capitolo-29

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Yoongi's pov

Girai il cucchiaino nel tè, all'interno di una tazza di ceramica, lasciandoci sbattere la paletta concava, mentre cercavo di confondere lo zucchero nella bevanda calda vietnamita ai fiori di loto. Un liquido rosa flambé, sulla cui superfice si erano depositate delle piccole bollicine d'aria. Poggiai stancamente il cucchiaino sulla tavola, accompagnando la tazza alle labbra. Presi un ultimo respiro e poi lasciai scorrere sulla lingua il tè zuccherino, dall'allettante sapore.

-Come stai?- ruppi improvvisamente il silenzio, cercando con lo sguardo il calore degli occhi di Jimin.

Sapevo si fosse spaventato e probabilmente si sentisse vulnerabile e ferito, ma la consapevolezza prima o poi sarebbe accaduto si era già abbattuta sulla mia mente, più volte. Non appena decisi di andare da lui settimane prima, dopo il nostro incontro, capii che non avrei potuto proteggerlo. Ogni mio tentativo non aveva valore quando lì fuori ad aspettarci c'era un gruppo di leoni affamati, pronti a sbranarci. Mi sentivo molto come un cinghiale in gabbia. Probabilmente avevo la forza di reagire, ma cosa potevo fare contro il re della savana?

-Tutto bene, credo. Come fai a vivere in un ambiente simile? Non ti sei stancato di sopportare tutta questa violenza?- disse Jimin, con dei lacrimoni agli occhi pronti a rotolare sulle sue dolci guance.

Se mi ero stancato? Da tempo ormai, ma non ero nelle condizioni di fermare tutto quello che stava accadendo. Ogni problema si arrotolava agli altri, creando un ingarbugliato intreccio di fili irrisolvibile. La polizia non mi credeva, non avevo amici su cui poter contare e l'unico lavoro che ero riuscito a trovare era a rischio a causa del Capo.

-Sai, dopo un po' ci fai l'abitudine. Diventa di casa il dolore. Ho raggiunto una condizione mentale in cui tutto ciò che mi circonda non ha più valore. Ne sono insensibile, tanto che ormai non cerco più pallativi per le mie ferite-

-Non dovresti abituarti, nessuno dovrebbe...-

-Lo so- portai nuovamente la tazza alle labbra, dopo aver finito di parlare. La lingua scottava e sentivo un piccolo pizzicore là dove la bevanda era passata.

Mi lasciai andare ad un verso soddisfatto dopo aver riportato la tazza sulla tavola, stringendola con entrambe le mani, alla ricerca di quel piacevole calore che emetteva.

-Comunque... mi sorprende il tuo modo di parlare, sai?- mi girai verso Jimin, quasi sorpreso, con un sopracciglio alzato, alla ricerca di una risposta.

-Quando ti ho visto la prima volta pensavo fossi un ragazzo di strada, tutto parolacce e violenza, invece sei carino... Non di aspetto, intendo. C'è... anche, ma non è quello che intendevo. Non che tu non sia bel-

Stoppai la sua lagna in pochi secondi, posando le mie labbra sulle sue. Quanto mi erano mancate. Cedevano così dolcemente alla pressione delle mie labbra, che mi lasciai andare in un sospiro felice.

Questo ero ciò che avevo cercato dal momento esatto in cui eravamo usciti dal locale dove lavorava Jimin. Dove avrei lavorato anche io.

Quel tipo di contatto, così semplice, ma pieno di emozioni e significati, simboleggiava più di ciò che volevo ammettere.

Sentii Jimin muovere lentamente i suoi boccioli rosa sui miei, creando una frizione assolutamente voluttuosa, che mi portò ad avvicinarmi al suo corpo caldo. Poggiai una mano sul suo fianco destro, carezzando la sua pelle, creando dei piccoli cerchi sul costato con il pollice. L'altra mano trovò posto dietro la sua schiena, là dove potevo avvicinarlo a me e sorreggerlo.

Dal canto suo, Jimin non stette in silenzio, fermo. Poggiò con entusiasmo le sue mani tra i miei capelli, tirando le ciocche scure alla cute e, maledizione, io avevo un debole per quei tocchi così sicuri e misurati.

Per quanto provassi a prendere il controllo di quel bacio, sentivo che fosse il mio Jimin ad avere la forza di decidere come e quando sarebbe finito il tutto. Non avevo vigore con lui, tutti i miei mostri cadevano e iniziavo a sentirmi debole... Debole per lui.

Ci eravamo staccati dalle nostre labbra e dai nostri sentimenti, pochi minuti prima

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Ci eravamo staccati dalle nostre labbra e dai nostri sentimenti, pochi minuti prima. In quel momento ci guardavamo timidi, chiedendoci con i nostri occhi cosa fare, come se fossimo stati insicuri. Ogni sguardo era così carico di complicità che mi sentivo tutto un fuoco dentro.

Viaggiavamo su un'unica onda, cuore a cuore, pronti a starci vicini. Eppure in quel momento mi sentivo così imbarazzato. Forse perché non ci eravamo mai baciati in quel modo, così passionale, focoso e pregno di sentimenti.

Stavo quasi per parlare quando improvvisamente sentimmo il campanello di casa suonare. Un trillo forte e deciso invase il nostro silenzio, portandomi a chiedere con fastidioso chi potesse aver interrotto un momento così delicato.

Jimin si alzò con un semplice -Stanno chiamando al portone- lasciandomi solo con i miei pensieri omicidi e la tazza di tè. Sentii delle voci indistinte parlare, un verso soffocato di sorpresa e poi il ragazzo tornò da me, con viso scioccato.

-È Hobi- assunsi un'espressione confusa, non capendo ciò che mi avesse appena detto.

-Chi scusa? Di chi stiamo parlando?-

-È il mio migliore amico, cazzo. Gli ho parlato di te, ma prima che ci conoscessimo così bene... potrebbe essere strano-

-Scusami, ma mi puoi spiegare perché è venuto qui?-

-Qualche giorno fa mi ha promesso di venirmi a trovare ogni settimana, per controllare che stia bene, quindi è qui. Non pensavo minimamente che potesse presentarsi ora-

-Va bene, calmiamoci. Se gli hai parlato non c'è motivo di nascondersi, no?-

-Ho parlato di te come un gangster pericoloso per cui mi ero preso una cotta-

-Siamo fottuti-

Queste furono le mie ultime parole prima che la porta del piccolo trilocale si aprisse con decisione. Una figura alta e snella fece la sua comparsa nella casa. Aveva le guance paffute, adornate da un'adorabile rosso. Gli occhi sembravano ricordare due piccoli sorrisi, dedicati a Jimin, che si precipitò subito tra le braccia di quell'uomo.

-Hobi Hyung! Non ti aspettavo-

-Lo noto... Chi è?-

Jimin arrossì disperatamente, cercando di deglutire e riprendere la razionalità che lo aveva abbandonato. Si grattò imbarazzato il retro del collo per poi indicarmi con mano poco ferma.

-Lui è Yoongi, te ne ho parlato. Ricordi?- Il ragazzo al fianco di Jimin sembrò sbiancare, perdere ogni sicurezza con cui era entrato nella stanza. Girò lo sguardo verso di me, stupito, alternandolo dal mio viso pulito, alle mie cicatrici e i miei lividi sulle mani e le braccia, lasciate scoperte dalla maglia grigia che Jimin mi aveva prestato.

-Il ragazzo del parco? Sei serio? Quante volte ti devo dire di non innamorarti di casi umani?- non seppi chi arrossi di più tra me e Jimin. Entrambi cercammo i nostri occhi, che una volta incontrati sembrarono comunicare uno stesso disagio. Mi sentivo strano, cercavo dappertutto in quella stanza un qualcosa a cui potessi appoggiarmi o dietro cui nascondermi. Avrei voluto scomparire, inghiottito dal pavimento. Eppure per quanto ci provassi ero sempre lì.

Sarebbe stata una lunga chiacchierata. 

ᴍᴀғɪᴀ- уσσимιиDove le storie prendono vita. Scoprilo ora