Capitolo 7 - Lucilla

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«Non mi hai ancora raccontato come è andato il tuo primo giorno di scuola» mi dice mia madre.

È in cucina e sorseggia una spremuta di arancia.

Mi avvicino all'angolo dell'isola sul quale è stata installata la macchina del caffè e spingo il pulsante dell'espresso doppio. La luce è troppo forte all'interno della stanza e mi costringe a socchiudere gli occhi.

Come previsto è stata una nottata terribile. Non ho dormito per niente, i miei pensieri si sono tutti aggrovigliati attorno alla visione di ieri notte e a quel ragazzo che ho sognato per la seconda volta.

Mi volto a guardare mia madre dopo il primo sorso di caffè bollente.

«Signorina, le sembra questa l'ora tornare a casa? In punizione!» la rimprovero con un finto tono di voce duro, agitando l'indice contro di lei. L'ho sentita rientrare poco più di due ore fa e le sue occhiaie parlano chiaro sul suo bisogno di recuperare diverse ore di sonno.

«Ehm, in teoria sarei io il genitore qui» bofonchia lei, agitandosi sullo sgabello sul quale è seduta, «e poi lo sai che i primi giorni nel nuovo laboratorio sono sempre i più duri».

«Lo so, lo so» ammetto, bevendo ancora e sperando che la caffeina faccia immediatamente l'effetto sperato. È l'unico modo per affrontare il secondo giorno alla Grand Chilton.

«Comunque, è andata bene, ho avuto molti primi giorni peggiori di questo... spero che questo sia l'ultimo però» continuo e con una mano mi ravvio i boccoli castani che oggi ho deciso di lasciar sciolti. Ho ancora il maledetto nastro per capelli nella tasca della giacca appesa all'attaccapanni dell'ingresso e non ho intenzione di indossarlo di nuovo.

Profilo basso, Nina, ricordatelo.

Mia madre mi guarda senza dire nulla, come se avesse bisogno di qualche secondo in più per processare quel tipo di informazione.

«Nina, cos'è quel segno sul braccio?» mi chiede poi in tono preoccupato.

Sussulto quando me lo fa notare.

Sollevo il braccio in questione e lo guardo. Il segno delle dita che ieri notte lo hanno stretto forte è ancora lì. La pelle è rossa e gonfia, come in una sorta di bruciatura. Il dolore è minimo e lo avverto solo quando sfioro l'escoriazione con le dita. Deglutisco, e so che quello è un segno.

Non è tutto nella mia testa.

Non è stato solo un sogno.

Scuoto la testa, sforzandomi di mantenere la calma. So che c'è una spiegazione razionale a tutto questo. Deve esserci.

«Mi sono bruciata mentre preparavo la cena, tutto qui» dico velocemente, cercando la mia borsa a tracolla di cuoio al cui interno ho già preparato tutti i libri che mi servono per affrontare la giornata. Ho due ore di matematica, una di storia, due di letteratura e l'ultima di trigonometria, con il professor Ensley. Il pensiero di rivedere faccia d'angelo è l'unica cosa che mi fa sperare di poter avere una giornata decente.

«Che disastro. Mi sono ripromessa di passare più tempo con te e invece eccomi qui, a lasciare che la mia piccola si bruci mentre cerca di prepararsi qualcosa da mangiare...sono una madre orribile» mugugna lei, coprendosi il volto con le mani.

Ci risiamo, penso.

«Mamma, ho quasi sedici anni...so badare a me stessa» la rassicuro, avvicinandomi e accarezzandole la testa.

«Cosa farei senza di te. Quelle fettuccine alle tre di notte mi hanno salvato, stavo morendo di fame. Ora andiamo, ho chiamato un taxi».

Scuoto la testa, alzando un sopracciglio.

Dark Academy - L'accademia oscuraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora