Questa storia parte da qui, dal mio nuovo inizio.
Ho bisogno di sfogarmi, quindi scrivere di quello che mi accade in queste pagine potrà aiutarmi a vedere le cose da una prospettiva diversa.
Forse.
Sarà difficile adattarmi alla Grand Chilton, uno dei collegi privati più rigidi della Scozia e probabilmente di tutta l'Europa.
Le tante sfortune dell'avere una candidata premio Nobel per la scienza come madre, è che spesso si è costretti a emigrare in posti assurdi e dimenticati dal mondo. Come il nord della Scozia, appunto. Per non parlare di tutti gli amici a cui ho dovuto dire addio nel corso degli anni. Alcuni sono rimasti, come Alina, per esempio. I suoi messaggi quotidiani sono la mia salvezza.
«Vedrai, ti farai un sacco di amici nella tua nuova scuola» mi dice mia madre, mentre aspettiamo davanti al rullo per recuperare le valigie all'aeroporto di Edimburgo. Fingo un mezzo sorriso e mi stringo nelle spalle. Certo, per lei è tutto più facile. Lo studio che ha in corso da diversi anni su alcuni tipi di batteri e virus prevede che lavori con la stessa équipe di medici e biologi. Tra cui Mark, un virologo di cui penso abbia una cotta spaventosa, dato che lei evita le mie insistenti domande quando finiamo a parlare di lui.
Ma per me, a quindici anni e nel pieno della mia adolescenza, le cose sono molto diverse. Sono stata troppe volte la nuova arrivata. E non tutte le volte mi è andata bene, purtroppo. Soprattutto negli ultimi due anni, in cui ho smesso di praticare atletica leggera e ho messo su diversi chili di troppo, di cui non riesco a liberarmi.
«C'è sempre Alina... e questo mi basta» le dico con un filo di voce. Vorrei poterci credere davvero.
Mia madre mi lancia uno sguardo difficile da decifrare, poi i suoi occhi s'illuminano quando intravede le nostre valigie sul rullo.
«Andiamo, non vedo l'ora di essere nella nuova casa! Mark mi ha detto che è vicino al bosco e che abbiamo una terrazza con una vista mozzafiato» continua poi, in preda all'eccitazione. È davvero così semplice renderla felice.
Mark, appunto... sempre lui, penso indolente.
Un taxi è lì ad aspettarci. Un uomo basso e calvo ha in mano un foglio con su scritto il nostro nome: le signorine Harper.
Rido di gusto e guardo mia madre. Lei ricambia il mio sguardo e subito ci capiamo.
Le voglio troppo bene e so che la seguirei in capo al mondo per supportarla nella sua carriera. Anche se a volte vorrei avere una vita più tranquilla. Un po' di stabilità, in fondo l'adolescenza è già difficile così.
Tutto qui.
Arriviamo a Ladby, la città dove passeremo i prossimi tre anni, il tempo che l'équipe scientifica si è data per terminare gli studi. Sembra essere una città di media grandezza. Il numero di negozi che scorrono fuori dal finestrino del taxi è certamente un dato rassicurante, ma come al solito è la scuola a farmi paura più di tutto. Su internet ho letto delle storie dell'orrore sul tipo di trattamento che viene riservato agli studenti. Senza contare che è un istituto privato. Purtroppo il liceo pubblico non ha la possibilità di fare un orario continuato e il lavoro di mia madre la costringe spesso a star via per diversi giorni, in alcuni laboratori isolati e lontani dal mondo, con ritmi estenuanti.
L'auto si ferma davanti alla nostra nuova casa, un edificio in legno a due piani, dalle ampie finestre e un piccolo giardino sul retro. Le pareti sono dipinte del mio colore preferito, il verde oliva. Questo è già un punto a favore, penso. Le sensazioni che emana sono positive e così mi tranquillizzo. Mia madre paga il taxi e usciamo all'aria aperta, che di sera e a inizio ottobre è un pugno di vento gelido in faccia. Faccio una smorfia di disappunto mentre trascino la mia valigia. Ho il fiatone, sono decisamente fuori forma.
«Andiamo Nina, non farne una tragedia! È la Scozia, che cosa ti aspettavi?» mi chiede mia madre in tono beffardo.
«Trenta gradi e le ballerine hawaiane con le noci di cocco come reggiseno».
Mia madre ridacchia ancora, poi solleva lo sguardo verso la casa. Nelle sue mani ci sono le chiavi dell'ingresso.
«Si ricomincia, signorina Harper» sussurra.
«Si ricomincia» le faccio di rimando, con una punta di emozione che cerco di camuffare.
Il cellulare nella tasca del mio cappotto beige vibra. Lo afferro per leggere il messaggio da parte di Alina.
"Pronta a essere di nuovo la nuova ragazza?".
Sbuffo, rispondendo immediatamente.
"Sono nata pronta, dovresti saperlo. Yu-hu".
Il cellulare vibra di nuovo prima ancora che io riesca a rimetterlo in tasca. La mia migliore e unica amica riesce a scrivere un messaggio alla velocità della luce.
"Ho visto alcune foto degli studenti alla Grand Chilton su internet e sto per trasferirmi lì anch'io".
Sento una fitta allo stomaco mentre rileggo il suo messaggio un paio di volte.
"Stalker" , le rispondo.
Metto via il telefono e seguo mia madre che è già entrata in casa e ha acceso la luce dell'ingresso. L'illuminazione soffusa e il profumo di legno mi danno il benvenuto.
Sorrido.
Già mi sento a casa.
Spazio autrice
Cari lettori che vi avventurate in questo territorio oscuro e mai visto prima d'ora,
vorrei dirvi che siamo sulla stessa barca.
Però prego, accomodatevi, c'è posto per ognuno di noi.
Navigheremo a vista :D
Pensieri/sensazioni/reclami su questo primo capitolo?
Il commento più bello verrà pubblicato nel prossimo spazio autrice, così come su tutti i social in mio possesso (tipo mammina che spamma l'unica foto imbarazzante della vostra infanzia).
A presto!
La vostra,
Joey Tre
STAI LEGGENDO
Dark Academy - L'accademia oscura
ParanormalI sogni hanno la capacità di mostrare la parte più profonda e celata dell'essere. Nella dimensione onirica le nostre difese psichiche cedono, e scopriamo una parte di noi stessi che ignoriamo. Ma cosa succede se quel mondo astratto si dimostra più c...