Riapro gli occhi e so immediatamente dove mi trovo.
Il dolore è di nuovo un riverbero lontano, ma capisco che è solo un'illusione, perché quando mi risveglierò tutto sarà come prima.
Sono dentro Onis. Lo capisco perché i miei movimenti sono dapprima rallentati e poi d'un tratto acquistano velocità a caso, rendendoli terribilmente sgraziati. So che ho solo bisogno di abituarmi, e che con il tempo saprò muovermi con più coordinazione. L'aria è satura di una nebbia densa e polverosa e se la osservo bene posso intravedere delle minuscole particelle volteggiare liberamente. Questo è tutto quello che so.
Mi guardo intorno, rendendomi conto solo adesso di non essere più nella mia camera da letto a Ladby. Il mio cuore perde un battito, mentre con gli occhi faccio incetta di dettagli che possano aiutarmi a trovare l'orientamento. Sono dentro una stanza ricoperta di vecchie pietre grigie e larghe finestre gotiche, da cui però entra solo una debole luce bianca. Il rumore della pioggia fuori, però, ha un potente effetto calmante anche se non posso vederla.
Eppure dovresti avere paura, Nina. Tutto quello che ti succede non è normale.
Mi irrigidisco, quel pensiero non è stato partorito dalla mia mente, ma lo sento rimbalzare agile fra le mie sinapsi.
Dalla penombra avanza piano una figura. Indossa un pantalone elegante e una larga camicia bianca. La spalla è poggiata sul muro di mattoni e la testa è bassa. La sua chioma è così nera che la luce non riesce ad attraversarla.
Elliot.
Il ragazzo solleva lo sguardo e fa una smorfia che non riesco a decifrare. Ha ancora gli occhi socchiusi, come persi in un pensiero malinconico.
«Il dolore... il dolore è tornato», mormoro.
Lo guardo piegare la bocca in una linea dura, sembra preoccupato.
«È il mio potere che risuona nel tuo», dice.
Sono piuttosto sicura di non aver capito. O forse non voglio capire. Mi guardo il braccio, anche in questa dimensione ci sono i segni della bruciatura. L'immagine del suo volto segnato da rughe profonde e dilaniato da una furia distruttrice al nostro primo contatto mi torna in mente.
È stato quel momento, vero?
È stato in quel sogno che tutto è cambiato. La sua mano ha afferrato il mio polso e marchiato la mia pelle. Da quel giorno tutto è lentamente precipitato nel caos.
«Io ho un potere?».
Elliott si avvicina e punta i suoi occhi nei miei. Le sue iridi verdi sono tanto diverse dai due abissi di pece che ho notato al nostro primo incontro.
Quello che sta per dirmi suona come una condanna a morte.
«Come pensi di essere sfuggita a quel Monlor?».
Monlor, il mostro di vento e sabbia. È questo il suo nome.
«Credevo fossi stato tu... Julian dice che sei un demone».
Studio con attenzione la sua reazione, ma Elliot non fa che avvicinarsi di più a me. Con la ridotta distanza aumentano i dettagli che mi colpiscono. La sua pelle è bianca come il marmo e dai primi bottoni aperti della camicia si intravedono i movimenti lenti del suo respiro. Seguo la linea delle sue labbra sottili, adesso più rilassate, socchiuse in un subdolo sorriso che sembra non voler mai traboccare.
«Non deve sapere che ci vediamo qui, io e te».
Come se non ti avessi già protetto dalla sua ostinata curiosità, penso con una punta di risentimento.
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Dark Academy - L'accademia oscura
ÜbernatürlichesI sogni hanno la capacità di mostrare la parte più profonda e celata dell'essere. Nella dimensione onirica le nostre difese psichiche cedono, e scopriamo una parte di noi stessi che ignoriamo. Ma cosa succede se quel mondo astratto si dimostra più c...