Capitolo 53: The fear of losing everything

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«S-Signor Lightwood!»

Davanti a Dean c'era il padre di Alec, impeccabile nel suo completo nero.

Dean non era un fifone, certo non era un cuor di leone che avrebbe lottato a mani nude contro una tigre, ma non era nemmeno uno che indietreggiava dinanzi ad un uomo. Eppure quando vide gli occhi neri come l'onice del signor Lightwood, Dean sentì un brivido di paura percorrergli la schiena. Aveva visto quell'uomo dare uno schiaffo al proprio figlio davanti all'intero personale del pronto soccorso e pazienti e aveva visto quanto potessero essere cattive quelle due pozze nere. Eppure, in quel momento, non c'era solo cattiveria nello sguardo di Robert Lightwood. C'era un velo di pazzia e dove c'era la pazzia potevano accadere brutte e terribili cose.

Il signor Lightwood guardò a lungo Dean, come se stesse cercando di ricordare dove lo avesse visto e nei suoi occhi si accese una piccola, momentanea, luce quando effettivamente ricordò.

«Tu sei un amico di mio figlio.»

Dean tremò. Anche il tono dell'uomo aveva un velo di follia, gli ricordava molto il Joker di Jack Nicholson dell'unico Batman che il suo coinquilino del college lo aveva costretto a guardare. Avrebbe voluto negare perché quell'uomo lo stava spaventando, e non poco, ma aveva poco senso dato che lo aveva già chiamato per cognome.

«S-sta cercando Alec?»

«Ed era anche uno dei medici in sala operatoria con la mia Maryse.»

Dean fece un passo indietro in modo tale da potersi sottrarre alla vista della fotocellula e far chiudere le porte di quell'ascensore che gli sembrava essere improvvisamente diventato più spaventoso della camera stregata di un Luna Park.

Accadde tutto molto velocemente, così velocemente che Dean non sarebbe mai stato completamente in grado di ricostruire l'effettiva dinamica dei fatti.

Lui era indietreggiato, le porte dell'ascensore stavano per chiudersi e Robert Lightwood aveva estratto una pistola.

Dean si era sempre chiesto cosa provassero le persone che venivano ferite da un'arma da fuoco, ma non avrebbe mai voluto conoscere veramente la risposta.

Sentivi un improvviso pizzico poi un dolore talmente lancinante che sembrava come se tutte le sue membra avessero preso fuoco. Poi il dolore, dopo aver raggiunto il picco, si attenuava, tutto si ovattava, il suo intero corpo cominciava a formicolare man mano che il sangue fluiva via dalla ferita.

Dopo un'improvvisa scarica di adrenalina, Dean si sentiva sempre più debole, sempre meno conscio del mondo attorno a lui.

L'ultima cosa che vide, o credette di vedere, prima di chiudere gli occhi fu un cielo azzurro... o forse erano gli occhi di Will... o forse erano solo le nuvole del Paradiso che lo stavano accogliendo come nuova anima.

* * *

«Come sarebbe a dire che Tessa vuole la sala operatoria?»

«Beh, ha una bambina in appendicite acuta e...»

«E mi spieghi io dove dovrei ficcarlo il ferito d'arma da fuoco?»

Magnus alzò lo sguardo verso Ragnor. Odiava tutta quella roba amministrativa e organizzativa. Non avrebbe mai ambito alla posizione del padre e sperava che suo padre sarebbe andato in pensione sufficientemente avanti con l'età in modo da permettere ad Alec di crescere e maturare a sufficienza da lasciare tutto a lui. A lui piaceva solo operare, solo rendere belle le cose brutte. Non voleva fare il dirigente del traffico delle sale operatorie!

«Sai come si sarebbe potuto risolvere questo gran casino?»

«Oddio, Ragnor! Non ricominciare. Papà ha già detto che costruirà altre due sale operatorie ma sai bene che due sale operatorie in più significano macchinari in più, personale in più e tutto in più. Ha detto che le farà costruire e lo farà. Sto facendo tette e culi finti per questo!»

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