«Si è svegliata da qualche minuto, finalmente. È stata la notte peggiore della mia vita» mormora mia madre rivolgendosi a Mark.
L'uomo è fermo sulla soglia insieme a lei. È molto alto, ha qualche anno in più di mia madre e la barba folta e brizzolata. Ha lo sguardo buono, fisso su di me e scuote la testa.
«Nina, ciao! Avrei preferito rivederti in circostanze più belle» ammette con una punta di imbarazzo.
Io mi stringo nelle spalle.
«Mi dispiace» dico con un mezzo sorriso.
Sono contenta che siano riapparsi proprio nel bel mezzo della mia conversazione con Julian. Il ragazzo fa una leggera smorfia di disappunto che riesce a mascherare con un timido cenno verso i due adulti fermi sulla soglia.
Mia madre si schiarisce la gola.
«A proposito... Julian è stato accanto a te tutta la notte. Avrei preferito conoscerlo in maniera più tradizionale. Non saprei, magari con una cena ufficiale? Però capisco le circostanze e tutto...».
«Mamma... che cosa vuoi dire?».
Affilo lo sguardo, mentre sento quello di Julian bruciare su di me. Mia madre si passa una mano dietro la nuca e trattiene una risatina.
«Beh, insomma... ti ha riaccompagnata a casa, no? Ovvio che voi due, ecco...»
"Ho detto a tua madre che stiamo uscendo insieme".
Il pensiero di Julian mi trafigge come una lama. Strabuzzo gli occhi e per poco non mi strozzo con la mia stessa saliva.
Che...che cosa?!
Lo guardo in cagnesco, concentrando tutto l'imbarazzo e l'odio su di lui. Faccia d'angelo, per tutta risposta, mi sorride.
"Che c'è, Harper, stiamo correndo troppo?".
Questa domanda mi fa arrossire violentemente, ed è proprio quello che Julian Moss vuole ottenere. Lo guardo soffocare una risata sommessa e spostare l'attenzione verso il panorama di Ladby che è possibile apprezzare fuori dalla finestra.
«Mamma, non è come pensi» dico con voce autoritaria, per risultare il più convincente possibile.
Mia madre agita la mano come a dirmi di non rimuginarci troppo.
«Hai bisogno di riposare adesso... hai avuto una febbre altissima a causa di quello che ti è accaduto al braccio. I dottori credono sia un'infezione. Forse un batterio o la puntura di qualche insetto. Non ne sono sicuri...»
I flashback di quello che è successo mentre ero in preda alla febbre alta si mischiano alle immagini della prima volta in cui ho notato l'escoriazione. Scuoto la mente per allontanare quei pensieri pericolosi, adesso che lui è in ascolto.
«Ora sto molto meglio, voglio tornare a casa» dico cercando di sollevarmi. Il movimento viene interrotto dalla mano di Julian, che si posa rapida e ferma sulla mia spalla.
"Lasciami andare" gli intimo nella sua mente, guardandolo in cagnesco.
«Nina... non sforzarti, ti prego».
Odio il suo tono mellifluo e odio ancora di più il fatto che mia madre sia appena cascata nella sua ragnatela come il più stupido degli insetti.
«Esatto, Julian ha ragione. Comunque noi andiamo a fare colazione, ci vediamo fra poco» mi dice mia madre con fare frettoloso, strizzando un occhio nella mia direzione.
Si può morire di imbarazzo? Credo di avere tutti i sintomi.
Mark mi fa un breve e conciso cenno di saluto e insieme a mia madre si allontana verso l'uscita del reparto. Appena entrambi sono fuori, mi sollevo dal letto. Julian questa volta non mi ferma, anche se so che sta studiando ogni mio movimento con attenzione maniacale.
«Quando uscirai da qui verrò a prenderti e torneremo da Noordman» mormora. Usa di nuovo quella voce bassa e autoritaria che mi provoca un brivido alla base della schiena.
«Voglio sapere che cosa sta succedendo, Nina».
Avanzo verso di lui, anche se al braccio ho ancora una flebo e la fasciatura attorno alla ferita mi sta troppo stretta, rendendomi ancora più goffa di quanto non sia già.
«Perché non me lo dici tu, invece?».
Il ragazzo distoglie lo sguardo dal mio e si passa una mano fra i capelli. I raggi del sole vengono soffocati dal passaggio di una densa coltre di nuvole e la luce all'interno della stanza si fa più debole.
«Perché non mi dici come fai a leggere ogni minimo pensiero che mi passa per la mente? Perché hai deciso di essere così opprimente? Sì, sarai bellissimo, quel soprannome te lo sei meritato davvero», la mia voce si incrina per via dell'imbarazzo, sento i battiti del cuore martellarmi il petto, «ma devi lasciarmi in pace. Noi non stiamo insieme e non lo saremo mai».
Julian contrae la bocca in una linea sottile, ormai siamo solo a pochi centimetri di distanza.
«So che è solo una scusa per controllarmi e non ti permetterò di giocare così con me» aggiungo.
L'ago sottopelle mi fa male, sono spossata dalla febbre e sento le forze venirmi meno, ma la rabbia che provo nei suoi confronti è l'unica cosa che non mi fa vacillare.
«So che lo stai proteggendo. I tuoi pensieri si fanno vaghi quando pensi all'origine di questa ferita. Ma è grazie a lei se hai avuto accesso a Onis, e conosco pochissimi demoni in grado di rendere possibile questo...»
Strizzo gli occhi, decisa a non pensare a lui. È vero, farò di tutto per difenderlo. E per difendermi.
Julian si avvicina al mio orecchio, il suo respiro è accelerato e profuma di buono. È inebriante e questa sensazione di pace si mescola alla paura di abbassare la guardia con lui.
«So che un giorno me lo dirai, Nina. La pazienza è dalla mia parte».
Di colpo si allontana, abbandonando la stanza a grandi falcate. Quando sparisce dalla mia vista, sento tutta la stanchezza abbattersi su di me come un'onda.
Devo tornare a letto.
Spazio autrice
Cari accademici,
Come state? Avete superato la prima parte delle feste? 🍾
Per non farvi sentire soli, anche Nina riceve in questo capitolo una generosa dose di imbarazzo. Così tutte le classiche domande dei parenti su quanti fidanzatini servano per cambiare una lampadina vi sembreranno molto più... Accettabili? Forse. O forse no✨😙
A martedì prossimo!
La vostra,
Joey Tre
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Dark Academy - L'accademia oscura
ÜbernatürlichesI sogni hanno la capacità di mostrare la parte più profonda e celata dell'essere. Nella dimensione onirica le nostre difese psichiche cedono, e scopriamo una parte di noi stessi che ignoriamo. Ma cosa succede se quel mondo astratto si dimostra più c...