"Dimmi cosa non va Ali"
Raramente Mario passava di mattina al bar ma questo è un giorno di quelli. Non so come fa ma, quando c'è qualcosa che non va lui lo sa sempre e puntualmente si presenta al bar.
"Perché pensi che papà se ne è andato?" domando a bruciapelo. Oggi è una giornata in cui tutti i ricordi della mia vita mi passano davanti, mentre servo brioche e caffè, e mi feriscono ripetutamente al petto.
"Tesoro, le persone sbagliano come tuo padre ma so che ti vuole bene" dice sospirando guardandomi negli occhi. So riconoscere nelle sue parole la verità ma mi pressa un'altra faccia della medaglia.
"Lui faceva del bene agli altri ma non alla sua famiglia. Io non lo capirò mai e non lo perdonerò mai. Non voglio odiarlo ma sono costretta perché mi ha fatto troppo male. Non mi ha mai dimostrato niente e sicuramente non inizierà domani " reprimo le lacrime. Lui mi prende una mano tra le sue. Sono ruvide, il doppio delle mie e calde.
"Io non so cosa gli è passato nella testa o cosa gli passi tutt'ora però so che se fossi stata mia figlia non me ne sarei mai andato."
Una lacrima esce dal mio controllo e solcano le mie guance viene ripulita dalle sue dita.
" Ti voglio avvertire figlia mia, arriverà il momento di affrontarlo e in quel momento starà solo a te scegliere di dimenticare tutto oppure no "
"se ritorna" dico con un pizzico di amarezza nella voce.
" Ritornerà, l'ho imparato con gli anni, anche da ragazzo nessun posto era casa sua, ci ha provato a stabilizzarsi grazie a te, ma il suo sogno è avere il mondo nel palmo della mano, anche se non credo che ci riuscirà mai." Strusciando lo sgabello a terra, si alza e se va lasciandomi rimuginare sulle sue parole. Erano passati anni dall'ultima volta che l'ho visto. Non ricordo più i tratti del suo viso o il calore della sua pelle, neanche sforzandomi riesco a ricomporre i lineamente del suo viso."Hey" senza neanche accorgermene Alex è qui, avanti a me, avvolto fino al naso nella sua sciarpa bianca e coperto dal piumino cenere.
"Cosa ci fai qui?" rispondo.
"Non esci con noi oggi?"
"No" dico mentre passo sotto l'acqua qualche tazzina ancora sporca di caffe sviando il suo sguardo inquisitore.
"Cos'ha fatto Jo questa volta?"
"Te sai cos'è successo quella sera?" Chiedo diretta senza fare troppi giri.
"Quale sera?"
"Non fare il finto tonto" e Alex sospira " lo so che non mi crederai Ali, ma io di quella sera non ricordo niente. Ero strafatto" e mi sembrò sincero mentre cercando le parole giuste continua: " e non so neanche il perché Jo si comporta così con te. Sei come una sorella per lui, la prima a rivolgergli la parola a scuola. Sei stata la nostra colla e senza di te saremo stati dei semplici sconosciuti" .
Nervosamente si mordicchia l'unghia dell'indice forse in attesa di una mia risposta ma vengo solo risucchiata sai ricordi.Ai tempi delle scuole elementari, Joe era solo, nessuno gli rivolgeva la parola. A ricreazione restava solo sul banco, con le gambe a penzoloni e senza merenda. Lui era stato soprannominato quello "strano", con con una madre che non c'era e con un padre che quando usciva per andare a lavoro non lo guardava negli occhi.
Mi ricordo bene quel giorno, io non ero sola ma volevo esserlo. Ero già stanca delle persone e della loro doppia faccia, non capivo la felicità che li inebriava mentre io ero semplicemente triste con quel panino al prosciutto che mia madre mi preparava ogni mattina. Quel giorno, mentre ero rimasta seduta anch'io nel mio banco scartando la stagnola che lo ricopriva, lo guardavo di sottecchi mentre lui era lì, con gli occhi più tristi che una bambina di sei anni aveva mai visto e forse addirittura più triste dei miei.
"Non mangi?" una domanda semplice, ma che a quel bambino che non conoscevo, fece venire gli occhi ancora più tristi. Una lacrima solitaria tagliò quelle guance rosse. "no" e mi avvicinai. Con un gesto involontario pezzai il panino in due: una più grande e una più piccola.
"Tieni, tanto non ce la faccio a finirlo tutto" e glielo porsi."Perché non vai a giocare con i tuoi amici?" mi chiese " anche te sei mio amico adesso".
Solo con queste parole lui prese dalle mie mani un pezzo di panino e mangiammo in silenzio per tutto il tempo. Il silenzio che avevamo entrambi bisogno, senza occupare spazio che occorreva all'altro.
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Fatidica Coincidenza
ChickLitUna sera, alla fermata dell'autobus Alice incontra un uomo. Si erano già incontrati, anche se i particolari del loro incontro non sono chiari alla ragazza, in realtà non si ricorda neanche le dinamiche di quella festa di mezza estate. I suoi ricordi...