49 LITIGI IN HANGOVER

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Il suono del campanello mi risveglia dalla trans momentanea.

Per riprendermi quasi completamente dalla serata passata sono stata tutto il giorno nel letto a dormire.
Qualche secondo ho pensato a Matteo, ma la stanchezza un attimo dopo mi ha suggerito di non pensarci più di tanto.
Il veglione di Capodanno ha sballato tutta la mia concezione del tempo come un get leg perché, solo quando sono le sei di sera riesco a recuperare la lucidità per alzarmi.
All'appello ci sono tutti i sintomi di una serata da leoni: hangover, occhi a panda per il mascara colato e dei lividi sul corpo di dubbia provenienza; senza contare che i miei capelli e i vestiti sanno di marijuana mischiato a sudore di pecora, un mix davvero orripilante.
Al volo senza pensarci due volte mi denudo, mi butto sotto il soffione di acqua bollente e cerco di levare le tracce fisiche della serata precedente. Appena tampono i miei capelli e il mio viso con un asciugamano rosa rivado in camera, raccattando il pigiama sotto al mio cuscino e la biancheria dal mio cassetto.
Con i capelli ancora umidi e il mio pigiama di Hello Kitty mi preparo una tazza fumante di tè nero aromatizzato ai frutti rossi.
Immergendo la bustina nell'acqua mi fisso ad osservare le venature scure, inzuppando qualche biscotto al cioccolato. Ed è proprio in questo momento che sento suonare allegramente il citofono. Mi alzo, guardo l'immagine in bianco e nero e apro al ragazzo impaziente di fronte al portone.
Gli lascio socchiusa la porta di casa e ritorno appollaiata sullo sgabello della cucina. Lentamente inzuppo, mordo e mastico per poi ingoiare svogliatamente del cibo pieno di zuccheri e conservanti che mi fa sentire subito meglio.
"Come stai?"
"Alla fine sei venuto"
Lo vedo guardarsi un po' in torno nell'oscurità per poi focalizzarmi. Si avvicina e autonomamente si versa una tazza di acqua calda e dalla scatola ne estrae un'altra bustina di tè.
"Avevo bisogno di riposare"
"Puoi dirlo forte" e sorseggio rumorosamente l'ultimo sorso di acqua, tralasciando le molliche sul fondo rosso della tazza.
"Come stai?"
"Come se un carrarmato mi ha investito"
"Una bella sensazione" si siede vicino a me ma, con un scatto mi rialzo dicendo:" te la cederei molto volentieri questa sensazione"
"Tutto bene Alice?"
"Secondo te?"
Ci guardiamo in attesa. Io con le braccia incrociate e lui pregandomi di non continuare. Discosta lo sguardo e con un gran sorso butta giù il liquido per poi riappoggiare la tazza nel lavello della cucina. Dire che sono ancora innervosita per l'accaduto di ieri sera è un piccolo eufemismo.
"Non sto bene neanch'io Alice, dammi un po' di tregua"
"Non ti darò la tregua. Voglio sapere tutto"
"Non c'è niente da dire"
Il mio sguardo viene intercettato da qualcosa. Guardo la barba trascurata, i capelli scompigliati e i pantaloni della tuta neri in abbinabili alla felpa blu. Le occhiaie sottolineano la sua stanchezza e la punta del naso rosso mi fa capire che fuori è molto freddo. Sembra tutt'altro ragazzo da come lo avevo conosciuto qualche settimana fa.

"I miei amici sono degli stronzi. Contenta? Era questo che volevi sapere, vero?"
"Sai che non è vero"
"Aspettavi da settimane la ragione che tanto agognavi, ed eccola qui, servita su un piatto d'argento"
"Sei crudele" dico con le lacrime agli occhi.
Certo, ho sempre pensato che quei soggetti erano degli stronzi ma vederlo così sofferente mi rende impotente. Non volevo spezzarlo con un pensiero del genere ma renderlo più cosciente della loro natura ma ovviamente non è servito a nulla, perché mi odia. Mi odia per essermi accorta di quello che erano, ancora prima di lui, ma come fare a biasimarmi? Lui era completamente concentrato dalla loro orbita da non riuscire ad accorgersi che lui scompariva al loro fianco. A loro non interessava quello che ora o che pensava, ma solo cosa indossava o quanti soldi aveva con sè e solo chi era all'infuori di questo quadretto poteva percepire chiaramente la situazione .

"Troppe persone nel corso di queste ventiquattr'ore mi hanno detto che sono cattivo, che questa non è la mia natura ma guardiamo in faccia la realtà, questo sono io e voglio essere cattivo perché sono stanco di essere buono" sospira ferocemente come un toro di fronte ad una bandiera rossa svolazzante "Ho fatto una guerra con quegli stronzi per qualcosa che neanche ricordavo, ti ho protetta dai loro giudizi e dalle loro cattiverie e l'unica cosa che ne ricevo è che sono crudele con te!" .
Mi affianca e prendendomi per le spalle, mi scuote leggermente continuando il suo monologo con un:" e tu non sei crudele con me? La tua indecisione mi fa soffrire ogni giorno. Quindi che cosa vuoi da me? Sappi però che non rimarrò per sempre ad aspettarti con il mio cuore in mano "

Il fiume tortuoso delle parole che gli volevo urlare mi si blocca in gola. Non fa rumore e neanche ribollisce di rabbia anzi, rimane calma come prima di una tempesta.
"Perché vuoi che un'etichetta ci definisca?"
" Perché solo così so che tutto quello che mi dici non sono solo sporche menzogne"
"Ma non lo sono" gli urlo davanti alla faccia,  per sottolineare tutto il mio dolore.
"Ti amo Matteo"
"E perché non vuoi essere mia?"
"Perché non puoi rispettare la mia decisione?"
"Basta aspettare" sospira " ciò messo tutto il cuore per te e in tutto quello che ho fatto per te. Per proteggerti, per difenderti e per farti sentire al sicuro da tutti gli altri"
Mi sono seduta sul divano cercando di credere alla sue parole ma le sue azioni ancora rivivono in loop, proprio davanti ai miei occhi. È il primo dell'anno, sono stanca e sentire integralmente cos'è successo ieri mi ha fatto insospettire che tutto ciò che abbiamo vissuto era un misero sogno. 
"E come ci sei finito a ballare con lei" non è una domanda ma un'affermazione, per sottolineare che avevo visto tutto persino il bacio.
"La conosci, è molto insistente"
"Io non la conosco per niente" dico alzando di un tono la mia voce.
"Non fare così Alice " fa per accarezzarmi una guancia ma mi discosto brutalmente.
"Cerca di capire quello che vuoi, prima di venire da me"
"Ma io voglio te, ti ho sempre voluta"
"Non ne sono così sicura e neanche tu"
Appoggiando la testa sullo schienale della sedia guardo il soffitto. Bianco, etereo che quasi mi fa dimenticare il pasticcio che sto vivendo.
"Perché ti interessa così tanto di lei?"
"Perché ci pensi ancora, ammettilo"
Scuote la testa guardandomi male e dice:" tranquilla, è l'ultima cosa che penso"
"E faresti male, è bellissima" purtroppo è la verità. È una donna affascinante, bella, forse un po' psicopatica ma si può trovare del fascino anche in quello. Con le forme al posto giusto e con due occhi da farti dimenticare tutte le altre.
"È solo un guscio vuoto, bella fuori ma vuota dentro."
"Ma ci sei stato insieme "
"Certo e non lo posso cambiare ma, essermi lasciato è stata la decisione migliore della mia vita"

Forse è la gelosia o l'incertezza di non essere neanche lontanamente come lei a farmi questo effetto ma, sento quasi il cuore spezzarsi al solo pensiero di non averlo più con me.
Mogia vado in cucina e mi verso dell'acqua dal rubinetto.
"Perché sento che non mi hai detto tutto?" Continuo fissando il fondo del bicchiere blu preso dal pensile della cucina. Sospira e lentamente sillaba:" non sono obbligato a dirti tutto, non sei nessuno nella mia vita"
Porto una mano agli occhi per coprire le lacrime salate che calcano le mie guance rosse. I residui di trucco del giorno prima vengono lavati da quell'acqua dolciastra, macchiando di nero ovunque, perfino la manica del mio pigiama usata per pulirmici su.
"Alice non fare così" fa per avvicinarsi ma con una spinta metto lontananza fra di noi.
Un'idea maligna mi sale in testa.
Ancora con il bicchiere fra le mani lo stringo mentre mi ripeto:
Non voglio più nascondere il mio dolore.

Guardo prima lui e poi il bicchiere tra le mie mani. Glielo tiro contro, mirando alla testa. Come per magia si discosta, i suoi tratti s'induriscono e urlandomi qualcosa cerca di fermarmi.
Afferro qualche piatto e scappando da lui glieli lancio come frisbee, il tutto mentre si scaraventano al suolo facendo un gran baccano. Faccio per afferrarne altri ma mi blocca da dietro sollevando di peso e levandomeli dalle mani. Mi butta sul divano, bloccandomi le braccia con le sue mani e il corpo con il suo.
"Sei un bastardo"
"Ho detto la verità, come ieri sera. Tu non sei la mia ragazza e non ti devo dare spiegazioni "
"E non lo diventerò mai" Urlo come una squilibrata, cercando di lanciare calci in ogni dove mirando però ai suoi gioielli di famiglia.
" Sei solo uno sporco e lurido bastardo in cerca di fica e io che ti credevo diverso!"
Smetto di dibattermi, ci guardiamo per un po' e come scottato dalla mia pelle bianca oltre che alle mie parole, mi lascia andare e scappa da me, battendosi la porta alle spalle.
Di fuori ormai è sera, non ho più fame per colpa sua e rimango a fissare il soffitto.
Piango disperata e  anche se è uno stronzo, infondo lo amo da impazzire. Singhiozzo, gli occhi bruciano e il naso cola copiosamente facendomi sembrare una misera bambina della scuola materna. Non mi sono mai sentita così fragile come in questo momento e così vuota in tutta la mia vita.
Faccio dei respiri profondi cercando di nuovo di racchiudere i miei sentimenti nel vaso di Pandora e, ritornando in cucina strappo dei fogli di scottex dal rotolo per asciugare tutte le lacrime e il muco che mi ricopre la faccia.
Solo qualche singhiozzo si sente nella stanza anche se il silenzio è il più rumoroso.

Fatidica CoincidenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora