L'eco dei miei passi riecheggia nel corridoio vuoto della Grand Chilton. Cammino con passo deciso e il mio sguardo è catturato dalla scia di finestre che si susseguono una dopo l'altra e dai frammenti di cielo plumbeo che riesco a intravedere.
Una parte di me si è già pentita di aver lasciato la classe in questo modo brusco, imitando così il comportamento di Julian. I miei occhi lo cercano in ogni angolo buio che i rivestimenti in legno delle pareti riescono a creare. Di lui però non c'è traccia.
La mia mente decide di tormentarmi con il disappunto ben impresso sul volto della professoressa Lewis alla mia decisione di interrompere l'interrogazione senza nemmeno darle una degna conclusione. Forse, se faccio dietro front, sono ancora in tempo per salvare il voto del primo semestre. Immagino la curva triste che le sopracciglia di mia madre acquisteranno durante il colloquio con la professoressa e al tono di finta gentilezza che la donna acquisterà per camuffare tutta l'idea che si è ormai fatta su di me. Sono la figlia di un candidato premio Nobel e vivo solo di luce riflessa. Ogni mio sforzo d'ora in poi sarà vano.
Sono davanti l'ultima finestra alla fine del corridoio e lo vedo. Julian è in giardino, seduto sulle maestose e intricate radici di una quercia. Scatto in una corsa verso un'uscita secondaria e prima ancora che io possa entrare nel suo campo visivo, il ragazzo solleva lo sguardo. So che ha sentito i miei pensieri.
Forse, se siamo abbastanza veloci possiamo tornare indietro e convincere la professoressa a ricominciare.
Lo raggiungo in pochi secondi ma l'aria sembra tagliarmi la faccia ed entra nei miei polmoni trafiggendomi con la sua temperatura invernale. Mi fermo, piegandomi sulle mie ginocchia per riprendere fiato. Questa pausa mi fa sembrare ancora più goffa e fuori forma di quanto già non sia.
«Non tornerò in classe».
Il tono che Julian usa con me è ancora più gelido dell'aria che respiro. Mi prendo qualche secondo per incassare il colpo e per articolare una risposta di senso compiuto, mentre mi rialzo e lo guardo dritto nei suoi occhi nocciola ricolmi di risentimento.
«Perché sei scappato via?».
La mia domanda è un proiettile che lo colpisce al centro del petto. Il suo respiro si fa più agitato e le pupille più dilatate. Julian si alza in piedi e le gambe accennano un principio di movimento, ma si bloccano. Un altro sorriso spento si fa strada lungo gli angoli delle labbra sottili.
«Davvero me lo chiedi?».
Sbatto le palpebre più volte e nella mia mente scorrono le immagini degli ultimi minuti prima che Julian uscisse dalla classe di letteratura.
«Ho fatto qualcosa di sbagliato?» chiedo.
Il ragazzo porta una mano contro il tronco della quercia e si allunga verso di me. Le sue scarpe in cuoio sono ancora sopra le radici dell'albero, rendendo la nostra differenza di altezza più esagerata di quanto non sia già.
«Non posso restare a guardarti così, come se niente fosse» mormora.
Parla piano, scandendo ogni parola come se avesse il peso specifico dell'osmio.
Non sono ancora sicura di aver capito, ma una strana sensazione inizia a farsi largo in mezzo alle mie costole. No, non sono i nostri poteri a farmi del male. Questo dolore, questa incertezza è l'effetto delle sue sole parole su di me. E di questo sguardo, al contempo languido e tenace, incapace di raccontare tutto ma ostinato a non volermi lasciare andare.
«Siamo compagni di classe, dovrai sopportarmi ancora per un po'» commento cercando di aggrapparmi alla pura logica.
Siamo solo compagni di classe con un progetto di letteratura che abbiamo clamorosamente fallito. Tutto qui.
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Dark Academy - L'accademia oscura
ÜbernatürlichesI sogni hanno la capacità di mostrare la parte più profonda e celata dell'essere. Nella dimensione onirica le nostre difese psichiche cedono, e scopriamo una parte di noi stessi che ignoriamo. Ma cosa succede se quel mondo astratto si dimostra più c...