Il profumo del caffè appena fatto, le strade semi deserte e qualche gatto sgattaiolato via da qualche casa mi ridanno la forza di affrontare un altro giorno in completa solitudine.
È l'alba e sto correndo in un completino color prugna. Le chiavi di casa legate al collo con un laccetto rosso tintinninano sopra al mio petto e i miei capelli legati in una coda di cavallo vanno in ogni dove grazie al vento. Non so dove sto andando però ho bisogno di un po' di respiro.Questo: il correre e il respirare a pieni polmoni, sono quei piccoli momenti che mi tengono ancora in vita, anzi che mi danno la forza di non cadere più in basso.
Purtroppo la vita non è mai stata clemente con me. Non posso vantare l'amore di due genitori , non sono bellissima e non ho soldi. Sono solo una ragazza che con il passare degli anni ho cominciato ad ignorare i comportamenti contraddittori di mia madre, cresciuta con la nonna e con un padre dall'altra parte del mondo.Non è stato semplice, ho ignorato troppe volte la verità e ancora rimpiango le mie scelte dettate dalla necessità. Il mio appartamento, ad esempio, non è il mio. Ho venduto l'anima al diavolo appena mio padre, per farsi perdonare delle sue mancanze, me lo ha regalato.
Ho accettato senza farmi troppe domande perché continuare a vivere per inerzia, senza più sorridere, sotto al tetto di mia mamma non era una scelta concepibile quindi, me ne sono andata.
Per lei, quel giorno è stata una vittoria, si è potuta rifare una vita, eliminando ogni mia traccia in quella casa.Appena fuori città mi fermo sopra un ponte. Prendo fiato, mi appoggio sul parapetto ed osservo. Il sole fa prendere al cielo delle sfumature arancio e l'acqua sotto di me, continua a scorrere imperterrita non accorgendosi dello spettacolo. Sono sola e non ho paura, perché la paura è dettata dalla perdita e io, non ho più niente da offrire al mondo per sentire questo bisogno.
Mi siedo sul parapetto, con i piedi a penzoloni, sfidandomi a buttarmi nel vuoto ma anche questa volta, il mio culo è ancorato al cemento.
Riguardo il sole, non più sulla linea dell'orizzonte e decido con un saltino di scendere. La strada scricchiola sotto la suola delle mie scarpe appena le mie gambe si muovono da sole. L'aria fredda mi fa lacrimare gli occhi e mi fa atrofizzare le dita ma senza rallentare continuo.Un suono del clacson però, mi fa sobbalzare. Mi risveglia dalla mia quiete e mi fa voltare verso un SUV grigio poco distante da me.
"Vuoi un passaggio?"
Con i suoi capelli biondi decolorati e il sorriso tutto denti, Jonny abbassando il finestrino e mi squadra dall'alto in basso.
"L'offerta è a tempo limitato"
"Non credo che tra le risposte accetteresti un no"
"Esatto, quindi salta su" e sporgendosi sul altro lato del sedile mi apre la portiera.
Faccio il giro della macchina e appena salgo lo sento chiedermi:" pensieri?", mi conosce troppo bene.
"Avevo solo voglia di respirare".Mettendo in moto la macchina, lui parte già sapendo la strada di casa mia. La radio a tutto volume intona le canzoni della sue playlist e solo ora noto che la quiete è finita e che la città si è svegliata.
"Ti ricordi dell'ultima festa a cui siamo andati?" Chiedo morendo di curiosità.
"Intendi quella di Mirko? Certo"
"Beh, perché io non ricordo niente"
Lo vedo sorridere in ansia, quasi preoccupato e mascherare tutto con un:" eri ubriaca fradicia quella sera"
"E perché non me abbiamo mai parlato?"
"Cos'è un interrogatorio?" Grattandosi i capelli, si volta verso di me quasi scocciato da tutte queste domande, il che mi spinge a continuare.
"Sto cercando di capire"
"Anch'io sto cercando di capire perché mi stai accusando"
"Non ti sto accusando" le mie parole mi escono fin troppo irruente e fermandosi proprio davanti casa mia, spegne la macchina.
"Cos'è successo Alice?"
"Ho conosciuto un ragazzo"
Detta così suona male, ma è la verità. I suoi occhi verdi diventano gelidi come due pezzi di ghiaccio, mi squadra di nuovo e molto lentamente scandisce:" chi è?"
Mi stringo nelle spalle quasi sulla difensiva, le mie guance addirittura si riscaldano appena penso a Matteo e quando lo esprimo a voce alta lo vedo richiudersi come un riccio.
"Non lo conosco"
"Allora dimmi cos'è successo a quella festa"
"Non è successo niente" ribatte a voce alta quasi disperato e lì percepisco la sua bugia.
"Lui dice il contrario "
"Cosa ti ha detto?" Mi prende per le spalle, quasi indemoniato e distaccandomi da lui esco dalla macchina.
"Non mi ha detto niente, ma riconosco quando mi dici le cazzate" Sbattendo lo sportello mi volto percorrendo il vialetto verso l'entrata del palazzo.
Lo sento accendere la macchina e abbassando il finestrino mi grida:" ci sono alcune cose che non si vogliono sapere, lo dico per il tuo bene "
"Per quanto potrà fare male voglio sapere la verità" gli urlo di rimando mentre inserisco le chiavi nella toppa.
"Non ti fidare di lui. È diverso da noi"
" non mi fido neanche di te perché mi stai nascondendo qualcosa" e sbattendo la porta mi nascondo in casa.Appena entro nel mio appartamento afferro una mela, mi spoglio mentre la mangiucchio e entro in doccia per togliermi il sudore di dosso. Appena avvolgo il mio corpo nell'asciugamano e appoggio i miei piedi sul tappetino rosa mi guardo allo specchio come ogni mattina.
Ormai il mio riflesso lo riconosco alla perfezione per la mia incapacità di cambiare colore o taglio di capelli o qualsiasi altra cosa. Io sono rimasta la stessa persona tranne che con Giulio.
Il nostro rapporto è stato sempre complicato. Ho vissuto un'infanzia senza di lui. Partiva spesso per l'Africa con una no-profit di cui, con il passare degli anni è diventato uno degli amministratori .
La cosa che più ha cambiato il mio modo di agire nei suoi confronti è stato quando ho realmente pensato che, lui salvasse le famiglie degli altri ma non la sua, ed è stato straziante arrivare a questa conclusione. Quell'anno l'ho definito come il mio anno di crescita, ovviamente non finisca, perché ancora le tette non le avevo, ma mentale, infatti da quel giorno ogni volta che Giulio, sporadicamente ritornava dall'altra parte del globo, a casa nostra, non ero più lì ad aspettarlo facendo salti di gioia o andandogli in contro correndo. Semplicemente non c'ero più e a lui non è mai importato niente.
Da quel giorno la famiglia si spezzò, piano piano anche mamma non c'era più all'aeroporto e si vedevano direttamente a casa. La non-attesa è stata la fine di un'amore. Mio padre ritornò meno spesso e il matrimonio si concluse con una bella litigata con i fiocchi, con tanto di chiamata dei vicini per lite domestica alla polizia e ovviamente con Giulio che, come era entrato in casa nostra, quella sera, con il suo borsone in spalla, è uscito ritornando al suo vero amore, cioè l'Africa, abbandonandoci a noi stesse.Appena sciugo i capelli li racchiudo in una coda di cavallo, afferro una maglietta nera e un jeans e pronta per scendere cerco la mia borsa. Frugo in ogni dove: nel letto, nell'armadio e finalmente spostando il cumulo di panni sopra alla sedia la trovo anche se cade tutto a terra. In ritardo cerco di rimettere dentro tutto il prima possibile. L'accendino, le chiavi, il telefono perfino un bigliettino trovo. Lo apro incuriosita e ci trovo scritto:
Grazie per la bella serata.
Ps. Sul retro c'è il mio numero di telefono. xoE voltandolo veramente c'è un numero a dieci cifre. Sorrido tra me e me e appoggiandolo sopra al comodino esco di corsa da casa.
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Fatidica Coincidenza
ChickLitUna sera, alla fermata dell'autobus Alice incontra un uomo. Si erano già incontrati, anche se i particolari del loro incontro non sono chiari alla ragazza, in realtà non si ricorda neanche le dinamiche di quella festa di mezza estate. I suoi ricordi...