capitolo-37

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Jimin's pov

Dopo trenta minuti passati a passeggiare tranquillamente fra le vie di Busan raggiungemmo la scuola.

La vista dell'edificio mi riempì di una straziante serenità, grazie ai suoi colori e alla sua vivacità. Il giardino, la cui erba bagnata veniva sferzata dal vento autunnale, era circondato da grandi aceri, le cui foglie cadevano dolcemente al suolo ricoprendo la terra di puntini gialli e arancioni. I ciliegi avevano perso quasi la maggior parte della loro fronda, finendo per risultare quasi spogli, infreddoliti da quel clima freddo. Il terreno era ricoperto di goccioline di pioggia, caduta durante la notte, risvegliando quel profumo di petricore, che solleticava le narici con leggerezza.

Sospirai soddisfatto da quella visione, rimembrando le giornate passate a giocare nel parco da bambino con mio fratello, per poi girarmi verso Hoseok che mi osservava con un sorriso. Non disse una parola, semplicemente mi abbraccio infondendomi calore e si allontanò verso la sua classe.

Quella mattina avrei seguito solo tre corsi da quarantacinque minuti; quindi, non avrei dovuto aspettare tanto prima di rivedere Yoongi. Un altro pensiero riflettuto per quel ragazzo.

Senza aspettare oltre entrai nell'edificio, salendo la piccola scalinata che rialzava il piano terra. Mi addentrai nei corridoi, salutando alcuni compagni e sorridendo al personale. Una volta in classe sistemai il mio zaino e presi un diario dove annotare gli appunti, seguito da un tablet con tastiera integrata.

Mi distesi sulla sedia, rilassando i muscoli del collo e della schiena, mentre osservavo l'orologio della classe. Mancavano quindici minuti alle otto, l'aula era vuota... a parte per la sua presenza.

La guardai intimorito, ricordandomi di come Yoongi non avesse nemmeno esitato a fronteggiare quegli uomini nel vicolo e quindi di come avrei potuto fare lo stesso. Non dovevo smettere di avere paura, perché era fondamentale provarla per sopravvivere, ma in caso di bisogno avrei dovuto abbatterla e domarla con il coraggio. Non sapevo se ne sarei stato in grado, ma ero fiducioso. Ci sei riuscito in qualche modo.

Ormai era passata anche l'ultima ora tra appunti, note e domande, potei finalmente alzarmi e sgranchirmi le gambe indolenzite

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Ormai era passata anche l'ultima ora tra appunti, note e domande, potei finalmente alzarmi e sgranchirmi le gambe indolenzite. La classe lentamente si svuotò, fino ad apparire vuota e scarna. Le pareti bianche e i banchi non sembravano più così interessanti, ma parevano dei semplici oggetti posti in una stanza ancor meno avvincente. Con uno sbuffo presi il mio zaino, controllando sul telefono a che ora sarebbe passato l'autobus quella mattina.

Mentre scorrevo febbrilmente con le dita sullo schermo, lasciando la luce di quest'ultimo coprirmi la vista, una mano delicata si posò sulla mia spalla. Mi sentii trasalire, la voce divenne improvvisamente un sibilo accennato e le gambe si fletterono premute a terra dal mio disagio.

La mano strisciò sul mio lupetto, allisciando le pieghe che trovava nel suo viaggio fino al mio polso. Tremai cercando di riprendere il controllo del mio corpo, ma per quanto la mia mente ci provasse, questo conosceva bene il tipo di dolore che avevo subito nei mesi scorsi e mi impedì di muovermi.

ᴍᴀғɪᴀ- уσσимιиDove le storie prendono vita. Scoprilo ora