capitolo-3

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Yoongi's pov

Camminavo ormai da ore intere, senza una meta, come sola compagna la mia tristezza e disperazione.

Sapevo già da tempo che quel giorno sarebbe arrivato, mi ero ritrovato più volte a farmi grandi discorsi rassicuranti, con il solo scopo di creare una visione utopica del mio futuro.

Ma ora che mi ritrovavo di fronte alla realtà, non potevo far altro se non piangere e urlare, riempiendo i polmoni di aria, respirando sconnessamente e singhiozzando.

In piccoli rivoli trasparenti la saliva che lasciavo cadere dalle labbra, si mischiava alle lacrime salate, che mi rigavano le guance rosse.

Gli occhi erano umidi e la vista offuscata a causa delle gocce che scendevano sicure, il naso aveva assunto una colorazione purpurea, mentre il resto del viso era pallido e contorto in una smorfia pentita e rassegnata.

Chi mi incontrava, dopo aver lasciato un sussulto, si girava dall'altro lato, o peggio scappava.

Correvano tutti veloci, quasi spaventati, perchè egoisticamente se vediamo qualcuno soffrire per strada, dobbiamo per forza additarlo come pazzo vaneggiante, senza farci domande, e non ci pensiamo neanche ad offrire il nostro aiuto... lo reputiamo troppo prezioso per essere sprecato per puttanate del genere.

Le signore anziane mi guardavano affrante, compatendomi da lontano, i ragazzi mi osservavano scioccati, sghignazzando di fronte alla mia debolezza, mentre le madri prendevano per mano i figli, rivolgendogli un sorriso e chiedendogli di non scrutarmi.

Vorrei anche io una madre così.

Pronta a rassicurarti, a chiuderti gli occhi quando arriva il mostro nei film.

Eppure mi ritrovo ad esserlo io stesso.

Uno sciocco e insulso mostro, che si è rovinato con le proprie mani, credendo di far del bene.

Quando avevo accettato l'aiuto dei Crown non avevo minimamente pensato che fossero un gruppo tanto temibile e contorto.

Mi avevano offerto ciò che io desideravo da molto tempo, mi ero lasciato abbindolare dai ragazzi più piccoli della gang, tanto da arrivare a parlare con il capo, uno spietato aguzzino.

In fondo ci credevo ancora nel bene, nella gentilezza e l'amore, e questa mia stupidità di pensiero mi ha portato a distruggermi.

Dopo soli pochi mesi dall'incontro con quelle persone avevo capito come girava il mondo. Io, un innocente ragazzino, dedito ai suoi sogni più che alla vita, mi ero ucciso con la scoperta di un universo che non avevo mai visto. Droga, fumo, soldi e inganni... nessuno mi aveva mai insegnato cosa fossero realmente... un mero vizio.

Ciò che ci fanno imparare da piccoli non ha più alcun senso non appena cresciamo e diventiamo adulti, non appena capiamo che funziona tutto.

I genitori, le maestre... tutti ci chiudono gli occhi non lasciandoci guardare la verità, proprio come quelle mamme per strada, rendendoci solo più sciocchi di quanto già non siamo. Esponendoci a qualcosa di ben più grande di noi quando iniziamo a vivere veramente.

Avrei preferito rimanere cieco per sempre, all'infinto, che svegliarmi dall'incantesimo in cui mi sono chiuso per diciotto anni, scoppiato all'improvviso, brutalmente, ora che ho ventidue.

La notte è calata sulle strade di Busan da ormai qualche ora... saranno le dieci, credo.

Come un velo, il buio si è depositato sulle vie e le case, accompagnando il mio dolore, come uno dei peggiori Sound-Track, per i film da due soldi.

La mia vita si stava sgretolando difronte a me e io la stava guardando inerme, senza chiedere un riscatto.

La mia vita si stava sgretolando difronte a me e io la stava guardando inerme, senza chiedere un riscatto

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