capitolo-16

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Yoongi's pov

Soffiai lentamente sulla superfice dell'acqua lasciando apparire piccole bolle trasparenti, che morbide e leggiadre si abbandonavano alle impercettibili onde che creava quel liquido cocente, profumato da un bagno schiuma dorato al miele e olio d'Argan.

Muovevo lentamente le gambe, cercando di godermi a pieno la sensazione di calore e benessere che quel bagno mi stava regalando. Quella dolce e delicata fragranza, mi riempiva i polmoni, scacciando l'aria pregna di sangue in cui ero costretto a vivere da ormai mesi. Con una spugna morbida, di porifera, trattenevo l'acqua tiepida coperta di schiuma bianca, della bacinella posta al mio fianco, dove potevo attingere per pulirmi il volto e il corpo.

Passai la spugna sui fianchi, ripulendoli dalle macchie nere, sul collo, togliendo le tracce di sangue che non erano andate via dopo il lavaggio a casa di SeokJin, tornando a far splendere la mia pelle di bianco latte, un candore che ho sempre amato, perché mi faceva sentire ancora puro nel corpo in cui vivevo, che stavo distruggendo giorno dopo giorno.

Pulii le unghie e con una forbicina in metallo tolsi le cuticole e le pellicine che rovinavano le mie dita da pianista.

Insaponai i capelli e massaggiai la cute con delicatezza, decidendo che era arrivato il momento di prendersi cura di me stesso, dandomi piccole attenzioni che in quegli anni mi ero negato e precluso, o a cui avevo dovuto rinunciare a causa della mia situazione economica e sociale poco stabile.

Mi lavai a lungo, passando la spugna diverse volte e infine usando un panno rosa per detergere le cosce magre, i polpacci stanchi e la schiena spezzata in due dalle posizioni scomode che assumevo nel sonno sulla panchina.

Quel bagno fu rigenerante, sentii tutti i problemi scivolarmi di dosso insieme all'acqua di scarico, che in piccoli rivoli e mulinelli scomparve totalmente alla mia vista, lasciando sul fondo della vasca solo la schiuma in eccesso. Ogni pensiero si sciolse in quel bagno, abbandonando dolcemente la mia mente e ridandomi la capacità di cullarmi da solo, senza pensare a minacce, morte o soldi. Senza dover stare attento ai capi della gang, o il Capo, tutto scomparve.

Potevo semplicemente godermi il mio tempo, ringraziando di essere vivo e di poter usufruire di un bene che in troppi danno per scontato. Pensai alle notti in cui, maleodorante, sporco e con i capelli arruffati, mi mettevo a dormire, combattendo la voglia di alzarmi dal materasso per farmi una doccia nel catino che avevo messo in soggiorno, quando ancora possedevo una casa, ma non potevo perché l'acqua calda era poca. Il Capo aveva rotto, fracassato le tubature del bagno che avevo installato nella piccola abitazione, per farmi capire che prima mi abituavo a possedere meno di quanto avevo, più avrei ottenuto in seguito.

Ma non riuscii a pensare a tutto ciò mentre l'acqua lambiva il mio corpo. No... La magia si interruppe non appena poggiai il piede fuori dalla vasca, infreddolito e spossato.

E forse sarei ricaduto nell'oblio più totale se non fosse arrivato prontamente Jimin.

Mi chiese se volessi un aiuto a cercare il phon ed io accettai, un po' perché veramente non sapevo dove si trovasse, e un poco perché se ne fosse andato non avrei sopportato l'angoscia che quel piccolo sprazzo di normalità mi aveva regalato con malizia.

Vedendomi così stanco e confuso mi prese per un braccio e senza contare il fatto che ero nudo, esposto a lui e ai suoi occhi giovani, mi asciugò soavemente passando un asciugamano beige sul mio corpo, portando via con sé le goccioline trasparenti.

Mi fece sedere su uno sgabello di fronte allo specchio e con un sorriso imbarazzato mi frizionò i capelli, usando in seguito il phon, per farli tornare asciutti. Vedendo la mia gioiosità nel trovarmi finalmente normale, bello, ma soprattutto me stesso, un ragazzo ancora piccolo dentro, mi piastrò le ciocche, dandogli una forma ondulata che accompagnava la cornice del mio volto in modo affascinante.

Mi spalmò una crema idratante della Mizon, e mi aiutò a vestirmi con una maglietta blu di velluto, estremamente comoda e dei pantaloni dello stesso materiale, che cadevano a "palazzo".

Tirandomi sempre per il braccio mi portò a letto e con un timido bacio mi lasciò a riposare.

Mi sentivo profumato, pulito, fresco, la mia pelle era soffice e priva di imperfezioni, forse oleosa per via della crema.

Era tutto così bello e rassicurante che piansi. Cazzo, piansi tantissimo, soffocando i gemiti di sconforto, perché mi resi finalmente conto a cosa avevo rinunciato a causa della mia ignoranza e stupidità. Un bagno, che quando avevo sei anni era quasi una tortura, quel giorno divenne un sogno utopico e fantastico. Ero felice perché, ancora una volta, Jimin si era dimostrato il trampolino di lancio verso un futuro migliore. La sua forza sembrava così positiva, anche se distrutta da mani ingrate e senza vergogna, poteva rompere la sfera in cui mi ero precluso, portandomi a vivere di nuovo.

Mi mancava sentirmi un uomo.

Perché è da anni ormai, che mi sento solo un numero, uno dei tanti, un animale forse, o nessuno.

Perché è da anni ormai, che mi sento solo un numero, uno dei tanti, un animale forse, o nessuno

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Kyong's pov

Caddi a terra sfinita, stanca e arrabbiata come solo un diavolo poteva essere nella sua malvagità. Risi, non perché divertita, ma perché ancora una volta mi aveva distrutta.

Le loro urla, i loro pianti, le suppliche sommosse che aleggiavano nella grande villa che chiamavo casa, le disperate preghiere e i colpi di torture che non volevo conoscere o scoprire.

Ogni volta che iniziavo a sentire dei confusi lamenti, delle voci prepotenti e spaventose che aizzavano la paura a dominare quegli uomini innocenti e peccatori allo stesso tempo, mi rifugiavo in camera, chiudendo la porta con tre giri di chiave.

Ed era questa che osservavo mentre come la sera prima, delle grida disumane si facevano spazio tra le mura spesse, la porta era bianca finemente decorata in oro, con fiori e piante stilizzate che ricordavano le colonne palmiforme egiziane dei templi antichi.

Mi sarebbe piaciuto sotterrarmi come loro, in un mare di bende, senza un cervello con cui captare le azioni e le intenzioni altrui, ma solo un cuore pesante meno di una piuma, per iniziare a salvare quel che restava della mia anima sgretolata.

Ma non potevo.

La mia vita era quella e non potevo fare niente per raccoglierne i pezzi, ma solo spaccarli ancora di più sperando di non rivederli mai più, di farli diventare sottili come la sabbia per poi farli galleggiare su un mare in tempesta osservandoli raggiungere il fondale marino senza paura.

E come sempre è ciò che farò.

Rimarrò chiusa in questa stanza, domani mi alzerò con gli stessi vestiti e la stessa maschera, andrò in università e cercherò quel ragazzo.

Quel dolce ragazzo, l'unico abbastanza debole da permettermi di usarlo, l'unico troppo buono per ribellarsi e denunciarmi, l'unico che potrebbe gestire tale dolore.

Ma alla fine starò veramente bene? Imprimendogli sulla pelle le mie ferite condivideremo veramente lo stesso male?

Forse no... ma almeno mi sentirò meglio.

Piccolo Jimin.

ᴍᴀғɪᴀ- уσσимιиDove le storie prendono vita. Scoprilo ora