capitolo-42

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Yoongi's pov

Prima di tornare a casa decisi di prendermi un poco di tempo per me, così da riuscire a tergere la mia mente da tutti i pensieri che mi stavano opprimendo. Le parole di Si Wool e Namjoon aleggiavano ancora nell'aria, senza lasciarmi pace. La mia cassa toracica sembrava stringersi e le mie costole si schiacciavano fra di loro, facendomi annaspare. Il cuore doleva, costringendomi a stringere la felpa che portavo, nel tentativo di scaricare ogni mio dolore.

Uscii dalla clinica con passo veloce, salutando distrattamente Kim che mi guardava con occhi carichi di pena. Aprii la porta ed oltrepassai la saracinesca ritrovandomi nuovamente all'aria aperta. Non appena i miei polmoni si riempirono nuovamente dell'odore della strada, del fumo delle autovetture, mi sentii rinsavire. Presi un profondo respiro, facendo qualche passo così da allontanarmi dalla clinica. Attraversai la strada, superando senza fretta le strisce dipinte sull'asfalto. Quando mi ritrovai sul ciglio del marciapiede opposto sospirai, massaggiandomi la mascella contratta. Osservai il vento spostare i fili d'erba, sferzandone le gocce di pioggia presenti sopra di essi. Un piccolo lombrico fece la sua comparsa sul terriccio, incuriosendo la mia mente che lo segui attentamente fino a quando non raggiunse la strada. Una macchina passò veloce e senza attenzionare quel piccolo essere lo schiaccio. Lanciai un ultimo sguardo disgustato alla massa informe formata dagli organi dell'insetto per poi avviarmi per la mia strada.

Provai a ripensare a ciò che era appena successo, alle parole taglienti che avevo ricevuto, finendo solamente per stare male. Scossi quindi la testa, provando ad ignorare quella sensazione di malessere e godermi le bellezze che la natura poteva regalarmi. Mi fermai quindi su una panchina che si trovava sul marciapiede e mi ci sedetti. Era in legno ormai bagnato e rovinato dal tempo. Alcune lettere facevano la loro comparsa in inchiostro nero, mentre dei piccoli forellini ne bucavano la superfice.

Sbuffai non appena realizzai che i miei pantaloni si sarebbero bagnati, ma cercai di non porre la mia attenzione a quel dettaglio. Alzai gli occhi al cielo, volgendo all'indietro il mio capo. Poggiai la testa sullo schienale della panchina e osservai le nuvole grigie che coprivano la mia vista. Si muovevano, sotto i movimenti del vento, lentamente, mutando forma e dimensione. Volteggiavano leggere, voltando su loro stesse creando delle spirali. Ogni tanto si scontravano allora un forte rombo irrompeva nell'aria, e sotto la forma di tuono facevano tremare il mio corpo.

-Non dovresti essere qui da solo- disse una voce a me troppo conosciuta, vicino ad un mio orecchio.

Mi spaventi all'istante, rialzando finalmente il capo per poi voltarlo e fissare la figura che si trovava dietro di me.

-Sai che è pericoloso non avere nessuno pronto a proteggerti in questo periodo. Sono arrabbiati, lo sai- continuò lei.

-Kyong, vattene per favore. Ho deciso tempo fa che io e te non avremmo dovuto incontrarci mai più- affermai in un sussurro.

Osservai il corpo della ragazza di fronte a me, stretto in un soprabito nero in lana chiuso da una serie di bottoni d'argento. Portava delle calze in filo di scozia, che le abbracciavano i polpacci magri, che scomparivano in un paio di mocassini con una spessa suola. Come sempre vestiva in modo impeccabile, facendo attenzione ad ogni dettaglio del suo abbigliamento. Però potevo notare che rispetto agli anni passati era più magra, quasi scheletrica, la pelle delle mani era così bianca che le sue vene sporgevano prepotentemente dal loro dorso. Posai quindi gli occhi sul suo viso, che avevo provato ad ignorare con tutto me stesso. Era pallida, aveva perso i suoi lineamenti dolci per cui tanto l'avevo apprezzata. I suoi occhi erano infossati nel viso, circondati da un filo viola. Eppure al loro interno non trovai il campo arido che ricordavo, anzi vedevo mille emozioni differenti. Aveva paura, certamente essere vicino a me con la consapevolezza di chi fosse suo padre non doveva lasciarla a suo agio, poi era arrabbiata probabilmente per il mio continuare ad evitarla ed allo stesso tempo determinata in ciò che faceva. Nei suoi occhi potevo ritrovare la Kyong che conoscevo, anche se terrorizzata e devastata dalla paura.

-Se pensi che mi allontanerò nuovamente ti sbagli. Io ti voglio aiutare- provai a parlare ma lei mi lanciò un occhiata minacciosa e tornai in silenzio -Ho passato molto tempo a riflettere ed alla fine sono arrivata alla consapevolezza che non voglio più scappare. Ormai so di non poterti avere di nuovo, ma ti voglio bene e soffro per la tua sorte. Secondo te non sento ciò che mio padre dice? Ciò che consiglia ai suoi uomini? Ho sbagliato una volta fidandomi di lui, ma alla fine, Yoongi, ho scelto te perché i sentimenti che provavo erano troppo forti per distruggerli. Io non riesco a sopportare le urla di mio padre mentre ordina ai suoi sottoposti di andare a demolire vite innocenti. Ho sentito milioni di discorsi di rovina ma quando ho sentito il tuo sono rimasta così sofferente. Mio padre ti odia perché stavamo insieme, perché stai distruggendo la sua famiglia-

-Amarti è stato un errore per lui?-

-Sì, lo sai meglio di me. Non sei stanco di soffrire? Pensi che riuscirai a batterlo? Come farai quando ti porterà via tutto, quando prenderà Park?-

-Non mettere in mezzo Jimin, non se lo merita. Sta già attraversando dolori che non merita-

-E pensi che migliorerà qualcosa se perdi tutti coloro che vogliono aiutarti?- disse, portandomi a ricordarmi di Si Wool e delle sue parole.

Sapevo avesse ragione ma non volevo ascoltarla, avrebbe fatto male al mio cuore. La consapevolezza che io non ero nessuno rispetto all'organizzazione contro la quale mi ero messo contro mi spaventava. Non sapere cosa mi avrebbero portato via la prossima volta mi terrorizzava. Desideravo abbandonare ogni angoscia e tornare a vivere sereno, ma come potevo? I miei mostri mi inseguivano ed iniziava a temerli come non avevo mai fatto. Le minacce ormai si stavano esaurendo ed io sapevo che non avrebbero mai scambiato i loro soldi per la mia vita. Avrebbero preso tutto ciò che mi circondava. I miei amici e colui che scaldava il mio animo. Già potevo sentire le urla disperate del mio piccolo mentre veniva preso dal Capo, che lo avrebbe torturato davanti ai miei occhi fino a farmi impazzire. Forse pazzo lo ero già, sì, pazzo di dolore.

-Non so cosa fare, Kyong- quasi piansi.

Lei si sedette al mio fianco, abbracciandomi e lasciandomi sfogare sulla sua spalla. Delle piccole lacrime fecero la loro comparsa sul mio viso, distruggendone l'integrità che avevo provato a mantenere. Portai una mano al volto, per asciugarlo, ma Kyong me la fece abbassare per scacciare le lacrime con le sue dita tremanti.

-Ti posso aiutare. Loro hanno paura, perchè lentamente stai ritrovando la tua vita e la tua forza. Non ti sottometti più, sei riuscito ad affrontarli a testa alta a quanto ho capito- disse, probabilmente riferendosi alla notte in cui venni attaccato con Jimin -Credo che stiano per sfruttare le loro ultime mosse. Devi denunciarli ora che sono deboli. Se dovessero tornare prova a prendere delle prove. Magari mantieni dei registratori nel giubbino o fai dei video. Sii sicuro di avere prove... io posso aiutarti a trovare il giusto avvocato, magari qualcuno che non conosce mio padre, va bene?-

-Perché lo fai?- le chiesi però.

-Perché tu sei stato il mio primo dolce amore e non ti scorderò Yoongi, anche se sto morendo ogni giorno sempre di più-

ᴍᴀғɪᴀ- уσσимιиDove le storie prendono vita. Scoprilo ora