passati e, per una buona dose di culo più che per vere e proprie sue abilità, o almeno così pensava Alec, Jace se l'era sempre cavata. Certo, la paura non era mai andata via, era sempre stata lì, come la morsa di un pitone che ti stringe quando più ti agiti. Ma Alec aveva cominciato quasi a sperare che la buona stella di Jace non lo avrebbe abbandonato mai, che nonostante il fratello si andasse sempre ad infilare nelle situazioni più disperate potesse ritornare sempre sano e salvo a casa.

Come un automa si diresse verso il pronto soccorso dove regnava il più completo caos.

«Che è successo?» Magnus si guardò attorno confuso. Aveva lasciato il pronto soccorso nemmeno venti minuti prima e tutto era in perfetto ordine. Ora invece c'era il caos: medici e infermieri che correvano da un letto ad un altro, paramedici che portavano pazienti su barelle una dietro l'altra, Ragnor che sbraitava ordini un po' a tutti.

«Magnus!» Magnus si sentì strattonare e quando si girò per vedere chi gli avesse stretto la spalla si trovò davanti al padre.

«Papà che è successo?»

«Porta Lightwood lontano da qui.» Asmodeo indicò Alec che si guardava attorno con occhi sgranati. Magnus scosse il capo.

«Se volevi tenerlo all'oscuro del fatto che hanno sparato al fratello è tardi.» Esclamò Magnus che stringeva spasmodicamente la mano del ragazzo che cercava di spingerlo a muoversi ma, al tempo stesso, non aveva il coraggio di mollare la presa.

«Dannazione. Avevo detto che non ne venisse informato.»

Alec si girò per lanciare a Magnus un'occhiataccia perché improvvisamente aveva smesso di muoversi.

«Capo, capo dov'è mio...»

«Tuo fratello è in sala traumi uno. Ascoltate...» Asmodeo alternò lo sguardo dal figlio al ragazzo. «... c'è stata una sparatoria in una scuola. Un pazzo ha aperto il fuoco sugli studenti e sugli insegnanti. Ci sono almeno una ventina di vittime.»

«Come sta Jace?» Urlò Alec con voce isterica. Sapeva di essere egoista a pensare alla vita di un singolo individuo quando c'erano state così tante vittime e forse anche più feriti. Ma quello era suo fratello, il suo parabatai.

«Ha due ferite da arma da fuoco, una all'avambraccio destro e una alla gamba sinistra. Nelson gli sta facendo le RX.»

«Dottor Bane, la prego...»

«Alec! Alec!» Alec si girò e fu subito investito da una fiammata rossa.

«C-Clary.» Clary, la ragazza di Jace, lo stava stringendo stretto e, anche se era piccolina e minuta, lo stava stringendo con una forza dirompente.

«Ho visto la notizia al telegiornale e poi mi hanno chiamato dalla centrale. Alec, dov'è Jace? E' vivo? Ti prego dimmi che è vivo perché devo ucciderlo con le mie stesse mani.» Clary si staccò da Alec quel tanto che bastava per poter guardare l'amico negli occhi. Clary era il tipo di ragazza che Alec non avrebbe mai detto che sarebbe potuto piacere a Jace. Di solito uno guardava Jace, bello come il sole, e si aspettava di trovare al suo fianco una modella da riviste patinate. Invece Clary era la classica ragazza acqua e sapone, con lunghi capelli rossi acconciati un po' come capitava o con delle alte code di cavallo o con delle treccine alla Pippi Calzelunghe. Aveva una pelle molto chiara e disseminata di tante piccole lentiggini, soprattutto sugli zigomi. Ma, pensava Alec, erano stati probabilmente gli occhi di Clary a colpire Jace: due pozze verde smeraldo cariche di determinazione e forza. Perché Clary poteva anche apparire minuta e piccolina, ma era sicuramente una delle persone più forti che Alec conosceva, seconda forse solo a sua sorella Isabelle, perché nessuno, secondo Alec, aveva la forza di sua sorella.