capitolo-25

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Yoongi's pov

-Jimin, ci sei?- lo chiamai con dolcezza, sentendo una parte di me quasi vergognarsi al suono della mia voce, così amorevole. Non era certamente nella mia natura comportarmi in un modo simile, eppure non potevo evitarlo, parlargli con un tono più duro mi avrebbe fatto sprofondare.

Aspettavo che la dolce creatura, con cui avevo condiviso un momento così intimo qualche minuto prima, uscisse dal bagno dove si era rifugiato.

Non appena ci eravamo alzati dal divano, lui prese la sua maglia e si andò a fare una doccia, mentre un rossore gli colorava le guance morbide. Sorrisi leggermente al pensiero del suo viso innocente, che ormai non vedevo da venti minuti. Mi sembrava di morire. Ero solo nel corridoio che ospitava la sua camera e il bagno, aspettandolo mentre ascoltavo lo scroscio dell'acqua che si infrangeva sul pavimento dentro i servizi.

-Ci sono, sì. Dammi qualche altro minuto per asciugarmi. Potresti intanto... preparare qualcosa da mangiare? Ho lasciato del samgyetang in cucina-

-Certo, devo solo riscaldare la zuppa, giusto?-

-Sì-

Mugugnai in assenso mentre mi dirigevo in cucina. Era tutto così ordinato. Il divano che aveva accolto i nostri corpi ora era sistemato, i cuscini sprimacciati, ogni traccia del nostro passaggio era stata cancellata, ma nel cuore rimanevano le forti sensazioni provate.

Entrai nella cucina, aveva le pareti dipinte di bianco fumo, i mobili erano beige e raggiungevano l'altezza del soffitto. Alla mia destra si trovava un piccolo frigorifero ed un microonde, mentre dove vicino alla dispensa, dove qualche settimana prima avevo trovato le merendine, c'era il lavandino.

Mi avvicinai ai fornelli, scorgendo in un pentolino del liquido caldo e fumante. Presi due ciotoline che si trovavano lì a fianco, nel lavabo, e versai la zuppa con attenzione, cercando di non scottarmi. Afferrai due cucchiai in metallo, una bottiglietta d'acqua e posai tutto sulla penisola al centro della stanza.

Non appena le due ciotole di zuppa poggiarono sulla superfice fredda, Jimin uscì dal bagno, i capelli ancora bagnati sulle punte, indossava una magliettina di cotone bianca, accompagnata da dei pantaloni cargo stretti in vita da una cintura sottile.

Mi sorrise gentilmente e si poggio al ripiano, prendendo un cucchiaio. Lo immerse nel samgyetang e portò la zuppa alle labbra, bevendola.

-La adoro... mangia anche tu. Yoongi, non essere timido- sbuffai alle sue parole e con un cipiglio in volto lo assecondai, lasciandomi andare.

Sorseggiai tranquillamente il liquido che scendeva giù per la gola, scottando come fuoco, mentre il ginseng al suo interno mi pizzicava la lingua.

-Non sono timido. Stavo solo pensando. Ero venuto qui per un motivo ben preciso-

-Quale? Se devo essere sincero, probabilmente non è importante, te ne sei scordato dopo il nostro abbraccio-

-Sicuramente è così- sentii Jimin esultare vittorioso alle mie parole, ma cercai di non farci caso -Ma nemmeno tu ci hai pensato due volte prima di saltarmi addosso-

-Hey, io stavo studiando e tu mi hai distratto, non è colpa mia-

-Certo. Comunque sto perdendo di nuovo il filo del discorso. Se hai notato ho portato con me la chitarra...-

Lui sporse il viso oltre la mia spalla, per osservare il salone. Sulla poltroncina di pelle era steso l'oggetto musicale, che aveva assistito silenzioso al nostro rapporto.

-Oh vero, non ci avevo fatto caso. Nella foga del momento mi è sfuggito. Perché l'hai portata?-

-Voglio provare a suonare nel tuo locale. Ho deciso che ci proverò. Alla fine è sempre stato questo il mio sogno, riuscire ad esibirmi. Quando ci ho provato la prima volta mi sono messo in un caos assoluto, ma ora che mi si presenta l'occasione di risalire in superfice, di uscire dalla nube di problemi che mi perseguita, voglio farlo. Trovare un lavoro stabile sarebbe l'ideale e se tu mi raccomandassi avrei ancora più possibilità-

-Al mio capo non piacciono molto i tipi come te, sai. Quando te l'ho proposto non ero serio. Tu sei sempre vestito di nero, così cupo e triste che spaventeresti i clienti. Non sei il tipo ideale per suonare in un locale-

Sorrisi alle sue parole, ricordando che erano le stesse che mi aveva detto mille volte Si Wool. Ero cambiato, senza nemmeno rendermene conto. La mia giovinezza era passata ed io non avevo fatto in tempo a sentirla scorrere via dalle mie dita che era già sparita.

La musica era la mia unica salvezza, con lei avrei potuto essere di nuovo Yoongi. Il piccolo Yoongi.

-Ti sbagli Jimin, tu non mi hai ancora conosciuto. Senti- presi coraggio e lasciai sgraziatamente il cucchiaino all'interno della ciotola dove stavo consumando, per dirigermi verso la poltroncina. Presi la chitarra nera in mano, scorrendo le dita sul legno dipinto, così finemente.

Presi un sospiro ed attaccai un accordo.

Non suonavo da molto tempo, quindi mi fu quasi estranea la sensazione delle dita pressate sulle corde che quasi mi fece male. Non avevo più i calli, e le corde metalliche mi ferivano i polpastrelli. Però non importava, guardai Jimin negli occhi e lui mi mandò un bacio volante.

Potevo farcela.

Lasciai andare i pensieri e la mente, prendendo a suonare a memoria "Diventando solo" di Byung Jin-Sub. Le note invasero la stanza e non sentii più dolore. C'eravamo solo io e la musica. La melodia che dolcemente cullava il mio animo ed io. Una sinfonia del 1988, io e Jimin.

Era perfetto così.

-Devo parlare con il capo, è urgente

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-Devo parlare con il capo, è urgente. Ti giuro che ho trovato un successo! Kim, dammi ascolto è un fenomeno-

-Jimin riesci a calmarti un attimo? Di chi stiamo parlando innanzitutto?-

Guardai con una smorfia in viso il mio collega, che lavorava insieme a me nel locale. Si chiamava Kim Taehyung ed era figlio di una povera famiglia di contadini. Era noto per la sua voce baritonale e profonda, che come l'acqua di travolgeva, portandoti ad affogare in una marea di emozioni differenti.

Avevo un viso delicato, la pelle bianca come il latte, il naso si curvava deliziosamente al centro del suo viso, mentre i suoi occhi marroni brillavano come gemme. Era un ragazzo prezioso. Non possedeva niente, eppure aveva tutto. La gentilezza, la pacatezza, generosità. Mille caratteristiche invidiabili che mi avevano sempre portato a domandarmi se fosse umano.

Per me era come un angelo.

-Taehyung, ti scongiuro. Non ci credevo neanche io, ma questo ragazzo qua- presi Yoongi per una manica del suo giubbotto di pelle nero - il suonatore, è magia pure. Fallo entrare nell'ufficio del Capo e lascia che faccia una prova-

-Siamo al completo con il personale, come credi che possa accettare?-

-Quando sentirà le sue note impazzirà. Io mi sono quasi messo a piangere-

Yoongi si dimenò dalla mia presa, forse a disagio, inserendosi nella conversazione.

-Suona la chitarra, il pianoforte e il kayagum. Posso soddisfare qualsiasi richiesta. Chiedetemi di cantare e lo farò, suonare e sarò disponibile. Di sorridere al pubblico, vestirmi anche elegante. Ma lasciatemi provare-

-Va bene, lo farò. Chiedo di lasciarvi passare per un colloquio, ma sappi che queste sembrano più frasi da schiavo in cerca di pane che di un suonatore che vuole un lavoro-

Mi imbarazzai al posto di Yoongi, sentendo il disagio correre nelle mie vene, come veleno.

Perché alla fine Yoongi era veramente uno schiavo, di un'organizzazione criminale, ma anche di sé stesso e dei suoi errori.

Io volevo aiutarlo a diventare di nuovo libero.

ᴍᴀғɪᴀ- уσσимιиDove le storie prendono vita. Scoprilo ora