capitolo-20

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Hoseok's pov

Mi girai sconsolato, cercando con gli occhi stretti di non piangere, mentre provavo a distrarmi dal dolore alle ginocchia. Osservai affranto delle piccole goccioline di sangue scendere dalla esigua ferita che mi ero procurato. Mi incantai per qualche secondo osservando due rivoli scarlatti correre sulla mia pelle, scommettendo su quale avrebbe raggiunto prima il mio paio di calzini blu.

Indossavo dei pantaloncini di jeans, comodi anche se mi stringevano notevolmente le cosce, abbastanza corti da non rompersi durante la caduta appena avvenuta.

Mi stavo infatti avviando sereno e spensierato, dopo le lezioni, verso la mia bicicletta, contento e soddisfatto dell'esame appena dato in università. Camminavo trascinando i piedi, calciando i sassolini sulla strada polverosa, sporcandomi così le scarpe nuove appena comprate. Avevo le mani in tasca e guardavo con un sorriso dipinto in volto, genuino e sincero, il cielo azzurro incontrarsi con i colori aranciati del pomeriggio, immergendosi con un tuffo nel rosso della palla infuocata quale era il sole alle quattro del pomeriggio.

Mi avvicinai al parcheggio delle biciclette canticchiando un motivetto ascoltato per strada e sganciai la mia bici della ciclostazione con le chiavi del lucchetto, poi con un sospiro saltai in groppa al sellino e mi apprestai a mettere le mani sul manubrio.

Iniziai a correre, pedalando veloce, con energia e scaltrezza, sforzando i forti polpacci che mi ritrovavo, sentendoli bruciare.

Percorsi una ventina di metri in pochi secondi e sull'apice dell'entusiasmo non destai più attenzione alla strada, finendo, proprio quando pensai di aver trovato la mia stabilità e il mio equilibrio in sella, per cadere miseramente sullo sterrato.

Mi sbucciai un ginocchio e colpì durante i miei genitali sul telaio rosso della bici, finendo per togliermi completamente il fiato dai polmoni, compresso a causa dello sforzo che impiegai per non piangere... A volta mi sentivo ancora un bambino, piangere per un graffietto, eppure questo mio senso di sopravvivenza così acuto e la mia costante paura delle cose più insignificanti, anche se mi rendono apprensivo mi salvano più volte la vita, quindi le accetto volentieri.

Non è sbagliato avere paura di tutto, se si sa come affrontare le situazioni al meglio anche durante i pericoli.

Puntai gli occhi sulla pelle smorzata e stracciata, sporca di terra, così senza pensarci nemmeno presi il telefono dallo zaino che avevo tenuto fino a quel momento sulle spalle e chiamai Jimin, sperando che mi rispondesse e mi portasse con lui sul motorino che si era comprato qualche mese prima in vista del suo compleanno.

Nessuna risposta.

Probabilmente avrei dovuto iniziare a farmi venire subito dei dubbi, in quanto non era da Jimin lasciarmi con la segreteria, eppure non ci diedi peso e lo richiamai due minuti dopo, ritrovandomi nella stessa situazione.

Fu a quel punto che mi misi ad osservare le due goccioline, pensando a cosa potesse impegnare il mio migliore amico, era la prima volta che mi ignorava e mi sentivo strano, quasi amareggiato.

Guardai la bicicletta di fronte a me, buttata per terra senza alcuna dignità, giaceva silenziosa ricordandomi la mia incapacità nel pedalare.

Maledizione.

Eppure ero una persona coordinata, sempre attenta ad ogni dettaglio, precisa e metodica, mi stupivo della mia distrazione. Quel giorno mi stupii di molte cose effettivamente, sorprese indesiderate credo.

All'improvviso mentre ormai mi sentivo perso nei miei pensieri, una figura attirò la mia attenzione.

Era Jimin, con i vestiti sgualciti, la maglietta stropicciata e i pantaloni bagnati, aveva i capelli scompigliati, arruffati e pieni anch'essi di acqua, lo zaino era aperto e si intravedevano i quaderni messi disordinatamente al suo interno.

ᴍᴀғɪᴀ- уσσимιиDove le storie prendono vita. Scoprilo ora