30. Endeavor.

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In quel momento, è come se Shoto si fosse dimenticato di Endeavor.
E il fatto di essersi dimenticato di lui gli ha permesso di tirare fuori il meglio di sé, sia davanti al padre, sia davanti a me.

Questo fattore a Endeavor non è sfuggito. Nemmeno quando l'esercitazione è giunta al termine.

L'arrivo del padre, per Shoto, non è stata una sorpresa.
Il suo malumore mattutino e taciturno era dovuto proprio al fatto che sapeva che suo padre avrebbe seguito la prova. Credeva che la sua presenza gli avrebbe in qualche modo impedito dall'agire autonomamente, che sentirsi i suoi occhi addosso mentre seguivano attentamente ciascuna sua mossa non gli avrebbero permesso di sentirsi libero.

Tutto questo, invece, non è accaduto. Ha cominciato a staccarsi silenziosamente dalla sua ombra.
Endeavor sa perfettamente che qualcuno ci ha messo lo zampino.
E sa che sono stata io, sono sempre stata io.

Io ho raccolti i suoi frammenti ogni volta che è crollato, e li ho aggiustati a nuovo e a modo io. Io l'ho spronato ad accettarsi anche con il suo lato sinistro. Io l'ho incoraggiato a trovare la sua strada per l'eroe che vuole diventare, senza seguire quella che il padre gli ha spianato fin da piccolo.

Nonostante non si sia espresso, la nostra sintonia ha catturato troppo la sua attenzione.
Scene che non si sarebbe mai aspettato di vedere. Qualcuno con cui Shoto sorride, qualcuno che cerca.
Sarebbe facile sorvolarci sopra, ma si tratta di suo padre. E le sue espressioni sono difficili da ignorare con scioltezza.

Ci rivolge continue occhiate di soppiatto, come se volesse fare qualche osservazione o semplicemente controllarci meglio ora che siamo a pochi passi da lui.
Ogni volta che ci lancia uno sguardo furtivo, appena me ne accorgo ci rivolge le spalle.
Ma più che controllare a me, si nota palesemente che sta aspettando il momento giusto per rubare qualche minuto al figlio.

Di me non gli frega molto.
Probabilmente mi odia per aver spronato Shoto a liberarsi della sua influenza e del suo patetico dovere impostogli.

Shoto, invece, si ostina a ignorarlo. Tiene le mani in tasca, spostando lo sguardo altrove. Ovunque pur di non incrociare gli occhi di suo padre.

«Todo, credo che voglia parlarti.»
«Scordatelo.» risponde quasi istantaneamente, non una singola nota di incertezza nella voce.
C'era da aspettarsi una risposta simile.

«Non vuoi nemmeno sentire quello che avrà da dirti?»
«Non ha importanza. Andiamocene, è ora di rientrare alla Yuuei.» taglia corto. Si volta, come se avesse fretta di allontanarsi da suo padre, come se temesse di cadere di nuovo sotto la sua influenza dopo essere riuscito a staccarsene, come se il confronto lo ritenesse inopportuno.

Prima che faccia un altro passo in più, lo afferro stretto per la manica della giacca «Però ti sei scordato di lui mentre hai sfruttato le fiamme per creare quelle forme di fuoco, non è così?»

Sospira prima di voltarsi nuovamente verso di me. Afferra delicatamente il mio polso e lo abbassa, i suoi occhi eterocromatici su di me «Non so se fosse una cosa positiva o meno, ma ho sentito di aver fatto la scelta giusta.»

«Se la scelta la reputi giusta, perché non vuoi concedergli la possibilità di ascoltarlo? Magari potrà essere anche l'ultima, ma confrontati con lui ora, proprio come ci sei riuscito con tua mamma! Quello è stato il tuo primo passo diventare l'eroe che vorrai essere. Ne hai un altro decisivo davanti a te.»

Distoglie gli occhi, leggermente colto in contropiede dalle mie parole. Involontariamente l'ho posto in difficoltà, ma non esiste un momento migliore per confrontarsi con Endeavor.
Non deve ulteriormente allungare le distanze da lui, ora che non ha più nulla da dimostrargli e da compiacergli.
Il passato è quello che è. Non tutti i momenti sono semplici, e spesso i più difficili sono proprio quelli che ci hanno marchiati di più.

𝘼𝙧𝙙𝙚𝙣𝙩𝙡𝙮 {Todoroki x Reader, My Hero Academia}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora