Capitolo 32: The beginning of the nightmare

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Alec pensò che il karma era qualcosa di profondamente schifoso!

Un attimo prima toccava il cielo con un dito, stringeva tra le braccia il suo secondogenito e, l'attimo dopo, era sprofondato nel più profondo dei baratri.

Magnus avrebbe voluto accompagnarlo ma, ad un'occhiata di Alec, aveva capito che non era sicuramente una buona idea.

Anche Alec lo avrebbe voluto con sé, ma non sarebbe stato possibile.

Prese la sua moto che, ormai, usava rare volte visto che non era indicata per portare un bambino di sei anni con sé, o un padre che rifiutava di mettere il casco perché sennò mi si rovina l'acconciatura. Ma non poteva presentarsi a casa di Jace con la macchina italiana di Magnus. Raggiunto il palazzo dove Jace abitava con Clary, Alec parcheggiò la moto e, una volta sceso, si tolse il casco dirigendosi all'ingresso del palazzo. Il portiere lo salutò con un cenno del capo, ormai lo vedeva spesso quando passava a prendere Rafael quando spettava a Clary fargli da babysitter.

Una volta fuori dalla porta di casa di Jace prese un profondo respiro prima di suonare il campanello. Dopo pochi minuti Clary venne ad aprire la porta.

«Ehi, Magnus ci ha detto di...»

«Cosa vogliono? Perché sono qui?» Alec interruppe Clary che cercava di sorridergli incoraggiante pensando alla lieta novella che Magnus aveva comunicato a tutti loro non meno di venti minuti prima.

«Non lo hanno ancora detto. Hanno solo cercato di contattare te, ma devono aver usato il tuo vecchio numero. Da quanto non lo controlli?» In realtà Alec, da quando era con Magnus, si era completamente dimenticato del suo vecchio numero la cui scheda era forse scaduta in un vecchio cellulare. Arrivato a New York aveva cambiato numero in modo da poter ricominciare una nuova vita e, soprattutto, in modo che non sbagliasse mai ad inviare certi messaggi ai genitori.

Alec entrò in casa di suo fratello e subito venne investito dall'odore secco della colonia del padre, un odore che ad Alec faceva sempre venire il voltastomaco anche se non fosse poi così spiacevole.

Seguì Clary nell'ampio salone che era pieno di schizzi di disegni, evidentemente la ragazza stava lavorando a qualche progetto quando si era ritrovata in casa i signori Lightwood. Ma, nonostante il forte odore di colore fresco, l'odore di colonia non spariva.

«Alexander, finalmente ti sei degnato.» Alec sentì un macigno nello stomaco nel momento in cui sentì quella voce.

Mirtillo. Doveva pensare alla bella notizia che finalmente Mirtillo era loro. E non solo... Magnus lo aveva addirittura chiamato come il suo fratellino ormai morto e, finalmente, dopo tanti anni quel nome non gli procurava più così tanto dolore. Doveva pensare a quello. Doveva pensare al suo mirtillo, alla sua scimmietta e a Magnus che gli aveva promesso di festeggiare alla grande quella sera.

Alec guardò il padre, seduto sul divano sgangherato di Clary e Jace che sembrava essere così fuori posto con il suo completo elegante, la cravatta bene annodata al collo e l'orologio d'oro al polso. Lo sguardo di Alec vagò ulteriormente nella sala alla ricerca della madre, ma non ne vide traccia.

«E-ero in sala operatoria. S-sono v-venuto appena ho finito.» Balbettò Alec che tornò a guardare il padre nervosamente.

«Vedo che balbetti ancora come un ragazzino.» Ribatté severamente l'uomo scuotendo il capo. Alec non rispose, si limitò solo a stringere di più i pugni.

«D-dov'è la mamma?» Chiese invece per cercare di sviare il discorso da sé.

«L'ho fatta tornare in albergo, era piuttosto stanca. Il viaggio l'ha provata molto.» Tipico di suo padre. Decidere sempre per tutti. Era lui che decideva se dovevi smettere o meno di leggere il libro che tanto ti appassionava. Era lui a decidere se era o meno il momento di andare a letto e di spegnere la luce. Era lui a decidere se eri o meno stanca.

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