capitolo-40

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Yoongi's pov

Con delicatezza staccai le dita del pianoforte, cercando di controllare il pedale, al fine di non far tremare l'ultima nota. Poggiai i palmi sulle mie cosce attendendo in silenzio che coloro che si trovavano di fronte a me potessero comprendere che si trattasse della fine dell'esibizione, mentre osservavo la candela che si trovava vicino al leggio oscillare ad ogni mio respiro.

Probabilmente avevo suonato per quasi un'ora, ma in quel momento non ebbi le forze necessarie per pensarci. Mi sentivo vuoto, prosciugato di ogni mia energia... ed allo stesso tempo appagato e soddisfatto. Ogni nota che avevo lasciato spezzare il silenzio della sala era stata dolce, i temi dei brani erano stati eseguiti con i giusti colori e dinamiche portandomi ad essere vagamente fiducioso dell'apprezzamento di coloro che avevano avuto la possibilità di ascoltarmi. Non mi sentivo ghermito dell'alterigia, ma da un senso di pace. Dopo molto tempo avevo avuto la possibilità di riafferrare ciò che era mio, la mia passione.

Avevo eseguito alcuni dei brani da me più apprezzati, come la sonata di Kaminsky, nel cui primo tempo di una composizione di più ampio respiro, avevo sentito le mani tremare. Lo sviluppo e la ripresa invece vennero eseguite magistralmente, senza indugio alcuno. Le melodie che il pianoforte emetteva erano soavi, ogni volta che le corde all'interno della cassa venivano percosse, mi sentivo vibrare di aspettativa. Per questo non dubitai dell'apprezzamento del pubblico.

Mi alzai dalla seduta, cercando di sembrare il più raffinato e aggraziato possibile, prima di voltarmi verso il pubblico e regalargli un inchino profondo, senza timidezza.

Subito mi sentii invaso da uno scroscio intenso, a causa delle mani che battevano le une contro le altre. Rimasi chinato per qualche secondo prima di volgere il viso alla sala, dove vidi uomini intenti a commentare con soddisfazione l'esibizione con le mogli, donne annuire dolcemente verso di me, una coppia di giovani ragazze baciarsi mentre sorridevano e applaudivano. L'atmosfera era carica di godimento e non potei fare a meno di abbassarmi nuovamente in un inchino atto a nascondere le mie lacrime.

Le sensazioni che provai furono troppe, quindi non fui in grado di gestirle, finendo per riversarle in quel pianto frustrato, impossibile da fermare. Provai ad asciugarmi le lacrime e trattenermi almeno per il ringraziamento finale, ma la mia voce si spezzò improvvisamente, non permettendomi di continuare. E sarebbe stato imbarazzante in una qualsiasi altra occasione, ma non in quella, perché il benessere che provavo era troppo per portarmi a farmi sentire umiliato.

Ben presto il microfono che tenevo fra le mani mi venne sfilato con grazia, da dita calde e morbide. Feci un piccolo mugugno prima di poter vedere la proprietaria sorridermi sconcertata. La abbracciai confuso, sentendomi debole e bisognoso di qualcuno pronto a sorreggermi e lei non si sottrasse al contatto, anzi mi accarezzo un fianco con la stessa delicatezza di una madre.

-Vai da Park, per favore. Concludo io- mi sussurrò ad un orecchio, lasciandomi andare.

Non me lo feci ripetere due volte, mi diressi mogio verso il retro del locale, cercando di trattenere le mie emozioni. Nella stanza dove si trovavano i camerini vi trovai Jimin che, a braccia aperte, mi aspettava. Quasi non piansi nuovamente di gioia alla sua vista. Sembrava così dolce, il mio angelo, tanto da non potermi controllare. Colui che mi aveva portato in quel luogo, che mi aveva permesso di suonare nuovamente e mi avevo aiutato a sciogliere le mie angosce, si trovava di fronte a me e non potei esserne più felice. Improvvisamente ogni emozione che avevo provato a tenere dentro di me sembrò esplodere in mille schegge e frammenti. Abbracciai il suo corpo, sicuro di poter ritrovare tutte le energie perse durante quell'ora. Mi sentii nuovamente carico, grazie alla presenza di quel ragazzo che si dimostrava sempre di più ciò che avevo sempre cercato, l'equilibrio che mancava nella mia vita.

ᴍᴀғɪᴀ- уσσимιиDove le storie prendono vita. Scoprilo ora