39 Ricordi

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Incazzata nera mi presento alla festa. Tacchi neri laccati in mano, jeans blu e una bralette nera.
Riguardo il telefono e osservo l'ora, le undici, e ripenso a quel messaggio di merda:

Ci troviamo direttamente alla festa, sono già qui.

Nè una parola in più né una in meno. Mi doveva venire a prendere per la festa port-maturità ma mi ha davo buca all'ultimo. All'inizio ho pensato di non venire più ma i miei migliori amici erano già qui quindi, si sarebbero insospettiti se non mi avessero vista di fianco a Jason. Per evitare domande a cui non volevo rispondere me la sono fatta a piedi.
Stessa villa, stessa tipologia di festa organizzata dal solito ma io ero diversa, ero furiosa, come un toro che vede tutto rosso.

Appena varco la soglia mi rimetto i tacchi. Osservo la coltre di fumo sopra le teste di ogni invitato, l'odore acre del sudore mi invade le narici e la musica mi spacca le orecchie .
Come se fosse un flashback rivedo Jeremy dietro al bancone, con il dj che mette le solite tracce e il pavimento pieno di bicchieri vuoi e ghiaccio.
Lontana da occhi indiscreti, appoggiata ad un muro digito furiosa un messaggio a Jason:

Dove sei?

Anche se le persone non aiutano perché continuano a spingermi o a sbattermi a dosso, dopo poco, sento il telefono tremare sulla mia mano. Lo riaccendo e leggo:

Sono fuori.

Senza perdere tempo mi ributto nella mischia per  uscire. Sento l'aria fresca e sospiro ma guardandomi intorno mi si accappona la pella, non per il freddo, ma per l'inquietudine che mette la villa.
Il giardino è poco illuminato, qualche lampione non funziona bene quindi inevitabilmente lampeggia ma prendendo coraggio comincio a guardarmi in torno. Cammino lentamente per captare qualche rumore ma prima che me ne renda conto qualcuno mi afferra da dietro. D'istinto lancio un urlo fermato dal palmo dello mano dello sconosciuto, che solo dopo mi accorgo che è proprio Jason.

"Alla fine ti ho trovata io" mi sussurra.  L'alito  gli puzza terribilmente e mi dimeno per fargli intendere di lasciarmi.
Senza ascoltare il mio messaggio subliminale mi trascina lungo tutto il giardino, come in trans lo seguo senza ribellarmi. Ci spostiamo quel tanto dalla casa da non vedere quasi più una luce e mi appoggia ad un vecchio salice piangente, nascondendoci ancora di più da occhi curiosi.

"Ciao" un dolce sorriso gli increspa le labbra. Mi da un bacio con trasporto che finisce quando lo spintono via.
"Hai bevuto?"
Sono furiosa, non solo perché non ha mantenuto l'impegno dato ma, anche perché se n'era stato qui per tutta la sera a bere come una spugna.
"Sono solo brillo" la classica scusa, anche se si poteva osservare lontano chilometri che non era solo ubriaco. Quegli occhi rossi o l'alito mischiato al fumo di sigaretta e vodka rende tutto più veritiero. Se n'era stato qui a drogarsi e a bere, fumando come una ciminiera rendendolo irriconoscibile.

"Mi hai fatta venire a piedi per un tuo capriccio?" Non faccio a meno di alzare un tono la voce e lui mi ribatte subito: "Non urlare, mi fa male la testa". Si massaggia le tempie e continua: "Introltre se proprio vogliamo puntualizzare hai il culo moscio, quindi ti fa sono che bene una passeggiata "

Non ci rimango male per le sue parole ma per il suo atteggiamento, mi guarda come se fossi uno stuzzichino. Piano piano incomincia a sfiorarmi  ogni centimetro del petto con il polpastrello dell' indice, senza guardarmi negli occhi mentre mi risponde.
È sciatto anche nel suo vestiario. Pantaloncini corti blu, una maglietta nera sporca di qualcosa di indefinito e sulla testa ha degli occhiali da sole che gli tengono a freno i ciuffi ribelli .

"Perché ti sei conciato in questo modo?"
"Shh" mi zittisce con un dito sulle labbra avvicinando anche il suo corpo al mio. Per scappare da questo contatto indiscreto mi appiattisco al tronco, invano. Tento l'approccio di andarmene via ma mi ferma con il suo corpo, impedendomelo. Sono bloccata.
Inizio ad avere paura, i tacchi mi limitano perché cominciano ad affondarmi nel terreno non dandomi neanche quella discreta possibilità di divincolarmi e correre via. Guardandomi da una parte e dall'altra cerco qualcuno o perlomeno  una via di fuga, ma capisco subito che lo avrei dovuto affrontare.
"Basta parole" si guarda in torno " siamo solamente tu e io, lontano da occhi indiscreti come l'ultima volta"
"Però io ero consensiente, l'altra volta" sottolineo acida. In un nano secondo mi si avvicina sussurrandomi: "non essere impertinente con me"
"Sennò?" Chiedo sfidandolo "so cose di te che non vuoi che si sappiano in giro"
"Di che genere?" Il suo bluff era palpabile quasi reale. Ero stata molto attenta a tenere i miei fatti privati quindi, stava mentendo.
"Sei stata con me e ti sei fatta scopare come una troia sopra ad un tavolo da pic-nic, non vuoi che si sappia in giro vero?"

Fatidica CoincidenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora