Capitolo 16 - I dolori del giovane Werther

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L'odore dell'ammorbidente mi avvolge, sono tornata in camera mia, sotto le coperte.

Le maniche della mia felpa bianca sono sporche di mascara, devo aver pianto tanto. Non so quante ore siano passate, ma fuori è buio.

Dal piano di sotto arrivano dei rumori inequivocabili: mia madre è tornata a casa e sta provando a preparare la cena. Credo sia meglio che vada a controllare prima che succeda l'irreparabile. Può anche essere il futuro premio Nobel della biologia, ma in fatto di fornelli è un completo disastro. Mi sollevo dal letto e un senso di nausea si diffonde dall'altezza dello stomaco. Prima devo tornare in bagno. Il dolore si è ridotto, ma non è scomparso. Sarà meglio avvolgere il braccio con delle bende. Apro l'armadietto dei farmaci, alla ricerca delle compresse sterili. Ne avvolgo un paio attorno alla ferita e mi avvio verso la cucina.

Scendo le scale a piedi nudi, le assi di legno scricchiolano appena e il rumore del coltello sul tagliere si interrompe di colpo.

«Bentornata nel mondo dei vivi, bella addormentata».

C'è un velo di ironia nella voce di mia madre e poi una sfumatura che non riesco a decifrare. Quando però la raggiungo, capisco il perché.

Julian Moss è lì con lei.

È così strano vederlo con addosso una felpa grigia e un paio di jeans neri. La divisa scolastica gli dona un'aria decisamente più austera.

«Ciao, Harper».

Solleva una mano nella mia direzione e un ghigno divertito gli attraversa il viso angelico. Sbatto le palpebre più volte e con forza, come a voler davvero convincermi che questo non sia solo un altro sogno.

«Julian è stato così gentile da passare a portarti questi», mia madre smette di affettare le malcapitate patate per spostare la punta del coltello in direzione del tavolo al centro della cucina. Sulla superficie in mogano illuminata da una fioca luce calda, intravedo un paio di libri e quaderni impilati alla rinfusa.

«La professoressa Lewis si è assicurata più volte di farti avere questi...» mi dice Julian con spocchiosa calma.

«Grazie, ma non c'era bisogno di scomodarsi così tanto, dopodomani tornerò in classe» replico evitando accuratamente il suo sguardo.

«Nina, che modi sono questi?!» gracchia mia madre.

Sbuffo e incrocio le braccia al petto.

«Grazie», dico a denti stretti.

I miei occhi incontrano i suoi in una frazione di secondo, quel tanto che gli basta per permettere alla sua mente di agganciare la mia. So che sta leggendo i miei pensieri e vorrei avere la calma necessaria per scegliere con cura le mie parole. Invece più lo guardo lì, con un fianco poggiato sul piano in marmo bianco della cucina e più sento la mia rabbia montare.

Vattene da casa mia.

«Dato che Julian ha appena scongiurato la tua prima insufficienza in Letteratura, ho deciso di invitarlo a restare a cena con noi».

Mia madre è nel pieno delle sue energie, un fatto alquanto strano dato che la fine della sua giornata è sempre scandita da passi pesanti, larghi pigiami e takeaway cinese, il suo preferito. Deve avere avuto una giornata molto positiva al laboratorio, oppure Mark si è finalmente dichiarato e presto usciranno insieme. A breve, comunque, indagherò.

Faccia d'angelo mi sorride vittorioso, consapevole di quanto io non mi potessi mai aspettare un risvolto del genere.

«Grazie, signora Harper, lo apprezzo molto».

Il suo tono di voce carismatico è miele per le orecchie di mia madre. Se fossi abbastanza vicina da scrutarla in volto meglio, potrei vederla arrossire, ne sono certa.

Dark Academy - L'accademia oscuraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora