42

3 0 0
                                    

Ogni anno nella notte di San Silvestro sto a casa a poltrire, per festeggiare il nuovo anno dormendo nel mio amatissimo letto, quest'anno purtroppo ho qualcosa da fare.  Sono stata costretta non solo ad andare a quella stupida festa ma anche a far cena a casa di Matteo.

Non so cosa indossare

Problema numero uno.
La cosa più stupida è che me ne sono preoccupata solo adesso. Non ho tempo per andare da qualche parte per comprare qualcosa quindi mi accontento del mio armadio straripante di vestiti.
Il problema numero due è che non so se optare per qualcosa di elegante o sportivo.
Il mio cervello mi sussurra come un diavolo tentatore che sarebbe più logico fregarsene e andarci in pigiama ma, il mio cuore mi prega di acchittarmi.
Mogia mi avvicino all'armadio sperando con tutto il cuore di trovare qualcosa di elegante che vada a braccetto con la comodità e so che sarà impossibile.

Frugando rumorosamente tra le stampelle ne estraggo, come per miraggio, un paio di pantaloni a neri sigaretta.
Lo appoggio sul letto per poi rimettermi a trovare un pezzo di antiquariato acquistato a sedici anni per una serata in discoteca a cui, ovviamente non sono più andata.
Lo estraggo dal cassetto della biancheria, in tutta la sua bellezza. Un bustino tappezzato di strass argento e con esso anche le fantasmagoriche mutandine rosse, nel caso portassero realmente fortuna.
Al volo faccio una doccia per calmare l'agitazione, distraendomi con il volume della musica al massimo dal mio telefono.
Mi insapono con un bagnodoccia due in uno alla vaniglia con cui mi ci faccio pure lo shampoo e spalmandomi sui capelli una maschera al burro di cacao sono pronta per  avvolgermi nell'accappatoio.

Prima di vestirmi però penso al resto.
Mi spalmo la crema alla rosa in tutto il corpo, mi asciugo i capelli abboccolandoli con la mia piastra scassata e incomincio a truccarmi.
Allungo lo sguardo con della matita nera all'esterno dell'occhio e con dell' abbondante mascara, poi passando alla base copro le mie imperfezioni con del correttore e finisco dando del sano colorito alle guance con del blash.

Al volo mi vesto dopo aver rassettato il disordine dell'armadio. Faccio un po' di fatica a chiudere il bustino per i chili presi in questi sei anni ma, pulita e profumata sono pronta ad uscire.

Ed adesso arriva il problema numero tre.
Sono le sei di sera ed è ora di andare a casa di Matteo a piedi perché, oltre ad non avere la macchina, i mezzi pubblici hanno deciso di dare forfeit.

Potrei chiamare Matteo e farmi dare un passaggio

Ma è fuori discussione. Ho preso la decisione di fare da sola, anche se, mi sto già pentendo  dal primo passo fatto sull'asfalto.
I miei tacchi abbinati al corpetto sono scomodissimi per via del fatto che questa è la prima volta dopo anni che li indosso. Per concludere il quadretto in bellezza non ho calcolato che alle sei di sera, specialmente a dicembre, le temperature si irrigidiscono. Quindi mi ritrovo come una matta a camminare stringendomi nel mio blazer nero, battendo molto rumorosamente i denti per il freddo.

Sono una scema

Ormai, posso pure ambire ad un patentino per certificare questa abilità.
Cerco di non pensarci però, ne al freddo ne a deprimermi e continuo ad andare avanti, fino a che una macchina mi si ferma al mio fianco.

"Bellissima vuoi un passaggio?"
Di scatto mi volto guardando male il conducente: un ragazzo bruno sulla trentina e il suo amico scemo al suo fianco.
Spostando lo sguardo sui sedili posteriori ci trovo due ragazze che mi guardano male.

Tutte a me capitano

Penso mentre continuo a camminare.
"Dove mi volete mettere, dentro al porta bagagli?" Gli chiedo sorridendo ironicamente.

Se mi volevano portare per il culo se lo potevano risparmiare.

Penso e li vedo sgommare al mio fianco. Ci saranno rimasti male ma mai quando me. Non sono un fenomeno da baraccone e non ho la minima intezione di salire nella loro vecchia macchina sganghera vicino alle loro amichette della morte. So che sarei morta pugnalata dopo neanche un secondo che mi  fossi azzardata a sedermi vicino a loro.
Continuo a camminare per una mezz'ora abbondante fino a quando, finalmente mi ritrovo davanti al portone di Matteo. Suono il campanello con le dita nere per il freddo e faccio un sorriso alla telecamera del citofono. Mi apre subito ed incomincio a salire le scale.
Busso alla porta e come per magia mi ritrovo Matteo con un pantalone elegante e un grembiule blu ad aprirmi.
"Ciao"
"Ciao" gli sorrido spontaneamente "posso entrare che sto gelando?"
Annuisce e mi fa passare mentre cerca ti togliermi la giacca.
"La terrei per altri due minuti almeno mi scaldo un po'" non comprende subito le mie parole ma, il suo sguardo cade sulle mie mani che cercavano di chiudere la giacca.
"Hai le mani viola"
"È freddo fuori"
"Ma come sei venuta?"
"A piedi" faccio spallucce mentre lo vedo aggrottare la fronte.
"Sei scema? Ci sono sei gradi fuori, mi potevi chiamare".
Le mie labbra si increspano automaticamente. Mi aspetta una lunga dose  di rimproveri anche se, devo ammettere che torto non ha.
Sono stata proprio stupida, per lo meno mi potevo mettere qualcosa di più pesante ma, non voglio chiedergli aiuto più di quanto non abbia già fatto.

Fatidica CoincidenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora