capitolo-23

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Yoongi's pov

Mi avviai senza esitazione nei miei passi, cercando di tenere un ritmo quando più sostenuto possibile, mentre raggiungevo la panchina all'interno del parco dove mi ero nascosto per giorni. Ormai il freddo diventava sempre più pungente, eppure a me non importava. I miei muscoli erano congelati e chiedevano pietà, volevano riposare. Io però dovevo raggiungere la panchina il più velocemente possibile.

Tutta la mia vita era come se dipendesse da quella singola camminata, ogni passo che faceva mi sembrava di sentire attorno a me i fruscii di vestiti che rimanevano impigliati tra i cespugli, eppure nessuno mi stava inseguendo.

Come ragni neri mille mine mi seguivano sotto terra. Vedevo la terra alzarsi e abbassarsi come un tappeto dove le mine di spostavano, l'erba emetteva suoni spaventosi ma io non avevo paura per la mia vita.

Dovevo solo continuare e tutto sarebbe andato bene.

Il suono di mille catene che, come serpenti, si arricciavano e contorcendo tra i rami degli alberi, facendo muovere con il vento i loro rami. Le lingue biforcute colme di veleno, ma io mi sentivo immune.

Avevo smesso di avere paura molto tempo fa, probabilmente era sbagliato, non sarei sopravvissuto senza il terrore, ma io non riuscivo più a trovare un motivo per cui preoccuparmi veramente del mio destino.

Se Ananke avrebbe voluto portarmi via, lontano da tutto il dolore, io avrei accolto il suo volere senza alcuna obbiezione.

Ecco perchè camminavo così velocemente, perchè quei pensieri mi facevano sentire strano, come se un pezzo della mia anima si stesse spezzando dal mio corpo. Ed io non ero disposto a cederlo, non quel giorno. Come granelli di sale il mio corpo si scioglieva nella brezza invernale.

Raggiunsi la panchina in pochi minuti, anche se per il cuore durarono ore e iniziai a cercare lì vicino il luogo dove avevo nascosto il mio tesoro più grande, il mio piccolo diamante prezioso.

La mia chitarra giaceva tra l'erba, nascosta in uno dei cespugli in cui gli uomini armati mi stavano aspettando, loro, i cui vestiti si impigliavano, erano pronti ad uccidermi. Ma io non li pensai, guardai solo il mio gioiello con sguardo fermo e coraggioso e lo raccolsi, stando attento ai serpenti esplosivi e i serpenti di catene che la mia mente aveva creato come in un sogno.

Era tutto un sogno alla fine, ma io sentivo davvero sulla mia pelle lo sguardo di qualcuno. Era tutto troppo reale. Quasi rimpiansi il calore della stanza di Si Wool.

Se avessi corso velocemente forse sarei riuscito nel giro di dieci minuti a raggiungere la sua casa, quindi mi affrettai, con la chitarra in mano iniziai la corsa.

Prima a destra, dritto per una ventina di metri, fino ad una quercia, poi di nuovo a destra, in una piccola stradina, a sinistra. Un passo e poi un altro. Presto mi ritrovai di fronte ai grandi palazzi del condominio che cercavo.

Alcuni allarmi iniziarono a suonare, insieme a decine di fischi. Le mine erano vicine, il tappetto d'erba e asfalto ormai non poteva più nasconderle e le catene serpeggiavano sibilando. Gli uomini neri mi osservavano.

Era veramente questa la realtà o stavo sognando?

Mi precipitai verso il campanello dell'abitazione di Jimin, cercando il suo numero per poi schiacciarlo concitatamente. Non avevo più pazienza. La porta si aprii senza che riuscissi a sentire cosa mi avesse detto il giovane.

Salii le scale senza soffermarmi ad osservare alcun dettaglio, non mi importava più.

La porta di legno del suo bilocale era aperta, mi ci fiondai all'interno, sollevato e non appena lo vidi lasciai nascere una smorfia sul mio viso. Era qui, eravamo insieme.

-Yoongi-

Mi abbracciò forte e all'improvviso le mine si fermarono, i mille occhi da ragno si spensero, le catene si accasciarono al suolo e gli uomini caddero come se li avessero sparati.

E a tenere la pistola era Jimin, con il suo profumo inebriante e il suo sorriso dolce spezzava ogni insicurezza, con lui al mio fianco tornavo ad aver paura e quasi piansi di gioia quando me ne resi conto. Se lo guardavo negli occhi il terrore si impossessava del mio corpo, perché io non volevo perderlo. Era lui il motivo per cui vivevo?

Le sue sopracciglia marroni e sottili erano distese e conferivano al suo viso, dalle forme morbide, serenità

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Le sue sopracciglia marroni e sottili erano distese e conferivano al suo viso, dalle forme morbide, serenità. Gli occhi contornati da piccole occhiaie, dato dall'accumulo di melanina degli ultimi giorni, le sue iridi brillavano nel loro colore simile al cioccolato, pronto a sciogliersi per quanto caldi mi sembravano. Le guance erano rosate, forse a causa dell'imbarazzo, però a me piaceva vedere come non riuscisse a trattenersi con me, lo adoravo. Le palpebre erano aperte, certe volte si chiudevano per godersi meglio l'abbraccio in cui eravamo stretti.

Io e lui. Sul suo divano morbido e comodo, stesi. Io sulla copertura in cotone della base, mentre Jimin poggiava tranquillo, quasi senza respirare, tanto lenti erano i suoi sospiri, sul mio addome, stringendomi stretto.

Non mi aveva lasciato andare dal primo momento in cui ci eravamo rivisti. Io avevo ritrovato la pace di vivere e lui sembrava aver riscoperto come calmare il suo animo. Mi aveva tirato verso il soggiorno senza esitare, non una parola aveva abbandonato la sua bocca a parte quel "Yoongi" sussurrato. E a me andava bene così, era per questo che ero lì, per ritrovare la calma. La chitarra che avevo portato era poggiata sullo schienale di una piccola poltroncina beige, lo stesso modello del divano, dove sarebbe rimasta per molto tempo.

Non riuscivo più a ragionare se Jimin mi stava vicino.

Dovevamo parlare certo, ne ero consapevole, eppure non riuscivo a trattenermi, quello era tutto ciò che desideravo, niente d'altro.

Osservai le sue labbra, che, come un fiore ricoperto di rugiada, brillavano sotto il sottile strato di lucidalabbra che aveva applicato con cura. Erano così invitanti che quasi sentii l'acquolina e la saliva iniziare a venire prodotte in bocca senza sosta.

Ne avevo bisogno.

-Jimin- usai un tono di voce sereno e basso, per cercare di attirare la sua attenzione. Avevo notato più volte che quando abbassavo la voce chiudeva gli occhi, quasi come se volesse godersi meglio le mie parole. E se a lui fossero piaciuti sarei stato disposto a regalargliele tutte. Per lui.

-Sì? Yoongi stai bene? Per cosa sei venuto?-

-Non ti preoccupare di questo adesso, volevo solo farti una domanda... per favore- E se la mia mente non fosse stata abbagliata dalle sue labbra e i suoi sospiri che lasciavano riscaldare la mia pelle ormai bollente, forse avrei pensato che io non pregassi mai nessuno. In questo mondo nemmeno un uomo è degno di essere pregato da parte mia, perchè nessuno mi ha mai aiutato o protetto. Però Jimin è diverso e proprio per questo non ci feci caso. L'aria era troppo pesante perchè riuscissi a pensare abbastanza velocemente da star dietro alle mie azioni e quel "per favore" ben presto si disperse nell'aria, dissolvendosi.

-Cosa c'è?- sussurrò.

-Posso baciarti?-

ᴍᴀғɪᴀ- уσσимιиDove le storie prendono vita. Scoprilo ora