Capitolo 9 - Sottopelle

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Nel parcheggio della scuola una Volvo nera è lì ad attenderci con il motore acceso. Il ragazzo mi apre la portiera e mi sorride amabilmente, ma quel gesto galante ha tutto un altro significato adesso. Entro all'interno dell'abitacolo senza protestare. Non ha senso opporre resistenza, non posso nulla contro la sua forza. E poi, la ferita al braccio occupa quasi tutti i miei pensieri, ormai. Non conosco affatto questo ragazzo e non è per nulla come stupidamente l'ho immaginato prima di incontrarci di nuovo.

Faccia d'angelo è gentile, ma è solo facciata, tutto ciò che si può vedere in superficie.

Al di sotto, però, fa paura. E gli eventi hanno iniziato a scalfire l'apparenza.

Un uomo in giacca e cravatta è al volante. Ha la barba brizzolata e una cicatrice sulla fronte, che noto grazie al riflesso dello specchietto retrovisore, attraverso il quale ci scambiamo una rapida e fredda occhiata.

Il cellulare nella tasca della giacca vibra per un secondo, immagino sia uno dei tanti messaggi di Alina. Valuto l'opportunità di iniziare un movimento furtivo per sfilarlo e chiamare aiuto, ma il ragazzo interrompe quel pensiero con la sua voce cupa.

«Fossi in te non lo farei».

Ha fatto il giro dell'auto e si è seduto accanto a me, sul sedile posteriore. L'auto riparte a grande velocità e le ruote stridono contro l'asfalto.

Come diavolo fa a sapere quello che penso?

Boccheggio, voltandomi verso il finestrino e notando in quel momento che la sesta ora è ormai terminata e che i primi studenti stanno uscendo dall'ingresso principale, per dirigersi verso il parcheggio.

«Che cosa penserà il professore? Abbiamo entrambi saltato l'ultima ora» gli faccio notare.

Il ragazzo sorride sommesso.

«Ti preoccupi davvero di questo?».

Uscire da un'auto in corsa inizia a essere una possibilità.

«Non ci pensare nemmeno» mi risponde Julian, gli occhi fissi sulla strada.

Osservo ancora una volta il suo volto incorniciato dai leggeri ricci biondi, le sfumature rossicce dei capelli, la linea della mascella delicata, la pelle liscia del volto.

È un angelo maledetto.

Il pensiero nasce prima ancora che possa rendermene conto e Julian sorride senza guardarmi.

L'ha sentito, ne sono sicura. Sa che cosa sto pensando, anche se non ho ancora capito come diamine riesca a farlo.

A lui non sembra importare che lo sappia, anzi ho come l'impressione che si sia appena liberato di un peso enorme.

Tremo di paura ma cerco di ricompormi, devo farlo parlare il più possibile per carpire il maggior numero di informazioni. Non posso perdere il controllo.

«Dove stiamo andando?» gli chiedo, mantenendo il mio tono di voce basso.

Il ragazzo sbotta in una risata sguaiata.

«Sei tanto buffa, Nina» mi dice lanciandomi una rapida occhiata «non te l'ha mai detto nessuno?»

Silenzio.

Il mio piano fallisce miseramente. Spingo il mio corpo contro il sedile passeggero e incrocio le braccia, cercando così di tenere a bada il tremore causato dall'adrenalina.

Dopo qualche minuto abbiamo raggiunto quella che sembra essere la zona industriale di Ladby. La foresta è una cornice intorno alle larghe strade desolate piene di capannoni e magazzini disabitati. Il cielo coperto di nuvole si fa sempre più cupo e minaccioso.

Dark Academy - L'accademia oscuraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora