capitolo-2

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Jimin's pov

Un uomo sui venticinque anni mi affianco.

Era affascinante.

I tratti del viso duri e marcati, un piccolo tatuaggio sotto l'occhio destro e i capelli biondi mossi gli conferivano un aspetto stupendo.

I muscoli delle braccia risaltavano da quella maglia stretta, di un colore scuro, probabilmente rosso terracotta.

Vidi con la coda dell'occhio le sue mani invitarmi a seguirlo e senza pensarci oltre accettai.

Arrivammo vicino al disc jockey e senza attendere oltre ci posizionammo, pronti a divampare.

Le sue mani si posizionarono sui miei fianchi e accarezzarono lievemente la camicetta.

Mi girai dandogli la schiena ed iniziando a strusciarmi su di lui, senza timidezza o pudicizia.

Iniziammo a muoverci, seguendo il ritmo delle canzoni, mentre affianco a noi una coppia si era data ad un accesso bacio bagnato.

I movimenti erotici dei nostri bacini mi infiammavano e la mia ipersensibilità accentuò il tutto.

All'improvviso mi sentivo perso.

La ragione mi aveva abbandonato discernimento era sparito, lasciando spazio alla voglia irrefrenabile di scatenarmi.

Ero in pista da diverse ore, pensando solo a ballare e muovere i fianchi.

Sentivo il sudore colarmi lungo le tempie e i muscoli delle braccia iniziare a dolermi, ma non mi fermavo.

Continuavo a strusciarmi addosso a quel ragazzo come una cagna, senza fare esame delle mie azioni.

Era tutto troppo.

Così tanto che non ne avevo più il controllo.

Mi sembrava di vivere in un altro pianeta, un altro universo, dove le regole cambiavano e si adattavano a quel bestiale sistema di figure indistinte.

Lasciavo i ragazzi toccare la mia pelle e apprezzavo oltremodo le palpate confuse che mi arrivavano dal biondo.

La gola era secca, a causa dei continui shottini che mi ero fatto.

Dalla prima ora contavo altri due Martini, un Angelo Azzurro e un Margarita, senza contare i bicchieri indistinti che mi erano stati offerti.

Le membra mi si stavano sciogliendo sotto il peso della stanchezza, mentre la consapevolezza di tutto l'alcool che avevo bevuto mi colpiva in pieno.

Sfortunatamente per me, non ero molto incline all'ubriacatura, al contrario, riuscivo a mantenere una lucidezza disarmante, che ampliava i dolori e il malessere che l'alcool mi procurava.

Fu quasi istintivo correre nei bagni a vomitare, quasi non me ne resi conto.

Lasciai solo il giovane biondino e mi affrettai, finché non mi ritrovai in un corridoio poco illuminato, dove la musica piano, piano sbiadiva fino a diventare un sottofondo rimbombante.

Trovai il bagno e corsi subito al cesso per rigettare immediatamente i liquidi che giravano per il mio corpo.

-Che schifo. Merda. Lo odio... Ha un sapore del cazzo... Porca Madonna che nervi...-

Tirai imprecazioni colorite contro tutti i santi che conoscevo e dopo un'attenta analisi del mio volto allo specchio del bagno, e una riflessione sulle mie ormai deprimenti capacità reattive, decisi che era l'ora di andarmene.

Corsi fuori in un lampo, sentendo il bisogno imminente di tornare a casa.

Il più presto possibile.

Saranno state le undici quando uscii da quel locale

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Saranno state le undici quando uscii da quel locale.

L'aria fredda di novembre mi investì, raggelando le mie ossa e intorpidendo le mie dita. Le labbra rosse iniziarono a tremare leggermente, mentre le leccavo, alla ricerca di un po' di calore.

I muscoli dolenti faticavano a spostare il peso del mio corpo.

Il trucco ormai si era sciolto, la matita nera era sbavata e l'ombretto macchiato, eppure riuscii a darmi il giusto contegno per attraversare le strade di Busan, senza attirare sguardi non graditi.

Se i miei avessero mai scoperto di quel piccolo vezzo che mi concedevo ogni tanto, sicuramente ne sarebbero rimasti delusi e questa era l'ultima cosa che volevo.

Ero stato per più di tre ore all'interno di quella discoteca gay, i corpi sudati sulla pista, i vari drink, camerieri dai vestiti succinti, insegne colorate e manifesti lgbt che mi avevano accompagnato in quella folle esperienza, ormai erano un ricordo.

Nonostante questo, sentivo comunque uno strano formicolio nelle membra, una sensazione opprimente che mi accompagnò per il resto del mio viaggio verso casa. Mi sentivo quasi sporco dopo i minuti passati a godermi la compagnia maschile.

Le mani che mi avevano stretto, adesso al solo pensiero mi facevano venire il voltastomaco.

Non mi era mai piaciuto l'ambiente dei locali come quello, eppure non riuscivo a non concedermi qualche attimo di sfogo, dopo giorni passati a studiare per gli esami di laurea.

Più terribile di tutti, la coscienza dei temi e riassunti che mi aspettavano a casa.

Desideravo smaterializzarmi, così da trovarmi già nella mia camera, per poter continuare i miei lavori.

Ero stanco e i pantaloni di pelle attillati, che mi avevano permesso di destare grande stupore qualche ora prima, in quel momento mi stavano stringendo, quasi facendomi soffocare ad ogni passo. La camicetta a paillettes argentati non mi scaldava abbastanza e l'alcool che avevo bevuto iniziava a stordirmi seriamente.

Forse fu proprio per questo che scelsi di cambiare strada, per addentrarmi all'interno del parchetto vicino casa mia, e tagliare un po' del percorso che avevo previsto.

Non passavo mai lì.

Quel parco era frequentato da persone poco rispettabili, malfattori, drogati. Era il luogo di incontro delle piccole gang, dove ubicavano diverse risse e scambi illegali.

Quando avevo preso il mio appartamento avevo promesso ai miei che non ci sarei mai passato, ma in quel momento mi sembrò la scelta giusta da fare.

Rischiare per una volta.

Non poteva succedere niente di male.

Quante possibilità c'erano di poter sbagliare?

Mi pareva quasi assurdo che mi stessi ponendo problemi del genere. Io che studiavo la matematica da anni, sapevo con certezza che le probabilità di essere attaccato erano poche.

E di certo quello non era il caso, era impossibile.

Se ci ripenso do la colpa delle mie azioni all'alcool e alla mia ingenuità, ma una parte di me vuole convincersi che fosse stato il destino a portarmi lì.

Come se fossi stato richiamato, mi dirigevo a passo lento all'interno di quel parchetto.

Una strana attrazione mi circondava, mi sembrava di sentire dei sussurri che mi incitavano ad entrare, ed era tutto così magico che mi sentii frastornato.

Le foglie si muovevano lentamente sotto l'ondeggiare del vento e gli alberi coprivano la vista dei lampioni.

I brividi presero possesso del mio corpo e in un attimo la ragione tornò a rischiararmi la mente.

Lo avevo promesso ai miei.

Questo pensavo, ma allo stesso tempo continuavo a camminare imperterrito, tremando sempre di più.

Pensai di tornare indietro e di continuare per la mia strada, ma quasi venni folgorato quando vidi quella figura.

"Era notte quando lo vidi per la prima volta. Poggiato ad una panchina del parco, le dita tra i capelli... Sembrava distrutto. Delle piccole gocce di sangue rigavano i dorsi delle sue mani incallite. Mi sarei dovuto spaventare guardandolo, la sua giacca nera strappata e i lamenti che uscivano dalle sue labbra, ma allo stesso tempo ne ero attratto"

ᴍᴀғɪᴀ- уσσимιиDove le storie prendono vita. Scoprilo ora