«Tutto bene?».
Mia madre è seduta sul sedile passeggero dell'auto di Mark. È girata verso Alina e me e ci scruta con un sopracciglio sollevato: entrambe siamo immerse in un mutismo strano, che non fa che moltiplicare i sospetti su di noi.
Le luci blu dell'ambulanza parcheggiata a lato della strada le illuminano il volto e solo in questo momento noto il filo di trucco ad addolcirle il viso. Sposto lo sguardo su Mark, intento a navigare attraverso il traffico della strada che costeggia la Grand Chilton, ora piena delle automobili dei genitori che sono venuti a recuperare i propri figli alla fine del Samhain. C'è qualcosa di strano in loro: sembrano più giovani, molto più rilassati. Forse sono stati insieme.
«C'è stato un po' di caos alla fine della serata» ammette Alina.
Parla al posto mio e lo fa con un tono rassicurante e ben architettato, così da nascondere al meglio i bicchieri di troppo che si è scolata solo un'ora prima, durante il concerto. L'odore però manda in fumo tutti i suoi sforzi. Mia madre fa una smorfia di disgusto, poi guarda ancora una volta nella mia direzione.
«Che genere di caos?» chiede, gli occhi fissi sulla benda che il paramedico giunto a soccorrere Leonard Hans ha insistito affinché indossassi, per bloccare il sanguinamento. Ruoto il braccio contro il petto per nascondere le macchie più vistose.
«Il chitarrista della band era così ubriaco che è praticamente svenuto davanti a noi».
«Mh, capisco» commenta mia madre affilando ancora di più lo sguardo per farci sentire in colpa delle bugie che stiamo sparando.
«Che strano, la nebbia qui è verde... ci sono stati i fuochi d'artificio?» domanda Mark, allungandosi verso il parabrezza per scrutare meglio il cielo sopra di noi.
«Sì e poi c'era anche la macchina del fumo. Credo che Nina sia allergica a quella sostanza che usano perché ecco, il suo braccio è peggiorato di colpo e abbiamo fatto un giro in infermeria» prosegue Alina. Sputa giustificazioni alla velocità della luce e con lo stesso tono di voce impostato da "miss perfettina". Tutto questo non fa che agitarmi ancora di più.
«Davvero?».
Il tono sarcastico che usa mia madre mi fa sudare, nonostante fuori e a quest'ora ci siano temperature bassissime.
«Sì, ecco» arranco indicando il braccio, «mi hanno messo questa e una crema al cortisone».
Il cortisone va sempre bene su tutto.
«Che strano però» puntualizza Mark, «venendo qui non abbiamo sentito nessuno sparo».
«I fuochi d'artificio facevano parte della cerimonia di apertura, che voi vi siete persi. A proposito, dove siete stati?» chiedo guardando mia madre con aria di sfida.
«A cena da nonna Shayla» risponde lei atona, per poi voltarsi dall'altra parte. Forse è una bugia anche questa. L'auto riparte, superando così l'ambulanza. Lucilla, Evie, Julian ed Elliot sono ancora lì. Sulle spalle hanno la coperta argentata che i paramedici hanno distribuito a tutti appena sono arrivati a soccorrerci. La mia è finita in un cassonetto della spazzatura poco prima di aumentare il passo alla chiamata di mia madre, svoltare l'angolo e raggiungere l'automobile.
Mark accelera e quando siamo lontano dall'Accademia mi accascio contro lo schienale del sedile. Sono esausta. Nel buio e nel silenzio in cui siamo piombati, lo sguardo cupo e insistente di Alina è tutto ciò che avverto.
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Dark Academy - L'accademia oscura
ParanormalI sogni hanno la capacità di mostrare la parte più profonda e celata dell'essere. Nella dimensione onirica le nostre difese psichiche cedono, e scopriamo una parte di noi stessi che ignoriamo. Ma cosa succede se quel mondo astratto si dimostra più c...