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Guardo il mio riflesso nel bricco del latte di metallo. Osservo le mie occhiaie, i capelli raccolti e la pelle pallida. Sono stanca e non so proprio a che pensare .
"allora non pensare" mi giro di scatto e sorridendomi dietro alla sua montatura scura Maria si siede al bancone cominciando a battere le dita laccate di rosso sul compensato. La pelle raggrinzita fa a cazzotti con le labbra scarlatte e con la pelliccia leopardata ma è una cliente abituale e in qualche modo con i suoi modi bruschi mi sta simpatica.
"mi fai un caffè?" Mi chiede sorridendo, mostrando la sua dentatura ingiallita dal fumo di sigaretta.
Mi volto verso la macchina del caffè e poco dopo mi sento chiedere:
"drammi amorosi?"
Scuoto la testa mentre gli poggio davanti la tazzina bianca. La guardo aggiungere dello zucchero e mischiarlo lentamente con il cucchiaino e senza perdere contatto con i miei occhi, bevendone un sorso afferma: "però si tratta certamente di un uomo"
"Si tratta sempre di uomini" la vedo annuire e con il cucchiaio raccogliere i rimasugli di caffè mentre se lo porta alla bocca.
"Non farti fregare dall'amore"
"L'amore non fa per me "
"Diciamo sempre così noi donne e poi ci caschiamo sempre"
Mi porge la tazzina macchiata di rossetto, afferra la borsa e esce dal locale, così senza dire più niente. La porta suona e la osservo attraverso le vetrate accendersi una sigaretta e andarsene.
Afferro la tazzina, con la spugna levo le tracce rosse e mi guardo intorno. Il locale è vuoto, afferro la scopa e inizio a pure la sala aspettando il cambio turno con il capo. Sistemo i tovagliolini e le zuccheriere e, puntuale come al solito alle due entra Mario.
Sento il solito scampanellio della porta appena entra, gli faccio un occhiolino mentre mi slaccio il grembiule e vado nello sgabuzzino recuperando la mia borsa blu. Frugo all'interno cercando le chiavi e chiavi in mano mi appoggio al bancone.
"Com'è andata stamattina?" mi chiede dandomi il solito buffetto sulla guancia.
"Il solito"
"Vuoi un caffè?"
"Già bevuto" dico ridacchiando e scappo, salutandolo con la mano mentre lo vedo scuotere la testa ridendo.
Appena sento l'umidità invernale mi pento di non aver preso il giubbetto. Mi stringo nel mio maglione e continuando a camminare velocemente arrivo al portone con le dita blu per il freddo. I denti battono per il freddo e appena sento il torpore corro sulle scale per entrare in casa e accendere i termosifoni.

Sblocco la porta, appoggio la borsa sul divano e dopo aver girando la rotella del termostato entro in doccia per levarmi di dosso la stanchezza.
L'acqua bollente fa ritornare le mie dita al loro normale colorito e strofinandomi il viso con il bagnoschiuma cerco di eliminare le tracce di mascara invano, perché appena esco dalla doccia e mi guardo allo specchio due chiazze nere mi fanno sembrare un panda.
Racchiudo il mio corpo nudo in un candido asciugamano bianco e con pazienza e molto struccante cerco di migliorare la situazione. Ci riesco ma le occhiaie non spariscono anzi, rimangono, segno della notte insonne passata a pensare.

Non asciugo i capelli, tenendoli rinchiusi in un turbante, afferro una tuta orrenda rossa e stendendomi sul letto con un libro cerco di non pensare.
Inizio a sfogliarlo, facendo attenzione a dove si trovasse l'orecchietta all'angolo della pagina. Guardo le candide pagine e le lettere stampate, osservo le mie note al margine e tutto diventa più confuso, quasi pesante, come se tutta la stanchezza che provo cerca di tirarmi dentro un loop infinito contro la mia volontà. I miei sensi mi fanno rivivere immagini confuse e sentire delle parole scollegate. Mi agito a tal punto che apro gli occhi. Il libro è caduto a terra e io sono accucciata su un fianco senza più turbante, con i capelli ancora bagnati.
Mi alzo, raccolgo il libro e rientrando in bagno mi asciugo i capelli. Passo in soggiorno e afferrando i sacchetti dell'immondizia scendo in strada senza pensare allo sbalzo termico e inizio a correre verso il cassonetto per sfuggirgli. Apro il cassonetto e butto quell'enorme sacco nero tra le mie mani ma, quando alzo lo sguardo vedo Matteo. È proprio avanti me come un ombra, però dall'altro lato della strada. Senza pensarci su gli urlo un:" che fai mi spii?"
Posso giurare di aver visto sorridere mentre con tutta la calma del mondo attraversa la strada e si ferma a pochi metri da me.
"Ero di passaggio"
"Gli stalker dicono così" ridacchio mentre richiudo il coperchio del secchio della spazzatura con un sonoro schiocco e gli do le spalle. Incomincio a camminare mentre mi blocca per polso.
"Ero venuto in realtà per vederti"
"Quindi hai detto una bugia prima?"
"Si"
"Cosa vuoi?" Gli chiedo anche se il tono mi esce più duro del previsto.
"Vederti"
"Questo l'ho capito" dico ovvio aspettando qualche spiegazione in più da lui.
"Conoscerci"
"A quanto pare tu mi conosci già molto bene" cerco di metterlo con le spalle al muro ma falliscono miseramente quando con tutta tranquillità aggiunge:" ma tu no" sospira "voglio uscire con te"
Mi fa tremendamente paura questa sua richiesta. Non sono pronta a passare del tempo con lui da soli. Cosa ci saremo detti? Cosa avremmo fatto? Non lo conosco neanche, come potrei fidarmi di questa persona ancora una volta.
"Non parli più?" Continua vedendomi tremolante e stranamente silenziosa.
"Non so che pensare "
Faccio per guardarmi le ciabatte pelone nere che una goccia mi cade proprio sulla fronte.

Osservo il cielo cupo poi le punta delle mie dite viola per il freddo e poi lui, rinchiuso in un piumino blu.
"dai Ali"
"Voglio solo capire come ci siamo conosciuti"
"Non posso"
Sentendo queste parole le mie labbra s'increspano in una smorfia. Gli do le spalle e quasi correndo raggiungo il portone, infilo la chiave sulla toppa e sentendolo ancora alle mie spalle gli dico:" ho molte cose da fare "
"Non sai raccontarmi le bugie" lo sento sospirare e bloccare la porta con la mano.
"Non posso dirti niente perché sennò non avrei più una scusa per vederti ancora".

Non aspettandomi una risposta del genere rimango in bilico tra il suo corpo proprio alle mie spalle e la salvezza tra le quattro mura di casa mia.
" Esci con me in centro"
"Come faccio a sapere che mi dirai quello che voglio sapere?"
"Non lo sai" fa spallucce e aggiunge "è questo il bello"
"Ma io voglio sapere"
"Non hai saputo fino ad adesso e neanche i tuoi amici a quanto pare non hanno detto niente quindi, perché proprio adesso vuoi essere curiosa?"
Le sue parole mi fanno male come una pugnalata immaginaria al mio cuore e rimango stordita quando sento la parola "amici" dalle sue labbra.
"È la mia vita"
"E se la verità poi non ti piace?" Mi afferra per il mento e gira il mio viso verso il suo.
"Pensaci, adesso puoi scegliere ma quando saprai non puoi più tornare indietro"
Rimango interdetta per le sue parole sapendo che sono la verità.

" Ti lascerò in pace se uscirai con me e se non lo farai verrò qui ogni pomeriggio"
"no " dico quasi urlando sconvolta dal suo cambio di umore improvviso e dalla sua sottile minaccia.
"Allora esci con me, tesoro, è molto semplice: se non mi vuoi vedere ogni giorno entrare nel tuo splendido bar esci con me stasera"
"Sei un rompi scatole" gli dico innervosita "allora tesoro? Cosa scegli oggi o il per sempre?" Con un ghigno mi fa capire che sa di aver vinto e farfugliando sento dire dalla mia bocca:" accetto di uscire con te" .
Me ne sto subito pentendo di aver risposto di si. Non ho voglia di cambiarmi ma la curiosità mi spinge ad oltrepassare il portone e dirgli:" aspettami qui".
" dove pensi di andare?"
"Non penserai veramente che io esco così?" Dico con una punta di ironia indicando il mio vestiario alquanto discutibile.
"Entro e ti aspetto in casa"
"Non funziona così caro" e con l'indice gli faccio un no davanti al suo sguardo " tu mi aspetti qui"
" dai Ali , si muore di freddo qui fuori" ribatte "non è un mio problema" e spingendolo dietro gli sbatto la porta in faccia. 

Fatidica CoincidenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora