capitolo-41

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Yoongi's pov

Dal momento in cui entrai nell'abitazione di Jimin per la prima volta erano ormai passate diverse settimane. Ogni momento passato insieme da allora rappresenta uno dei lenti cambiamenti che ci portò a baciarci quella sera di novembre. Le mattinate passate insieme, le piccole attenzioni che ci regalavamo e i contatti fra i nostri corpi facevano ormai parte di quella che mi piace definire la nostra storia. Una narrazione idilliaca che anelavo da tempo.

Eppure non potevo ancora scappare dal mio passato. Le carezze che Jimin offriva al mio corpo, i suoi baci sulla mia pelle e i suoi sorrisi di cui mi faceva dono mi avevano portato ad occultare ciò che era stata la mia vita prima del suo arrivo. Non riuscivo più a pensare a ciò che mi aveva infuso dolore, a coloro che con straziante lentezza avevano portato via ogni cosa dalla mia vita. I colpi che la mia pelle aveva trasformato in ematomi erano ormai scomparsi dalla mia figura, portandomi a sottrarre alla mia mente il cordoglio delle persone che mi avevano rovinato. Tuttavia non potevo scordare tutto ciò, per questo, quando la mattina dopo la mia esibizione, trovai un messaggio lasciato sul portoncino di ingresso della palazzina di Jimin, non potei fare a meno di tremare.

Quella mattina Jimin uscì presto fuori dalla sua abitazione, così da poter arrivare in orario all'università. Si era vestito elegantemente, curandosi di indossare degli abiti caldi e portare con sé un ombrellino nero. Mi aveva salutato con un piccolo sbadiglio, per poi prendere la cartella ed avviarsi verso l'uscita. Eppure pochi minuti dopo tornò da me, con sguardo critico di disapprovazione, tenendo fra le mani tremanti una busta grigia con su scritto il mio nome. Non mi guardò nemmeno, mi mise semplicemente fra le mani la lettera e provvide ad allontanarsi nuovamente, dicendomi semplicemente: "Ti prego, non fare tardi".

Solo dopo aver sentito la porta di casa, sbattere con un tonfo, mi permisi di guardare la lettera. Essa era già aperta, poiché Jimin l'aveva letta prima di me, e conteneva al suo interno un piccolo bigliettino di carta straccia con su scritte, nella calligrafia del medico Kim, le seguenti parole: "Si Wool è pronto per andarsene, vieni".

Quasi non tremai a quelle parole, capendo che ormai tutto ciò che avevo così disperatamente provato a dimenticare stava tornando da me. Ogni accordo preso nella mia vita, come un nodo, non riusciva a spezzarsi portandomi a sentirmi quasi impotente. Se infatti colui che avevo sempre reputato mio amico fosse uscito dalla sala medica di Kim Namjoon io sarei dovuto tornare ad aiutarlo. Non avrei potuto nascondermi come avevo iniziato a fare. Per quanto continuassi a mantenere attivo il suo commercio illegale, avevo trascurato l'attività al punto che i guadagni netti in una settimana erano calati drasticamente. Dopo tutto ciò che Si Wool aveva fatto per me, dopo le ferite che aveva dovuto far rimarginare a causa della nostra amicizia, come avrei potuto guardarlo nuovamente negli occhi? Colui che si era sacrificato così tanto per me, permettendomi di restare al suo fianco e usufruire dei suoi soldi, del suo tempo, adesso si sarebbe trovato a non possedere più niente a causa mia, il ragazzo che avrebbe dovuto aiutarlo più fra tutti mentre era in clinica.

Sospirai sconfortato, portando una mano al volto per riuscire ad accarezzarmi le tempie e stringere il setto nasale. Mi piegai su me stesso, nascondendo il volto fra le gambe, che circondai con le mie braccia. I capelli si sparpagliarono sul viso, coprendomi la vista, mentre chiudevo gli occhi e cercavo di scappare dalla mia vita. Mentre provavo a dileguarmi dalle mie decisioni passate.

Passò un'ora prima che, rassegnato, prendessi il mio unico paio di scarpe nere e lo indossassi. Strinsi i lacci della calzatura, chiudendoli in un nodo, per poi alzarmi e riscuotermi. Mi diressi verso la porta per poi cercare con lo sguardo le chiavi dell'abitazione, che trovai sul tavolo della cucina. Le presi in silenzio e senza dire una parola lasciai dietro di me la palazzina di Jimin, dopo aver fatto scattare la serratura. Le strade erano silenziose, le auto con il loro rombo spezzavano ogni tanto il silenzio, lasciando dietro di loro il rumore delle ruote bagnate che strisciavano sull'asfalto. Questo sotto i miei piedi scricchiolava, mentre la sua superfice ghiacciata si rompeva. Le foglie bagnate si attaccavano sotto la suola della mia scarpa, rallentando il mio cammino, ma non attenzionai questo dettaglio. Al contrario continuai a muovermi, portando le mani all'interno delle tasche della felpa di pile che indossavo. Sbuffai osservando il mio respiro trasformarsi in vapore acqueo condensato, che, come fumo, lasciò le mie labbra per disperdersi nell'aria fredda.

ᴍᴀғɪᴀ- уσσимιиDove le storie prendono vita. Scoprilo ora