capitolo-14

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Yoongi's pov

Mi strinsi nella giacca logora, impregnata con il suo sangue. Il liquido scuro creava macchie indefinite che tristemente mi segnavano come un tatuaggio.

Si Wool si trovava ancora in sala, appeso su un filo, lasciato al caso. La liminalità del momento era particolarmente impressionante. Mi sentivo la gola stringere al solo pensiero che se fosse morto o rimasto ferito a vita sarebbe stata tutta colpa mia.

Vedere il suo viso pallido mi aveva ricordato il gioco a cui stavo partecipando, dove non esistevano persone ma faide e ingiustizie dettate dal desiderio di vendetta. Nessuno vince o perde, si può solo combattere per raggiungere la salvezza e il rispetto... se si fosse fallito si sarebbe pagato con la propria vita.

Namjoon era entrato e uscito dal suo studio diverse volte, tornando con fogli, bende e ampolle trasparenti, per poi rientrare nella sala dove operava. Sentivo un'ansia stupefacente e i miei sospiri diventavano sempre più frequenti.

La stanza si stringeva attorno al mio collo bloccando il respiro, le pareti rinchiudevano il mio corpo senza lasciargli possibilità di reagire, cercavo di alzare le braccia per proteggermi ma non rispondevano ai miei comandi, volevo muovere le gambe per scappare, ma il massimo che riuscivo ad ottenere era un movimento scomposto, senza senso.

Decisi di lasciarmi andare, di smettere di preoccuparmi. Le palpebre si abbassarono e sigillai le labbra, iniziai a contare... uno, due, tre... i secondi passavano e l'ossigeno iniziava a mancarmi, sentivo i polmoni bruciare ma in compenso ripresi consapevolezza e capacità di movimento. Ritornai a lasciar passare l'aria in bocca qualche secondo dopo, sospirando e poggiando la testa al muro. Ero stanco e spossato. Avevo bisogno di staccare la mente e lasciarmi alle spalle i problemi.

Chiusi la cerniera arrugginita dalla felpa in cotone che indossavo e con sguardo determinato lasciai quel luogo macabro, dove risuonavano le urla di dolore dei ragazzi feriti e il pianto delle donne.

Non appena misi piede al di fuori dello studio medico clandestino, sentii l'aria fresca ritornare in circolo nel mio corpo, donandomi un calore piacevole nel cuore. L'odore del sangue non mi circondava più e mi sentivo finalmente libero dalla tortura che erano state quelle ultime ore.

Camminare con passo sicuro e deciso, con me avevo qualche dose che vendetti sulla strada. Osservai i milioni di won che avevo appena guadagnato e con un sorriso spezzato mi avvisi verso un posto che ormai rappresentava la salvezza.

In meno di dieci minuti ero di nuovo davanti a quel portone nero che avevo segnato l'inizio di una relazione a cui oggi devo tutta la mia vita e il mio dolore.

Suonai il campanello e non appena lui rispose gli dissi semplicemente di aprire, senza nemmeno presentarmi.

Non volevo rivederlo... è vero, ma ne avevo bisogno. Era tutto ciò che mi rimaneva e tutto ciò che desideravo in quel momento. Non c'era nessun'altro che mi potesse aiutare a chiarire i miei sentimenti riguardo ciò che era successo.

Salii le scale e cercai di forzare la porta della sua abitazione, nessun ritegno alcuno.

-Chi è? Hoseok?-
Non appena apri la porta mi fiondai dentro, trovando posto sul suo divano.

-Aiutami-

Jimin's pov

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Jimin's pov

Osservai scioccato il suo corpo piegato in due, affondato nel mio divano a causa di un peso invisibile che gli schiacciava le spalle, portandolo a non riuscire nemmeno ad alzare il capo, che teneva chino.

Lo riconobbi all'istante. Mi ero mancato come l'aria, mi faceva sentire al sicuro la sua presenza, come se ogni male si fosse rinchiuso fuori dalla porta di casa, pronto a tornare non appena mi avesse lasciato, ma allo stesso tempo troppo spaventato nel comparire quando c'era lui.
La sua aurea austera metteva a tacere ogni mia insicurezza e non potevo fare a meno di sentirmi colpito dalla sua improvvisa comparsa, che avevo apprezzato fin troppo.

Portai le dita dalla mano destra a toccarmi il petto, dove si nasconde il cuore, che batteva senza accennare a fermarsi o rallentare. Accarezzai il collo, pizzicando leggermente la pelle, arrossandola inevitabilmente.

-Yoo-ngi?-

Si leccò le labbra e provò a parlare, lasciando uscire dalle labbra una lettera insignificante che si perse nel vuoto di casa. Strinse i pugni e incendiò il pavimento con lo sguardo. Le iridi nere oltrepassavano ogni barriera con la loro forza, bruciando ogni cosa su cui mise gli occhi. Delle fiamme alte e soffocanti, rosse scarlatto, cardinale e rubino, dai tratti aranciati e un calore ineguagliabile mi si avvolsero attorno. Avrei voluto urlare, far sentire la mia voce, ma il fuoco ardeva ogni cosa. Volevo piangere ma non c'era posto per le lacrime in quel momento. Volevo gridargli di smetterla, che mi sentivo morire, che il calore era troppo, che la pelle mi si stava spezzando e la carne viva si stava infiammando senza pietà. Dovevo abbracciarlo.

Mi lanciai sulla sua figura.

Spaventato, tremante.

Provò a mettermi le mani sulla vita per ricambiare, ma gli diedi uno schiaffo.

Mi faceva paura yoongi, ma era l'unico che poteva starmi accanto.

Lo avevo visto così poche volte che non avrei dovuto pensare così tanto ai suoi occhi o al suo volto. Eppure passavo notti intere con il suo viso in mente.

Lui avrebbe dovuto fare tutt'altro che abbracciarmi. Era un drogato, senza casa, un malvivente che copriva le sue azioni con un'innocenza che aveva perso anni fa.

-Perchè?! Per-chè sei torna-to?!- iniziai a piangere. lo volevo lontano, ma lo desideravo al mio fianco.

Mi ero innamorato di un criminale? Come un ragazzino? Senza sé o senza ma, ero impazzito per il primo uomo che mi aveva rispettato e capito, che non mi aveva mandato in pasto a Kyong ma aiutato.

Era davvero così?

-Dovrei piangere io Jimin... ero venuto per questo... e invece ti trovo distrutto-

-Mi manchi! Ogni ora, ogni secon-do, voglio vederti ma non poss-o, perchè sei sbagliato, io non dovrei provare questi sentimenti Yo-ongi!-

-Cosa ti ho fatto?-

La sua voce tremava e la sua testa si andò ad infossare nell'incavo del mio collo, cercando di trattenere il fastidio forse.

-Sei un crimina-le, non sei fat-to per me-

-Cosa cerchi di dirmi?-

Mi abbandonai alla consapevolezza che non sarei riuscito quella sera a parlare. Era notte ormai e non volevo litigare con l'unica persona che oltre Hoseok aveva rotto il lucchetto che portava al mio corpo, non era il momento di mostrare le crepe del mio cuore.

-Nien-te-

-Allora stai zitto e abbracciami più forte-

Lo feci, mi aggrappai disperato alle sue braccia. Fingevo di essere forte e felice ogni giorno, quando ero con lui non ne avevo bisogno, potevo lasciare andare, le emozioni negative che prendevano il sopravvento durante la settimana si risolvevano solo quando lo vedevo. Come un fiume in piena, straripavo inondando i campi attorno a me, per poi ritornare a scorrere dolcemente pronto a subire repliche delle mie giornate passate.

Lasciai libere le sue mani di muoversi lentamente sulla mia schiena, infondendomi un senso di tranquillità e sottomissione a quel tocco incredibile. Ne volevo di più. Volevo abbracciarlo per ore intere senza lasciarlo. Sobbalzai quando portò anche una mano ad accarezzarmi il capo delicate quanto una piuma.

Restammo così tutta la notte.

ᴍᴀғɪᴀ- уσσимιиDove le storie prendono vita. Scoprilo ora